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Che cos’è l’indice RT e cosa ci dice sull’epidemia in Italia

indice rt coronavirus

Davide Manca, matematico del dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica del Politecnico di Milano, commenta a Radio Popolare come sta andando la seconda ondata di Covid in Italia da un punto di vista infettivo. L’intervista di Lorenza Ghidini e Alessandro Braga a Prisma.

Perché il presidente dell’Istituto superiore della sanità Silvio Brusaferro può dire in un momento così drammatico che l’indice di contagio RT effettivamente è in rallentamento? Com’è possibile?

Bisogna fare una premessa doverosa: l’RT è figlio della definizione del valore iniziale che si chiama R0. Con R0 s’intende il numero di nuovi contagi che un singolo caso è capace di generare nel suo periodo infettivo. Prendiamo una persona infettiva, cioè contagiata, asintomatica o no, e contiamo in media staticamente quante persone vengono infettate da questa singola persona già infetta: questo è l’R0. Ad esempio il morbillo ha un R0 altissimo, tra 12 e 18: vuol dire che in media una persona infetta col morbillo, in una popolazione che non ha ancora sperimentato la malattia, produce 12-18 persone infette. In questo momento, al 262° giorno dall’inizio della pandemia, non possiamo dire che la popolazione è completamente non infetta: incominciamo ad avere delle persone immuni (magari momentaneamente o no, solo il tempo potrà dirlo). Adesso possiamo stimare l’RT, cioè: un infetto oggi in media quante altre persone infette produce? L’attuale indice RT di 1,7 è più comprensibile su una scala di 1000 persone: 1000 infetti oggi, secondo i dati di Brusaferro, riescono a contagiare 1700 nuovi casi. In questo momento, se continuassimo così, la situazione peggiorerebbe, perché poi questi altri 1700 ne infettano 1700 x 1,7, quindi diventano 2890 e così via. Per quanto posso rilevare anch’io tramite il bollettino che redigo e che utilizza un approccio diverso all’indice RT, noto che c’è un rallentamento. Cosa vuol dire? In questo momento stiamo ancora crescendo con un andamento parabolico che però per fortuna è inferiore a quell’incremento esponenziale che abbiamo visto fino a dieci giorni fa.

Da quanti giorni considerate che ci sia un rallentamento?

Al rallentamento si assisteva anche nel corso della crescita esponenziale: stavamo salendo con una massima velocità di crescita, ma questa curva si stava “spanciando” lentamente. Siamo ancora in crescita però, e i modelli che stiamo utilizzando indicano che non abbiamo ancora raggiunto la massima velocità di crescita, il massimo incremento giornaliero.

Non abbiamo ancora raggiunto il massimo incremento, però se rallenta vuol dire che ci vorranno più giorni per arrivare al massimo?

Sì. I tempi di raddoppio del fenomeno si stanno allungando: quando eravamo all’inizio della pandemia, a marzo, raddoppiavamo in termini inferiori ai 3 giorni. Adesso che siamo già invece nella seconda ondata andiamo verso i 9/10 giorni. Auspicabilmente dovremmo a un certo punto flettere e andare verso un plateau, la cima di una montagna russa che dovrebbe poi portare il nostro “carrellino” a scendere.

Se rallenta, ci sarà meno pressione degli ospedali, ma staremo in ballo più a lungo?

Oramai purtroppo ci siamo dentro. Ammorbidendo la pendenza di questa metaforica montagna russa comunque è una cosa molto positiva, perché andiamo a premere di meno sugli ospedali e soprattutto a un certo punto il picco, la quota massima che raggiungiamo, è inferiore. In questo momento dovremmo cercare sperabilmente un picco massimo inferiore a quello della prima ondata. In Lombardia c’è questo sentore, i modelli cominciano a dare indicazione che dovremmo comunque rimanere sotto.

Lei quando si aspetta il picco?

Il picco in questo momento è ancora lontano, dobbiamo ancora raggiungere il massimo della pendenza di questa salita. Con l’esperienza del passato ragionevolmente si può dire tra una ventina di giorni.

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