Approfondimenti

Jobs Act, primo anno: un bilancio

Un anno di Jobs Act.

Settimana più settimana meno siamo al primo anno dall’entrata in vigore di gran parte delle nuove norme sul mercato del lavoro.

Stiamo parlando del contratto a tutele monetarie crescenti, del taglio alle garanzie contro i licenziamenti ingiusti, del demansionamento.

Che cosa è successo in questo anno?

Renzi e il governo hanno sostenuto che il Jobs Act serve a far crescere i posti di lavoro. E Renzi l’altro ieri a Firenze ha dato le sue cifre. “Da quando siamo al Governo – ha detto – ci sono 398 mila posti di lavoro in più (di cui 354 mila sono a tempo indeterminato innanzitutto grazie al JobsAct)”.

La crescita dell’occupazione c’è stata. Ma cosa dicono nel dettaglio i numeri, quelli di Istat e Inps? Michele Raitano, economista, ricercatore di politica economica all’Università La Sapienza di Roma, è stato uno degli ospiti di Memos, oggi.

Michele Raitano

Michele Raitano
Michele Raitano

Raitano ha raccontato i risultati di una ricerca, condotta insieme all’economista Marta Fana, da cui risulta che il costo per il bilancio pubblico della decontribuzione a favore degli imprenditori che assumono sarà tra i 14 e i 22 miliardi di euro in tre anni.

«Si tratta di un enorme spreco di risorse», ha detto a Memos Giovanni Dosi, economista, direttore dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

«Pensi – aggiunge il professor Dosi – a quanto si potrebbe fare con 20 miliardi di euro. Si potrebbe mettere mano alle infrastrutture, finanziare la ricerca per davvero, fare politiche ambiziose sull’ambiente, della salute. Invece, stiamo facendo un trasferimento di reddito a imprese che, anche con l’incentivo, non assumono perché non c’è domanda. Qualche giorno fa abbiamo ospitato alla Scuola Sant’Anna di Pisa un convegno di bilancio sul Jobs Act in cui ha partecipato tra gli altri il direttore generale di Federmeccanica Stefano Franchi. Il dirigente della federazione delle industrie metalmeccaniche ci ha raccontato che più della metà delle imprese di Ferdermeccanica non assume perché non c’è domanda. E tra quelle che hanno assunto, ha raccontato Franchi, il 73% conferma persone già nell’azienda».

E allora, professor Dosi, perché il governo ha scelto la strada del Jobs Act se gli industriali metalmeccanici sostengono che la gran parte delle imprese assume se c’è domanda, e non – aggiungerei io – se c’è il Jobs Act?

Giovanni Dosi
Giovanni Dosi

«E’ sempre difficile distinguere quanto influenza l’obnubilamento da ideologia e quanto è motivato dall’interesse. Certamente la motivazione esplicita del Jobs Act “aumentiamo l’occupazione” non è stata raggiunta. L’aumento netto dei posti a tempo indeterminato è stato molto basso. Spesso – conclude Dosi – è avvenuta una trasformazione di posti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato».

Per saperne di più ascolta tutta la puntata di Memos

  • Autore articolo
    Raffaele Liguori
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    Tre anni di Chat Gpt. Il 30 novembre 2022 la società californiana Open AI metteva a disposizione degli utenti, gratuitamente, il primo software di intelligenza artificiale (IA). A distanza di tre anni c’è una bolla speculativa, generata dagli investimenti multi-miliardari nell’IA, che rischia di scoppiare su Wall Street. Non è escluso, però, che si sgonfi lentamente, senza provocare grossi danni. Un’ipotesi che i capi di Big Tech (le grandi società tecnologiche da Apple a Microsoft, da Google a Amazon, a Meta e a diverse altre) sembrano escludere, preferendo messaggi allarmistici. Sundar Pichai, amministratore delegato di Google-Alphabet qualche giorno fa ha detto: se scoppiasse una bolla nel settore dell'IA «nessuna azienda ne sarebbe immune, inclusi noi». Pubblica ha ospitato il giornalista e saggista Michele Mezza e la filosofa della scienza Teresa Numerico.

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    Al via le prove sulle tre materie del semestre filtro (chimia, fisica e biologia) per tutti i pre-iscritti a Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Veterinaria, poi per tutti quelli che avranno passato i tre testi (scritti a risposta multipla) andranno in una graduatoria dove poi verranno ammessi a numero chiuso (per le università private e telematiche invece è rimasto lo sbarramento del test d’entrata). “Era difficile fare peggio del numero chiuso, ma la ministra c’è riuscita. Il numero chiuso spostato da settembre a gennaio è una ingiustizia in più e un favore ai privati”. Alessandro Bruscella, Coordinatore nazionale Unione degli Universitari, presenta il ricorso collettivo che da oggi verrà annunciato sotto il ministero con una manifestazione con Rete degli Studenti e altre organizzazioni. “Ci vuole un investimento strutturale, corsi di accesso aperti e poi specializzazioni anche a numero chiuso. Invece ci sono tagli ovunque”. Ascolta l'intervista di Claudio Jampaglia e Cinzia Poli ad Alessandro Bruscella.

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