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Ilaria Cucchi: “Questa sentenza è un segnale di speranza. Grazie per esserci stati vicini”

Ilaria Cucchi in tribunale

Verità e Giustizia per Stefano Cucchi”.

Quante volte in questi dieci anni passati dalla morte di Stefano Cucchi abbiamo sentito ripetere questa frase dalla famiglia di Stefano, l’abbiamo letta sui muri delle nostre città, negli stadi, ai concerti. Come quello dei Massive Attack l’8 novembre 2009, solo quindici giorno dopo la morte di Stefano.

Ieri – dieci anni dopo – verità e giustizia sono arrivate: Stefano Cucchi non cadde dalle scale, non morì per anoressia o per altri fantasiosi motivi. Morì a causa del pestaggio di due carabinieri.

Una sentenza di condanna arrivata grazie a chi non ha taciuto davanti a questo abuso di potere, all’impegno della famiglia di Stefano e in particolare della sorella, Ilaria Cucchi.

Roberto Maggioni l’ha intervista durante la trasmissione Prisma. “Ancora non ci sembra vero” ci ha detto Ilaria Cucchi. “Siamo stati messi duramente alla prova in questi anni, abbiamo pagato un prezzo carissimo sotto tutti gli aspetti. Questa sentenza è un segnale di speranza, non bisogna mai smettere di crederci”.

A breve si aprirà il processo per i depistaggi dell’arma dei Carabinieri, per la famiglia Cucchi non è ancora finita. Con questa sentenza però il corpo di Stefano esce di scena, entrano gli apparati dello Stato. Ilaria Cucchi non si fermerà: “Voglio ringraziare le persone normali, quelle che mi fermano per strada e mi dicono di andare avanti”.

Ilaria, sono passati dieci anni ma ce l’avete fatta

Sì, ancora non sembra vero. Devo dire che siamo frastornati, abbiamo affrontato anni difficilissimi. Siamo stati messi alla prova, non ci siamo mai arresi e siamo arrivati fino ad oggi. È stato tutt’altro che semplice, è stata una vera e propria battaglia che abbiamo pagato ad un prezzo carissimo sotto tutti gli aspetti, dal piano emotivo al piano economico e il piano della vita quotidiana. Parlo al plurale perché chiaramente le cose non si fanno da soli. C’è stato sicuramente il sacrificio di questa famiglia, ma c’è stato anche il sacrificio e l’impegno dell’avvocato Anselmo, della Procura di Roma, del dottor Musarò, del nostro consulente e medico legale Vittorio Fineschi e di tante tante altre persone che ci hanno creduto e non hanno mai smesso di battersi, neanche nei momenti più difficili. Mi viene in mente la sentenza di secondo grado del primo processo, quello sbagliato, quella che assolveva tutti e che doveva essere il momento più difficile in assoluto.
Paradossalmente da lì tutto è ricominciato, sono arrivate le prime testimonianze dopo le prese di posizione generali e nel frattempo a Roma era arrivato il dottor Pignatone.
Il vento è cambiato. Certo, ci sono stati momenti in cui non si vedeva la fine. Eppure il messaggio che voglio dare è un segnale di speranza: non bisogna mai smettere di crederci.

Che risveglio è stato questa mattina? Qual è stata la prima cosa che ha pensato?

Che dovrei iniziare a salutare Stefano. È arrivato il momento per poter elaborare quel lutto. Fino ad ora non è stato possibile per tutti i motivi che vi dicevo e quindi questo ci ha dato sicuramente la forza di andare avanti, ma adesso è arrivato il momento di lasciarlo andare. Più che per me, credo che sarà difficilissimo per i miei genitori.

Il giorno prima della sentenza lei ha scritto su Facebook delle parole molto forti. Aveva detto “Mamma e papà sanno già di essere condannati all’ergastolo di processi che si protrarranno fino alla fine della loro vita“.

Stefano se n’è andato. Quello che vorrei che la gente capisse è che le nostre famiglie vengono sottoposte a quella che io ritengono un’ulteriore violenza, cioè quella di farsi carico sulle proprie spalle del ruolo che dovrebbe dello Stato in questi processi, di mettersi in prima linea e non potersi permettere nemmeno il lusso di piangere per la morte.

Lei e la sua famiglia, ma anche l’avvocato Fabio Anselmo, avete tanti meriti, ma uno dei più importanti e che ci insegna tanto è quello di non aver mai ceduto alla rabbia in questi anni. Non avete mai pronunciato parole di odio o di vendetta. Avete condotto una battaglia che è stata un esempio di limpidezza e di impegno civile. Mi viene da chiederle come ha fatto a trovare la forza per condurre questa battaglia.

Questo è il nostro modo di essere e questo deve far riflettere perché rispetto a quello che è stato riservato alla nostra famiglia credo che sia stata la risposta migliore che avremmo potuto dare. Non dimentichiamo che se ieri si è concluso il primo grado di questo processo per omicidio, a dicembre ne inizierà un altro, quello sui depistaggi, che io ritengo essere ancora più gravi come responsabilità. sono quei depistaggi che si sono messi in piedi dopo la morte di Stefano e sono costati a questa famiglia anni e anni di battaglie giudiziarie sbagliate e di processi a vuoto.

Adesso c’è la possibilità di aggiungere un pezzo di verità in più. In questo procedimento la svolta è stata la testimonianza del carabiniere Alessandro Tedesco, prima era stato un susseguirsi di coperture e di depistaggi. Quella testimonianza è stata fondamentale.

