
L’Iran avrebbe chiesto ad alcuni paesi arabi del Golfo – Arabia Saudita, Qatar e Oman – di fare pressioni su Trump affinché convinca Netanyahu a fermarsi.
Lo ha scritto questo pomeriggio l’agenzia Reuters, citando fonti in Iran e in Medio Oriente. In cambio gli iraniani avrebbero offerto la ripresa del negoziato sul nucleare, con un approccio flessibile.
Scrive qualcosa di simile in queste ore, citando fonti in Medio Oriente e in Europa, il Wall Street Journal, secondo il quale Tehran avrebbe anche cercato, sempre attraverso intermediari arabi, di far arrivare il messaggio direttamente a Israele.
Oggi il presidente iraniano, Pezeshkian, è andato in parlamento, a Tehran, e ha ribadito quanto detto nei giorni scorsi da altri alti funzionari iraniani e cioè che non è stato l’Iran ma i raid israeliani a interrompere il negoziato con gli americani.
All’avvio del G7 in Canada Donald Trump ha dato il suo punto di vista, spiegando che se l’Iran vuole parlare lo deve fare subito, poi potrebbe essere troppo tardi.Queste notizie confermano quello che in realtà era già chiaro da venerdì scorso, e cioé che nonostante la guerra – che prosegue in maniera sempre più intensa – la via diplomatica non è stata completamente chiusa.
Anche il ministro degli esteri Araghchi ha scritto che se Trump è serio quando parla di diplomazia e fine della guerra le cose verranno da sole.
C’è però una grossa variabile. Non è chiaro se Tehran sia pronta a parlare a guerra ancora in corso. Ufficialmente no. Ma nelle prossime ore o nei prossimi giorni questa posizione potrebbe forse cambiare.In Canada Trump non ha risposto invece alle domande su un eventuale coinvolgimento diretto degli Stati Uniti sul fronte militare.
La Casa Bianca sembra non avere alcuna intenzione di entrare in guerra. E da questo punto di vista la variabile più pericolosa è quella israeliana, nel senso che Netanyahu – ottenuto il via libera all’attacco sull’Iran – vorrebbe ora che gli americani facessero la loro parte, anche perché da solo farà molta molta fatica a raggiungere i suoi obiettivi in Iran, soprattutto la cancellazione del programma nucleare iraniano.
Il futuro diplomatico della crisi lo dovrebbe quindi decidere l’asse Trump-Netanyahu.
E qui è impossibile fare previsioni.I fatti delle ultime ore confermano infine il ruolo dei paesi arabi, non tanto come mediatori ma come intermediari attraverso i quali le parti coinvolte nella crisi si possano parlare. Da questo punto di vista è fondamentale la ripresa delle relazioni tra Iran e paesi arabi del Golfo negli anni scorsi.
Lo ha scritto questo pomeriggio l’agenzia Reuters, citando fonti in Iran e in Medio Oriente. In cambio gli iraniani avrebbero offerto la ripresa del negoziato sul nucleare, con un approccio flessibile.
Scrive qualcosa di simile in queste ore, citando fonti in Medio Oriente e in Europa, il Wall Street Journal, secondo il quale Tehran avrebbe anche cercato, sempre attraverso intermediari arabi, di far arrivare il messaggio direttamente a Israele.
Oggi il presidente iraniano, Pezeshkian, è andato in parlamento, a Tehran, e ha ribadito quanto detto nei giorni scorsi da altri alti funzionari iraniani e cioè che non è stato l’Iran ma i raid israeliani a interrompere il negoziato con gli americani.
All’avvio del G7 in Canada Donald Trump ha dato il suo punto di vista, spiegando che se l’Iran vuole parlare lo deve fare subito, poi potrebbe essere troppo tardi.Queste notizie confermano quello che in realtà era già chiaro da venerdì scorso, e cioé che nonostante la guerra – che prosegue in maniera sempre più intensa – la via diplomatica non è stata completamente chiusa.
Anche il ministro degli esteri Araghchi ha scritto che se Trump è serio quando parla di diplomazia e fine della guerra le cose verranno da sole.
C’è però una grossa variabile. Non è chiaro se Tehran sia pronta a parlare a guerra ancora in corso. Ufficialmente no. Ma nelle prossime ore o nei prossimi giorni questa posizione potrebbe forse cambiare.In Canada Trump non ha risposto invece alle domande su un eventuale coinvolgimento diretto degli Stati Uniti sul fronte militare.
La Casa Bianca sembra non avere alcuna intenzione di entrare in guerra. E da questo punto di vista la variabile più pericolosa è quella israeliana, nel senso che Netanyahu – ottenuto il via libera all’attacco sull’Iran – vorrebbe ora che gli americani facessero la loro parte, anche perché da solo farà molta molta fatica a raggiungere i suoi obiettivi in Iran, soprattutto la cancellazione del programma nucleare iraniano.
Il futuro diplomatico della crisi lo dovrebbe quindi decidere l’asse Trump-Netanyahu.
E qui è impossibile fare previsioni.I fatti delle ultime ore confermano infine il ruolo dei paesi arabi, non tanto come mediatori ma come intermediari attraverso i quali le parti coinvolte nella crisi si possano parlare. Da questo punto di vista è fondamentale la ripresa delle relazioni tra Iran e paesi arabi del Golfo negli anni scorsi.