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Il primo supermercato bio autogestito

È il primo caso in Europa di supermercato cooperativo autogestito con il metodo del consenso. Un’utopia concreta in cui i cooperatori sono al contempo clienti, proprietari e lavoratori-volontari. Bees-coop ha aperto le sue porte al pubblico, o meglio ai suoi soci, a settembre. Una superficie commerciale di 600 mq in cui si possono acquistare prodotti stagionali, locali e biologici, scelti con occhio attento alle condizioni di produzione e di lavoro dei contadini.

Il progetto Bees-coop nasce dalla voglia di rimettere in discussione concetti quali lavoro, sostenibilità, distribuzione, ma soprattuto proprietà. Un processo di partecipazione dal basso ha coinvolto i 1.300 soci-cooperatori nell’ideazione e nella creazione di un supermercato che promuove l’accessibilità e la sensibilizzazione all’agricoltura sostenibile, la creazione di nuovi canali di distribuzione più vicini alle necessità di produttori e consumatori.

Per far parte della cooperativa, e quindi per usufruire del supermercato in qualità di cliente, si deve contribuire con l’acquisto di una quota, che varia secondo le proprie possibilità economiche, garantendo l’equità nei processi decisionali. Tutti i soci hanno l’obbligo di prestare un minimo di 2,45 ore di lavoro al mese, nelle varie mansioni che servono alla gestione del supermercato. «Così facendo, chi si occupa della cassa o dello scarico delle verdure, altro non è che un collega cooperatore intento a svolgere il suo “turno” di 2,45 ore al mense», ci spiega Enrico, italiano e co-fondatore del progetto, il quale aggiunge che la rivoluzione di Bees-coop «sta nella voglia di dare a tutti la possibilità di partecipare, di acquistare dei prodotti sani ad un prezzo ragionevole, poiché con questo sistema riusciamo ad abbattere i costi salariali, garantendo prezzi più bassi e quindi accessibili anche a fasce di popolazione a basso reddito». In questa ottica, anche la scelta di aprire in un’area popolare della città (Schaerbeek) non è casuale.

Il marchio di fabbrica del progetto Bees-coop è la modalità di partecipazione ed il tipo di governance (ovvero la modalità di gestione delle decisioni), votata ad una dimensione collettiva e collegiale. Tutte le decisioni passano attraverso delle assemblee plenarie che si svolgono con il metodo del consenso (una modalità che aspira all’unanimità). «Funzioniamo in maniera orizzontale e non abbiamo (ancora) mai usato la votazione: tutti gli argomenti vengono trattati prima nei gruppi di lavoro, aperti a tutti i cooperatori interessati, e successivamente nelle assemblee plenarie, dove ognuno ha diritto ad esporre i propri dubbi ed obbiezioni, che vengono trattate e bonificate collettivamente», ci spiega Enrico. Per raggiungere questo obbiettivo la cooperativa Bees-coop è accompagnata da un collettivo specializzato nel metodo del consenso (réseau Ades) che offre, gratuitamente, i propri animatori per la gestione e la mediazione delle assemblee plenarie.

Con questo sistema la cooperativa Bees-coop esporta in Europa un’esperienza già nota oltre oceano (a New York con la cooperativa «Park Slope Food coop») in concomitanza con i cugini francesi della «La Louve», altro supermercato cooperativo aperto da pochi mesi a Parigi. Realtà capaci di mettere insieme attività imprenditoriale, partecipazione e attivismo ambientalista, creano i presupposti per ripensare il rapporto fra lavoratore, produttore e consumatore.

E in Italia? Un progetto simile è in fase di sperimentazione a Bologna, col nome di «Camilla», sulla scia del successo di esperienze come Campi aperti (della rete Genuino clandestino), i mercati contadini di produttori che propongono una certificazione biologica informale in aperta contrapposizione alla grande distribuzione.

  • Autore articolo
    Gabriele Annichiarico
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    La legge sul consenso si ferma al Senato perché la presidente della Commissione Giustizia Giulia Buongiorno vuole correggerla, ma la Lega esprime anche dubbi generali sulla necessità di una legge che definisca il consenso. Secondo Alessandra Maiorino, vice-capogruppo M5S Senato e Coordinatrice Comitato Politiche di Genere e Diritti Civili: “Da noi al Senato il provvedimento è arrivato tardi, da una parte c’è una questione strumentale per cui la Lega vuole più tempo, dall’altra parte c’è una questione reale, vogliamo leggere e approfondire il testo, quindi non trovo lunare la richiesta di prendere più tempo”. Insomma l’accordo c’è per approvare la legge. “L’importante è che il 609 bis che punisce la violenza sessuale agita finora con violenza, minaccia o abuso di potere, sia adegui a quello che dice la giurisprudenza: non servono il sangue, i lividi, le botte o le minacce perché ci sia violenza sessuale, basta che quell’atto sia stato compiuto senza il consenso della donna”. L'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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