
Stamattina Istat ha diffuso il rapporto annuale sulla povertà relativo al 2024. C’è una lieve crescita sia della povertà assoluta, che tocca quasi un cittadino su 10, sia della povertà relativa. Il numero di poveri è in forte crescita soprattutto tra gli stranieri, gli operai, le famiglie con minori.
Partiamo dai dati: nel 2024 sono state censite 7mila famiglie in povertà assoluta in più, e 50mila individui. L’incidenza resta stabile tra le famiglie, ma sale al 9,8% tra gli individui, segno di una crescita tra le famiglie numerose. E chi è in povertà assoluta, cioè non riesce ad acquistare un paese di beni essenziali, lo è sempre di più: cresce di due decimi l’intensità della povertà. Anche la povertà relativa, calcolata sul nucleo familiare e base geografica, cresce di mezzo punto. I poveri vivono soprattutto nei piccoli comuni ai margini delle aree metropolitane, e nelle periferie. L’incidenza aumenta nel nord ovest e nel mezzogiorno, e se tra le famiglie di italiani è stabile, in quelle di stranieri cresce. In particolare se è presente un minore. È povero il 18,5% degli operai, ben 2 punti in più dell’anno prima.
Qualche considerazione: esiste una discriminazione palese verso persone che reggono la nostra economia, ma non hanno un pari ritorno. I lavoratori stranieri generano il 9% del Pil, son più precari, pagano più tasse di quanto non ricevano in servizi, questo genera il 30% di famiglie straniere in povertà assoluta. La povertà sale nonostante la crescita occupazionale dell’ultimo anno. Si conferma così che il lavoro non è più elemento di emancipazione sociale.
In questo contesto il governo ha abbandonato le politiche contro la povertà. Solo pochi giorni fa Caritas rilevava l’inefficacia dei sussidi introdotti dopo la cancellazione del reddito di cittadinanza. Tra riduzione di stanziamenti e risparmi sulla spesa sociale, il governo Meloni ha ridotto le risorse per il contrasto alla povertà di oltre 3 miliardi. I risultati si vedono. La manovra in arrivo fondata sui tagli non fa eccezione.