Approfondimenti

Il prugnolo che (non) cura il cancro

Sylvie Coyaud scrive su OggiScienza, tra le altre cose, come “custode del Parco delle Bufale”, collezione di ricerche e notizie ingannevoli.

Recentemente OggiScienza ha pubblicato un’intervista ad Andrea Savarino dell’Istituto Superiore di Sanità, principale autore di una rassegna sui benefici (paradossali) dello stress ossidativo e sui rischi degli antiossidanti. I produttori continuano a pubblicizzarne le proprietà preventive e terapeutiche, ma il National Cancer Institute statunitense avverte che:

“molteplici e ampli esperimenti clinici randomizzati e controllati con un placebo non sono riusciti a dimostrare un effetto preventivo degli antiossidanti. In effetti alcuni degli esperimenti clinici più consistenti hanno dovuto essere interrotti perché nei pazienti che ricevevano antiossidanti l’incidenza dei tumori era maggiore che in quelli che non ne ricevevano”. [link e grassetto aggiunti, ndr]

Coincidenza. Lo scorso 7 maggio a Milano, Stefania Meschini dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) presentava i risultati di un proprio studio sulle proprietà antitumorali di un antiossidante a uno dei tanti convegni di “Oncophytoterapia” (sic) che si susseguono in giro per l’Italia dall’aprile 2015. All’epoca (poco più di un anno fa) si apprendeva da un lancio ANSA che lo studio era “in via di pubblicazione su riviste scientifiche” e la ricercatrice spiegava:

“Nella sperimentazione in laboratorio, abbiamo trattato con l’estratto della pianta cellule cancerose di pazienti affetti da cancro a colon, polmone e cervice uterina. Abbiamo quindi osservato che, da solo, l’estratto non aveva effetti, ma addizionato ad un particolare complesso a base di aminoacidi, minerali e vitamine, denominato Can, è stato in grado di ridurre la sopravvivenza delle cellule tumorali ed ha portato a distruzione tra il 70 e il 78% delle cellule cancerose nell’arco di 24 ore”. Il passo successivo, sottolinea la ricercatrice, ”sarà passare alla fase dei test su animali, con l’obiettivo di arrivare, nell’arco di qualche anno, alla produzione di un nuovo farmaco antitumorale”.

In un comunicato stampa che risale al giugno 2015, l’ex commissario e attuale presidente dell’ISS Walter Gualtiero Ricciardi cercava di frenare il battage mediatico sul prugnolo del Molise che cura il cancro:

“Va sottolineato però che c’è ancora molta strada da fare prima di dimostrare la sua efficacia sull’uomo e di affermare che l’integratore che si sta mettendo a punto, a base di quella composizione, possa effettivamente avere un’efficacia sul piano clinico”.

Lo studio “in collaborazione con l’azienda Biogroup” per lo sviluppo di un integratore che migliori “la qualità della vita del paziente” sembra aver perso la via della pubblicazione. Da ottobre invece, il prodotto “Trigno M” era in vendita libera  con l’indicazione

Azione mirata anti-neoplastica

In novembre Franco Mastrodonato, iridologo-naturopata-omeopata ecc., che non compare su PubMed ma è presidente dell’IMeB e della Società Italiana di Medicina Biointegrata, annunciava che “circa 2.000 pazienti affetti da gravi forme di tumore” lo stavano già assumendo a volte con “miglioramenti sorprendenti”. Il 21 aprile scorso, si riuniva un comitato di specialisti tra cui Stefania Meschini,

per mettere a punto i dettagli di carattere scientifico, logistico e normativo riguardanti la sperimentazione “in vivo” sull’uomo del Trigno M, che si annuncia quindi come prossima al suo inizio.

Così d’emblée? Senza nemmeno una foto di topolini prima e dopo la cura? Eh no!

La custode del Parco passava all’azione mirata. Scriveva a Ricciardi e all’ufficio stampa dell’ISS che su PubMed non aveva trovato ricerche sulla riduzione di tumori, ricadute e metastasi grazie a prugnolo e amminoacidi. Per caso potevano fornirle qualche dato a conferma dell’“azione mirata” del Trigno M e delle affermazioni di Mastrodonato?

Per non sembrare troppo spinosa, sorvolava sul fatto che circa 2000 malati fossero arruolati
in una sperimentazione priva di carattere scientifico e in barba alla normativa
. All’alba dell’indomani, la responsabile dell’ufficio stampa la informava che all’Istituto erano state fatte le osservazioni in vitro preliminari a una sperimentazione in vivo sugli animali per la quale stava chiedendo le varie autorizzazioni. Lo studio non era pubblicabile perché era stata chiesta un’estensione del brevetto e

Per quanto riguarda le dichiarazioni sulla sua efficacia nell’uomo, l’istituto non è a conoscenza né partecipa attualmente ad alcuno studio che all’interno di un protocollo di sperimentazione clinica dimostri l’efficacia o il ruolo terapeutico nell’uomo dell’integratore Trigno M nelle terapie anticancro.

La custode non si aspettava tanta solerzia, di solito le sue mail alle autorità sono ignorate. Ne ha subito approfittato per esprimere una curiosità: adesso che l’Istituto sa che il Trigno M è venduto come farmaco anti-neoplastico, cosa intende fare? Due giorni dopo all’alba, apriva la casella della posta e non credeva ai propri occhi:

la nostra Direzione Generale ha già disposto di prendere i necessari provvedimenti. Già questa mattina sul sito non compare più, come potrà constatare la dicitura “effetto mirato anti-neoplastico”, né indicazioni relative all’uso terapeutico del trattamento dei tumori.

Complimenti alla DG e all’ufficio stampa per l’efficacia della loro azione mirata. Restano da informare sui rischi degli antiossidanti i “circa 2000 pazienti affetti da gravi forme di tumore” che assumono Trigno M mirato, Trigno D drenante o  Trigno T “di terreno

come coadiuvante nelle problematiche oncologiche, in trattamento con chemioterapia e radioterapia, in fase pre e post chirurgica…

quando è noto che se gli antiossidanti drenassero realmente le tossine – tutte, tanto per ampliare il mercato – drenerebbero anche i farmaci veri.  Va interpellata l’Agenzia Italiana del Farmaco?, si chiede la custode mentre dà una lucidata alla balestra. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato? Le associazioni per la difesa dei consumatori?

Tratto da Oggiscienza

L’argomento è stato affrontato anche il 27 maggio a Le Oche, la trasmissione scientifica di Radio Popolare. In collegamento, Andrea Savarino, ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità. Il podcast della puntata

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    Sylvie Coyaud
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