
Khat, storia di un rifugiato, è un fumetto impegnato. Un manifesto di denuncia pittorico, con delle immagini che parlano attraverso dei colori vivaci e aggressivi. L’autore, lo spagnolo Ximo (shimo) Abadia, usa una tecnica molto particolare, che attraverso gli strati di colore esalta la forza del messaggio che vuole trasmettere. Il risultato è un libro immediato e materico. Tra arte bruta e disegni scontornati che richiamano quelli fatti a gessetto sulla lavagna.
I personaggi, compreso Natan, il protagonista, non hanno volti o espressioni riconoscibili e definite, eppure questo libro non nasconde nulla delle cose orribili e della violenza fisica e psicologica che subiscono. La fuga dall’Eritrea all’Etiopia nel ‘93, all’inizio del regime di Afewerki, la scomparsa della madre, la vita in un Paese che dopo 30 anni di guerra odiava profondamente gli eritrei. Quindi senza possibilità di lavorare, vivendo in catapecchie di stracci e nutrendosi di spazzatura. I soprusi a scuola, il padre che si ammala e poi diventa dipendente dalle foglie di khat, i lavori al limite o nella completa illegalità, gli amici perduti e le prigioni etiopi, da cui si scappa per non morire. E quindi il viaggio verso l’Europa e la speranza tra Sudan, Ciad, Egitto e Libia, dove riprendono le torture.In tutti questi anni quante volte Natan, e chi condivide lo stesso destino, si è davvero sentito visto e trattato come un essere umano? È anche per riflettere questo sentimento profondamente radicato in moltissimi rifugiati che Abadia li rappresenta in modo quasi stilizzato, spersonallizzandoli.
Il racconto riesce anche a strappare qualche sorriso grazie al suo stile asciutto e didascalico e all’uso ironico dei disegni. Come le coreografie a tutta pagina che creano i soldati che massacrano i manifestanti. O quel “paga” ripetuto come un mantra random dai trafficanti di esseri umani.
La parte finale del romanzo, il viaggio in un mare nero come la notte che se non ci fossero state le navi delle ONG a cui nel 2018 l’Italia rifiutò un porto sicuro si sarebbe trasformato in tomba, passa quasi in secondo piano rispetto a tutto quello che Natan ha vissuto prima di arrivare in Spagna. È qui, tra le serre di pomodori, che l’autore l’ha incontrato la prima volta e poi rivisto ancora e ancora, con l’idea di raccontare la sua storia per ricordare a tutti noi cosa lasciano queste persone, cosa le spinge davvero a rischiare la vita.
Vincitore del premio Andersen come Miglior libro a fumetti, Khat è stato pubblicato in Italia dalla casa editrice per bambini Il gatto verde. Ma è l’ennesima dimostrazione che il fumetto parla a piccoli e grandi.
Come dice la lettera che lo accompagna: “In molti mi hanno chiesto se questo libro sia adatto ai bambini. La mia risposta è che probabilmente non è adatto a tutti gli adulti. […] Dovremmo consigliare una lettura accompagnata da un bambino, da chi non ha pregiudizi e la cattiva abitudine di giudicare chi non conosce”.
”Khat, storia di un rifugiato. Di Ximo Abadia. Traduzione di Loredana Serratore. 144 pagine a colori. Il gatto verde edizioni. 22 euro.