Approfondimenti

“Irhal, irhal”, vattene Al Sisi

“L’Egitto non è in svendita!”. Questo lo slogan più scandito nelle manifestazioni del “Venerdì della Terra”. Al Cairo, ad Alessandria e in tutte le province egiziane, migliaia di manifestanti sono scesi in piazza per protestare contro la cessione all’Arabia Saudita dei due isolotti di Tiran e Sanafir. Una mobilitazione che è stata indetta da alcuni mediattivisti sui social network, ma che ha avuto l’adesione di molte forze politche di opposizione, compresa la Fratellanza Musulmana, dichiarata fuori legge dal regime nel 2013 in seguito alla destituzione di Morsi.

Imponenti manifestazioni hanno caratterizzato le mobilitazioni al Cairo, malgrado le autorità abbiano chiuso tutti gli accessi a Piazza Tahrir e fermato la metropolitana. Giovedì il Ministero degli interni ha raccomandato in un comunicato ufficiale, pubblicato da stampa radio e tv, di non scendere in piazza in occasione del “Venerdì della Terra”, proclamato dalle forze di opposizione sia laiche che islamiste. Lo stesso presidente Al Sisi, nel suo discorso in diretta, aveva parlato contro le manifestazioni, chiedendo che non si parli più della questione dei due isolotti.

Sanfir_radiopopolare
Isola di Sanfir

Ma il malcontento che serpeggia nella società egiziana è prevalso e migliaia di persone sono scesi in piazza subito dopo la preghiera del Venerdì, per riversarsi in diversi punti della capitale. Scontri e arresti davanti alla sede del sindacato dei giornalisti dove i manifestanti hanno tentato di sfondare il cordone di polizia per raggiungere la piazza simbolo delle manifestazioni del 25 gennaio di cinque anni fa. La stampa egiziana parla di manifestazioni imponenti in diverse altre province, con scontri e arresti. In alcuni casi, le manifestazioni hanno preso la forma di lunghi serpentoni di migliaia di uomini in fila indiana, che si ingrossavano da una moschea all’altra. Gli slogan gridati dai dimostranti vanno dalla rivendicazione dell‘integrità territoriale (appunto, “L’Egitto non è in svendita” oppure “La terra è l’onore”), alla fine del regime (“Il popolo vuole la caduta del regime”, come contro Mubarak e “Irhal, Irhal!- vattene, vattene” rivolto questa volta ad Al Sisi). La parola più scandita è “libertà”. Cartelli scritti a mano e foto degli scomparsi nelle prigioni dei servizi segreti, senza processi, senza accuse e dei quali i parenti non sanno nulla. Non è mancata la presenza di una foto di Giulio Regeni, con la scritta: “Regeni è un a vittima della repressione contro l’opposizione”.

Il malcontento della politica repressiva del regime serpeggiava da tempo nella società egiaziana, malconteto che il regime ha soffocato con il pretesto del terrorismo di Daesh nel Sinai, dell’organizzazione Beit Al-Maqdis. Oltre alla repressione dura contro ogni forma di dissenso, il regime ha fallito nella sua politica economica e gli scandali hanno costretto Al Sisi ha cambiare governo e imporre rimpasti ministeriali.

La società civile egiziana, che non si è mai tirata indietro nella rivendicazione delle libertà democratiche, ha avuto una spinta con il caso dell’assassinio del ricercatore italiano Giulio Regeni. La gestione maldestra del regime di questo drammatico caso e l’insistenza a difendere l’indiffendibile per salvare i torturatori di Regeni, ha isolato il regime e lo ha indebolito.