Vorrei ricordare che prima ancora di quella testimonianza ci sono state quelle di altri due suoi colleghi carabinieri, Riccardo Casamassima e la sua compagna Maria Rosati, che per primi, raccontando quello che sapevano sulla morte di mio fratello, hanno rotto quel muro di omertà.

C’è la possibilità di aggiungere un altro pezzo di verità con questo nuovo procedimento che si sta per aprire?

Credo che la situazione sia cambiata e se è vero che dieci anni fa
noi eravamo soli, oggi non lo siamo più. Il processo che sta per iniziare ne è la dimostrazione. In quel processo, costituiti al nostro fianco, ci sono l’Arma dei Carabinieri e le Istituzioni e questo è un segnale forte e chiaro del fatto che non è mai esistita una guerra tra questa famiglia e le istituzioni, ma tutt’altro. Quelle istituzioni sono danneggiate quando la famiglia di Stefano Cucchi.

Avete avuto anche tanto affetto, ma da un pezzo della politica e anche da qualche giornalista e da qualche personaggio pubblico voi in questi anni avete dovuto sopportare tante calunnie e tante cattiverie. Anche ieri sera Salvini ha usato parole vigliacche, se l’è presa con la droga. Lui come altri avrebbero solo dovuto chiedervi scusa.

Salvini come al solito parla tanto per parlare e secondo me non si rende neanche conto di quello dice. Che cosa c’entra la droga? Mi sembra che ieri sia stato chiarito che Stefano è morto di botte. Stefano è stato ucciso e lui ancora parla di droga perché probabilmente la gente che lo vota vuol sentirsi dire questo.

Evidentemente Salvini ha usato delle parole vigliacche. Lei si aspetta o le interessano delle scuse da queste persone che in questi anni hanno usato calunnie e cattiverie nei vostri confronti?

Guardi, io delle scuse non me ne faccio niente né mi aspetto di incontrarle. Quello che mi piacerebbe è che si smettesse di far passare questo messaggio pericolo, soprattutto visto la situazione attuale, che i diritti degli altri sono sacrificabili.

Lei in questi anni non si è mai risparmiata. Ha girato il Paese da nord a sud, ha fatto tantissime iniziative pubbliche. Ora si prenderà un po’ di tempo per se stessa e per stare in una dimensione di vita un po’ più intima e privata?

Per noi non finisce qui. Sarà ancora lunga e sarà tutt’altro che semplice. Il processo che sta per iniziare è molto importante e probabilmente sarà ancora una volta in salita.

Ilaria Cucchi, noi non possiamo che ringraziarla per l’esempio che ci ha dato e per come ha reagito. Prima di salutarla volevo chiederle se lei vuole ringraziare qualcuno in particolare.

Io voglio ringraziare tutte le persone che sono state al nostro fianco perché, se è vero che all’inizio eravamo da soli, oggi possiamo dire che siamo riusciti a portare avanti tutti insieme una vera e propria battaglia di civiltà. Voglio ringraziare tutte le persone che mi incontrano per strada e mi dicono di andare avanti.

Foto dalla pagina ufficiale di Ilaria Cucchi su Facebook

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    Lista stupri. Una delle ragazze minacciate: “L’educazione sessuo-affettiva serve ad arginare le violenze”

    L’educazione sessuale a scuola si farà solo con il consenso dei genitori degli studenti minorenni, sia alle medie sia alle superiori. Alla Camera ieri è arrivato il via libera agli emendamenti al ddl Valditara tra le proteste delle opposizioni. È stato respinto anche un emendamento che prevedeva di togliere il consenso dei genitori in caso il corso fosse organizzato dalle Asl, quindi non da associazioni ma dal servizio sanitario nazionale. Intanto, prosegue l’indagine della procura di Roma "lista degli stupri” comparsa nei giorni scorsi nei bagni del liceo romano Giulio Cesare. Al momento il reato ipotizzato è istigazione a delinquere finalizzata alla violenza sessuale. Andrea, una delle studentesse del Giulio Cesare il cui nome era presente nella lista, al microfono di Mattia Guastafierro, ci racconta qual è il clima a scuola: “Ci sono stati dei precedenti, sicuramente non così gravi: stati bruciati dei cartelloni contro la violenza sulle donne nel bagno dei maschi, sono state strappate delle petizioni messe in bacheca per sensibilizzare alla violenza di genere. Purtroppo ci sono persone che hanno avuto un'educazione familiare estremamente poco consapevole di certe cose e purtroppo questa è la prova che un argomento così terribile come lo stupro possa essere utilizzato con leggerezza e, anzi, scritto su un muro di un bagno”. Inoltre, Andrea riconosce l'importanza dell'educazione sesso-affettiva nelle scuole: "Noi passiamo tantissime ore all'interno delle mura scolastiche e quindi deve essere la scuola a insegnare ed arrivare dove la famiglia magari non riesce. C'è molta disinformazione su quello di cui si tratta nell’educazione sessuo-affettiva: serve per insegnare il consenso, per conoscere se stessi senza paure, senza timori e stigmi sociali, per accettare ogni parte di sé. Facendo questo percorso dentro la scuola inevitabilmente la violenza di genere, e le violenze in generale, vengono arginate proprio perché la violenza parte da un'insicurezza. Se noi insegniamo che va bene averle, che queste si possono gestire, come gestire le relazioni, i conflitti ed educare al consenso, io credo che queste cose non succederebbero più. La scuola se ne deve far carico".

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