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Il Tribunale: no allo sfratto d’urgenza del centro sociale Cantiere

Il Tribunale: no allo sfratto d’urgenza del centro sociale Cantiere

La tredicesima sezione del Tribunale civile di Milano ha respinto la richiesta di sfratto urgente del centro sociale Cantiere di Milano presentata dalla nuova proprietà dello stabile. I giudici hanno dichiarato “inammissibile” il ricorso d’urgenza presentato da Monterosa 84 srl, la società immobiliare che a marzo 2024 ha comprato la palazzina per 1,8 milioni di euro.

I nuovi proprietari avevano chiesto il rilascio dell’immobile per motivi di “pericolosità delle attività svolte all’interno” come quella “di ristorazione con allaccio abusivo alla rete elettrica e del gas”, e perché lo stabile – sempre secondo gli immobiliaristi – sarebbe pericolante, possono “distaccarsi parti del tetto e della facciata”. Il giudice Ilario Pontani ha escluso l’esistenza di un “pericolo attuale, reale ed obbiettivo a cui porre rimedio in via d’urgenza” perché quando l’immobile è stato acquistato nel marzo 2024 era “già occupato” da 23 anni.

Nessun presupposto d’urgenza dunque, il giudice ha tenuto in considerazione i 23 anni di attività svolte all’interno della palazzina. Una partita non chiusa, ma che torna su binari ordinari. Per il giudice del Tribunale civile la società potrà utilizzare gli “strumenti offerti dalla tutela ordinaria” della legge per vedersi riconosciuto il “diritto di proprietà” sull’immobile.

La società che ha comprato la palazzina, Monterosa srl, è posseduta da Murè Holding, Immobiliare La Rocca srl e Futura srl, soggetti che hanno già interessi immobiliari nella zona tra City Life, Amendola, Lotto. Uno dei progetti in costruzione è proprio pochi numeri civici dopo il Cantiere, in via Monte Rosa 96. Edilizia di lusso. Una vicenda emblematica di questa Milano dove l’immobiliare, con l’aiuto della politica, si è comprata fette di città rendendole inaccessibili ai suoi abitanti.

Gli attivisti del centro sociale proseguono la loro mobilitazione contro la minaccia di sgombero. “Se la palazzina di via Monte Rosa 84 è ancora in piedi” hanno detto gli attivisti “è solo grazie all’impegno di chi ha tenuto in vita questo pezzo di storia di Milano”.

Fino al 1985 quei locali avevano ospitato il Derby Club, storico locale che ha plasmato la comicità milanese e italiana, un palco dal quale sono passati personaggi come Claudio Bisio, Paolo Rossi, Diego Abatantuono, Teo Teocoli, Giorgio Faletti, Enzo Jannacci, Bruno Lauzi, Cochi e Renato e tanti altri. Poi quasi vent’anni d’abbandono fino alla primavera del 2001 quando un gruppo di studenti delle scuole superiori occupa quella palazzina chiusa e abbandonata per organizzare la trasferta a Genova per le manifestazioni contro il G8. Una storia che negli anni si è intrecciata con il quartiere, le case popolari di San Siro, le seconde generazioni, l’occupazione abitativa SMS di piazza Stuparich. Una storia tutt’altro che finita.

  • Autore articolo
    Roberto Maggioni
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    Il Tar della Lombardia oggi si è riunito per discutere la richiesta di sospensiva dell’operazione di vendita dello stadio di San Siro arrivata da Comitato Sì Meazza. Si attendeva una decisione in giornata ma i giudici si pronunceranno domani. La decisione del Tar lombardo segnerà il destino dell’operazione San Siro. Se i giudici non accoglieranno il ricorso la procedura di vendita andrà avanti con la tabella di marcia comunicata ieri dal sindaco di Milano Beppe Sala alla sua maggioranza, e cioè la vendita dello stadio entro il 31 luglio a tappe forzate. Se i giudici accoglieranno il ricorso scatterà invece la sospensiva del procedimento: tutto fermo nell’attesa di chiarire i dubbi sulla data del vincolo o sulla conformità del bando. Sulla data del vincolo il Comune dice che i 70 anni del secondo anello scatteranno il 10 novembre 2025, secondo il Comitato Sì Meazza i 70 anni sono già scattati, e hanno portato a supporto di questa tesi diverso materiale fotografico e documentale. Roberto Maggioni e Massimo Bacchetta ne hanno parlato a Popsera con l’avvocata del comitato Sì Meazza Veronica Dini che ha partecipato all’udienza al Tar.

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    Alberto Trentini, da otto mesi in carcere in Venezuela: il Governo deve attivarsi, chiede la madre del giovane

    Sono passati otto mesi da quando Alberto Trentini, operatore umanitario in Venezuela, è stato fermato e arrestato senza motivazione dalle autorità venezuelane mentre svolgeva il suo lavoro per una ong internazionale. Da quel giorno Trentini è in isolamento totale, senza contatti con l'esterno e con la sua famiglia. La madre del giovane chiede al Governo di attivarsi come ha fatto in altri casi. "In questo momento che Alberto è ancora in vita, è fondamentale il ruolo dell'informazione" queste le parole di Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo21. Alessandro Braga ne ha parlato con il nostro collaboratore Lorenzo Marcandalli che segue quotidianamente la vicenda.

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