Secondo osservatori egiziani, l’inadeguatezza di Al Sisi si è palesata e la crisi del regime potrebbe inasprirsi. Anche sulla stampa governativa si leggono critiche all’operato del governo in diverse materie, da quelle economiche a quelle dei servizi al cittadino. E’ vero, sono critiche che non toccano il capo dello Stato e la struttura delle forze armate, ma hanno determinato un clima di sfiducia nelle capacità di un uomo solo al comando a risolvere i problemi enormi del Paese. Non sono servite le campagne nazionalistiche-patriottiche per nascondere il fallimento sia nelle materie della sicurezza, come l’abbattimento dell’aereo russo nel Sinai, sia il dirottamento del volo Alessandra-Il Cairo su Cipro, per non parlare dei continui attentati sia in Sinai che nel resto del paese, contro poliziotti e soldati.

proteste2_radiopopolare

A tutto questo clima di insicurezza, si aggiunge una crisi economica che si auto alimenta dalla stessa politica repressiva del regime. Il ciclo repressione-crisi economica-scandali-spese militari-repressione è diventato senza fine. L’indebitamento dello Stato, anche a causa della perdita di introiti del gas in Sinai e della caduta verticale del tursimo, come effetto diretto del terrorismo jihadista aggaravato dall’isolamento internazionale per il caso Regeni, ha costretto il governo a rivolgersi alle petrolmonarchie del Golfo ed in particolare all’Arabia Saudita, per pompare nelle casse dello Stato egiziano decine di miliardi di dollari, a copertura del deficit accumulato. L’indebolimento politico dell’Egitto nella regione è sotto gli occhi di tutti. Oltre alle controversie con Qatar e Turchia, Il Cairo conta sempre meno nelle crisi che attanagliano il Medio Oriente.

Per superare questa crisi economica, l’establishment militare ha pensato bene di risolvere una vecchia controversia tra l’Egitto e l’Arabia Saudita sulla proprietà di due isolotti nel Mar Rosso. Sono due isole contese, ma non c’è mai stato un arbitrato internazionale. La questione era stata risolta ai tempi di Nasser con l’occupazione manu militari e un memorandum all’ONU. All’inizio di aprile, durante la visita del monarca saudita al Cairo è stato firmato il trattato che riconosceva la cessione della proprietà delle due isole all’Arabia Saudita, in cambio di una cifra di due miliardi di dollari all’anno, per 75 anni. Una firma annunciata a sorpresa che non ha incontrato il gradimento dell’opinione pubblica egiziana malgrado l’arruolamento di centinaia di ricercatori e storici che hanno scovato documenti e dichiarazioni, memorie e discorsi di ex presidente egiziani, da Nasser a Sadat. Ma non è servito a nulla. Pochi parlamentari e qualche ex diplomatico, come per esempio Amr Mussa, hanno criticato la mancata comunicazione e l’impreparazione dell’opinione pubblica ad un evento simile, che tocca il sentimento nazionale, alimentato a dismisura dalla stessa propaganda del regime nella lotta contro l’opposizione, dipinta come finanziata e condizionata da potenze straniere.

Il presidente Al Sisi ha tentato nel discorso televisivo di qualche giorno fa a mettere la parola fine alla discussione, ma non è stato per nulla convincente. Il suo attacco alla stampa è stato patetico, perché tutta la stampa ufficiale è governativa o filo governativa e le poche testate web, che presentano un minimo di libertà di opinione sono soggette alla repressione che chiusure, arresti di giornalisti e processi. L’unico spazio di mobilitazione per l’opposizione rimane quello dei social network, che riescono però a raggiungere una parte minoritaria della popolazione, ma che quando è stata toccata la questione della sovranità nazionale e quella che viene presentata come la genuflessione del presidente Al Sisi di fronte alle volontà del monarca saudita Salman, diventato uno spazio vitale per riaccendere la miccia delle grandi manifestazioni.

Da questi eventi si evidenza l’inadeguatezza di Al Sisi a dirigere un paese come l’Egitto, inadeguatezza che è stata sottolineata dalla stessa sua esternazione, nel discorso in diretta Tv, quando ha detto, “pazientate per questi altri due anni e poi vi libererete di me!”. Gli scenari per l’Egitto non sono rosei e molti analisti arabi sostengono che l’establishment militare potrebbe sacrificare Al Sisi sull’altare della salvezza dell’egemonia delle Forze armate sul sistema politico. Una prospettiva di un golpe bianco non è il massimo per le sorti del Paese.

  • Autore articolo
    Farid Adly
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli
POTREBBE PIACERTI ANCHETutte le trasmissioni

Adesso in diretta

  • Ascolta la diretta

Ultimo giornale Radio

  • PlayStop

    Giornale Radio mercoledì 10/12 12:31

    Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi. Tutto questo nelle tre edizioni principali del notiziario di Radio Popolare, al mattino, a metà giornata e alla sera.

    Giornale Radio - 10-12-2025

Ultimo giornale Radio in breve

  • PlayStop

    Gr in breve mercoledì 10/12 15:30

    Edizione breve del notiziario di Radio Popolare. Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi.

    Giornale Radio in breve - 10-12-2025

Ultima Rassegna stampa

  • PlayStop

    Rassegna stampa di mercoledì 10/12/2025

    La rassegna stampa di Popolare Network non si limita ad una carrellata sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani: entra in profondità, scova notizie curiose, evidenzia punti di vista differenti e scopre strane analogie tra giornali che dovrebbero pensarla diversamente.

    Rassegna stampa - 10-12-2025

Ultimo Metroregione

  • PlayStop

    Metroregione di mercoledì 10/12/2025 delle 07:15

    Metroregione è il notiziario regionale di Radio Popolare. Racconta le notizie che arrivano dal territorio della Lombardia, con particolare attenzione ai fatti che riguardano la politica locale, le lotte sindacali e le questioni che riguardano i nuovi cittadini. Da Milano agli altri capoluoghi di provincia lombardi, senza dimenticare i comuni più piccoli, da dove possono arrivare storie esemplificative dei cambiamenti della nostra società.

    Metroregione - 10-12-2025

Ultimi Podcasts

  • PlayStop

    Musica leggerissima di mercoledì 10/12/2025

    a cura di Davide Facchini. Per le playlist: https://www.facebook.com/groups/406723886036915

    Musica leggerissima - 10-12-2025

  • PlayStop

    Considera l’armadillo di mercoledì 10/12/2025

    Noi e altri animali È la trasmissione che da settembre del 2014 si interroga su i mille intrecci di una coabitazione sul pianeta attraverso letteratura, musica, scienza, costume, linguaggio, arte e storia. Ogni giorno con l’ospite di turno si approfondisce un argomento e si amplia il Bestiario che stiamo compilando. In onda da lunedì a venerdì dalle 12.45 alle 13.15. A cura di Cecilia Di Lieto.

    Considera l’armadillo - 10-12-2025

  • PlayStop

    Cult di mercoledì 10/12/2025

    Cult è condotto da Ira Rubini e realizzato dalla redazione culturale di Radio Popolare. Cult è cinema, arti visive, musica, teatro, letteratura, filosofia, sociologia, comunicazione, danza, fumetti e graphic-novels… e molto altro! Cult è in onda dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 11.30. La sigla di Cult è “Two Dots” di Lusine. CHIAMA IN DIRETTA: 02.33.001.001

    Cult - 10-12-2025

  • PlayStop

    Pubblica di mercoledì 10/12/2025

    Da che parte sta il papa statunitense, Leone XIV? Con l’Europa di von der Leyen e Merz, ma anche di Macron, Meloni e Sanchez? Oppure con gli Stati Uniti di Trump, JD Vance, Musk e Peter Thiel. Oppure con nessuna di queste identità così identificate? Dopo l’attacco della Casa Bianca all’Europa con il «National Security Strategy» viene facile polarizzare lo scontro tra le due sponde dell’Atlantico. Anche se i due poli sono orientati entrambi prevalentemente a destra, con inquietanti sfumature che arrivano all’autoritarismo di stampo fascista (C.Bottis, Trumpismo. Un mito politico, Castelvecchi 2025). Dunque, gli Stati Uniti aggrediscono l’Europa con il NSS, e papa Prevost con chi si schiera? Pubblica ha ospitato oggi Stefano Zamagni (ex presidente della Pontificia Accademia delle scienze sociali, economista) e Paolo Naso (scienziato della politica).

    Pubblica - 10-12-2025

  • PlayStop

    Piazza Fontana: ricordiamo la strage e la risposta democratica

    Anniversario numero 56 per la Strage di Piazza Fontana, quest’anno oltre alle istituzioni nella celebrazione del pomeriggio parleranno una studentessa di un liceo milanese e uno dei vigili del fuoco che entrarono per primi dopo lo scoppio della bomba, ci spiega Federico Sinicato, presidente dell’Associazione dei Familiari delle vittime di Piazza Fontana. “L’importanza del 12 dicembre va al di là della celebrazione e del ricordo che si fa in piazza, è una data storica per l’intero Paese perché è l’inizio della strategia della tensione che produce effetti devastanti e blocca di fatto il grande movimento di riforma del Paese nato dalle lotte dei lavoratori e degli studenti, basta pensare che l’approvazione del Senato dello Statuto dei lavoratori è del 11 dicembre, il giorno prima, il momento fu scelto come risposta all’avanzata dei diritti e se pensiamo che oggi questi valori vengono rimessi in discussione. E’ una data sacra per il Paese”, In Piazza dopo le celebrazioni istituzionali ci sarà il corteo dei movimenti con partenza alle 18.30 da Piazza XXIV Maggio. E ci sarà anche l’inaugurazione del memoriale “Non dimenticarmi“, un’installazione permanente nata dal basso che ricorda le vittime delle stragi, donata al Comune di Milano e installata in Piazza Fontana. L'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

    Clip - 10-12-2025

  • PlayStop

    A come Asia di mercoledì 10/12/2025

    Nella tempesta dei dazi, i record di Pechino nelle esportazioni, con Gabriele Battaglia. Al confine tra Cambogia e Tailandia si riaccende un conflitto decennale, tra scam city e nuovi nazionalismi, con Paola Morselli, ricercatrice Ispi. A cura di Diana Santini.

    A come Atlante – Geopolitica e materie prime - 10-12-2025

  • PlayStop

    Note dell’autore di mercoledì 10/12/2025

    Un appuntamento quasi quotidiano, sintetico e significativo con un autore, al microfono delle voci di Radio Popolare. Note dell’autore è letteratura, saggistica, poesia, drammaturgia e molto altro. Il tutto nel tempo di un caffè!

    Note dell’autore - 10-12-2025

  • PlayStop

    Presto Presto - Interviste e Analisi di mercoledì 10/12/2025

    Federico Sinicato presidente associazione Familiari Vittime di Piazza Fontana ci racconta cosa sarà questo 12 dicembre e il percorso di avvicinamento nelle scuole, nei racconti e nelle testimonianze. Valter Boscarello Fondatore di Memoria Antifascista, ci presenta il corteo delle 18h30 (da Piazza 24 maggio fino a piazza fontana) dedicato ai movimenti e alla repressione delle lotte. Nel pomeriggio verrà inaugurato il memoriale “Non dimenticarmi“, un’installazione permanente dedicata a tutte le vittime delle stragi, voluta dal basso e accolta dal Comune di Milano. Linda Maggiori, giornalista freelance e attivista di The Weapon Watch l'osservatorio sul traffico d'armi nei portio italiani, ci racconta la sua inchiesta sulla "flotta del genocidio": le rotte delle armi dai porti italiani pubblicata per Altra economia dove dimostra come l'industria italiana e i porti italiani abbiano rifornito Israele per tutta la durata dell'attacco a Gaza in barba alla legge 185 che lo vieta e alle dichiarazioni del governo. Tiziana Ricci ci presenta la mostra alla Fabbrica del vapore sui 50 anni della radio, gratuita, libera e bellissima.

    Presto Presto – Interviste e analisi - 10-12-2025

  • PlayStop

    Rassegna stampa internazionale di mercoledì 10/12/2025

    Notizie, opinioni, punti di vista tratti da un'ampia gamma di fonti - stampa cartacea, social media, Rete, radio e televisioni - per informarvi sui principali avvenimenti internazionali e su tutto quanto resta fuori dagli spazi informativi più consueti. Particolare attenzione ai temi delle libertà e dei diritti.

    Esteri – La rassegna stampa internazionale - 10-12-2025

  • PlayStop

    Presto Presto - Lo stretto indispensabile di mercoledì 10/12/2025

    Il kit di informazioni essenziali per potere affrontare la giornata (secondo noi).

    Presto Presto – Lo stretto indispensabile - 10-12-2025

Adesso in diretta