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Il peso della Corona – Seun Kuti racconta il suo ultimo album e la sua visione sul momento mondiale a Radio Popolare

seun kuti

Seun Kuti entra in radio con un cappotto incredibile, difficile da descrivere. Uno di quei capi che riesci allo stesso tempo a invidiare pur sapendo che non potresti mai indossarlo. In realtà quello che invidi è il suo carisma, che non lo abbandona mai, men che meno quando varca la soglia della redazione canticchiando Bella Ciao. O meglio, una versione di Bella Ciao adattata a coro da stadio per il Liverpool.
“Questa cosa fa impazzire il mio manager. Mi dice sempre, è troppo importante per gli italiani, non puoi cambiarne le parole!”. Ci confida sorridendo.
Seun Kuti, che sarà ospite di JazzMi il 29 Ottobre con un concerto all’Alcatraz, arriva da noi con un disco fresco di uscita. Il lavoro, co prodotto anche da Lenny Kravitz, si chiama “Heavier Yet (Lays the crownless head)”.
“Se leggi letteralmente Shakespeare nell’Enrico IV, troverai questo re si lamenta in modo amaro di come la sua vita sia così difficile, perché deve prendere tutte queste decisioni complicate” racconta Seun. “E alla fine, il re Enrico dice: “Inquieto giace il capo di chi indossa la corona”. Questa narrazione viene usata oggi dalle élite per giustificare le loro posizioni, come se lavorassero sodo. Ma io rispondo dal punto di vista del popolo, dicendo che la testa senza corona è ancora più pesante. Questa è una risposta della classe operaia alla narrazione elitaria, per la quale non abbiamo più simpatia.” In una tracce che compongono il disco Seun Kuti, discendente del grande Fela Kuti si trova anche a duettare con Damien Marley, figlio del grande Bob. “Con Damien è storico” ci racconta. “Le nostre famiglie non hanno mai fatto musica insieme. Ed è strano, vero? Molto strano. Era ora. In quest’epoca di risveglio, credo sia importante che le nostre dinastie si impegnino musicalmente nelle lotte del popolo. Quindi sì, questa è stata una buona dichiarazione in tal senso. Forse è il momento giusto.”
Altra voce presente nel disco è quella della rapper Zambiana Sampa the Great. “Con Sampatha condivido la visione artistica in generale. Lei è una sorella, che rispetto molto, lavorare con lei è stato molto facile.”

Negli utlimi anni, attraverso l’Afro Beat ma non solo, la musica africana sembra essersi imposta anche in occidente,mescolandolsi spesso con le varie scene pop. Pensi che, almeno per quanto riguarda la musica, l’Africa stia riuscendo, a rendere la sua voce importante e ascoltata?

“Non credo che il successo commerciale di una musica significhi un successo politico per il suo popolo. Il fatto che i musicisti africani abbiano una voce non significa che il popolo africano abbia una voce e sia rappresentato in quella voce. Io sono uno di questi artisti che capiscono che rappresentare è importante, ma non mi fermerei a quel verbo. Dobbiamo qualificare e descrivere ciò che rappresentiamo. Non è sufficiente essere africani e dire che solo perché sono nero, rappresento. Le persone africane meritano di più della sola presenza di un volto nero in uno spazio bianco.
Ciò di cui abbiamo bisogno come popolo africano non è solo una rappresentazione fisica, ma l’articolazione della nostra situazione. Perché non è necessario essere neri per essere africani.
È una cosa che dico sempre alla gente. L’africanità è nel cuore e nella testa. E in questo c’è lo spirito rivoluzionario. In quella rappresentazione del popolo. Quindi essere un rivoluzionario in questo senso oggi non è un limite. Quando dico che per essere un africano non è necessario essere nero, penso che anche per essere un europeo, non devi essere bianco. Conosco molti neri africani europei. L’importante è essere di fatto ciò che siamo nel profondo del nostro essere, per il progresso del nostro popolo. Quetsa è una posizione rivoluzionaria, che ci unisce, non solo con il popolo africano, ma con la lotta della classe operaia in tutto il mondo.

Oggi sembra che tutto debba essere affrettato. Quindi anche le canzoni sono molto più corte. Durano al massimo due minuti. Com’è che il tuo disco contiene pezzi lunghi anche otto minuti?

“Anche questo è rivoluzionario.Perché le corporazioni e le élite globali stanno cercando di ridurre la capacità di attenzione dell’uomo, degli esseri umani. Non vogliono che ricordiamo. Non vogliono che pensiamo. Quindi, più brevi sono le canzoni, più breve è la nostra capacità di attenzione. Vogliono che non si pensi a nulla. Basta scrollare da qui a lì, capisci? Io cerco di tenere la gente con i piedi per terra con la mia musica. Essere in qualcosa, godersi il momento, essere al suo interno per Questa tecnologia è uno scroll continuo. Anche la musica è così. Il cibo è così. Tutto è così. Anche l’amore, vedi Tinder. Tu vai su Tinder, trovi l’amore, scorri. Ma gli esseri umani non sono fatti per scorrere la vita. Fermatevi, godetevela. Questo è il vero piacere da provare, giusto? Ci si ferma e ce la si gode. Si prende in mano il momento.

Seun Kuti, prima di salutarci te lo chiedo, visto che sei arrivato canticchiando Bella Ciao in versione coro da stadio. Ne creerai mai una versione afrobeat?

Forse, amico. Ma visto che è così importante, sarà una versione rispettosa.

  • Autore articolo
    Matteo Villaci
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    Gran Bretagna e Germania, i grandi malati d'Europa. Il primo ministro britannico Starmer e il cancelliere tedesco Merz sono entrambi proiettati in una rincorsa della destra estrema. Il laburista britannico Starmer, due settimane fa: «restauriamo ordine e controllo», titolo di un documento presentato alla Camera dei Comuni. Il democristiano tedesco Merz: ci vogliono «controlli ai confini e respingimenti» perchè «l’immigrazione ha un impatto sul paesaggio urbano». Proprio così. Germania e Gran Bretagna, due potenze economiche mondiali: la Germania (80 milioni di abitanti) con il terzo pil del mondo (dopo Stati Uniti e Cina); il Regno Unito (con 60 milioni di abitanti) con il sesto pil mondiale (dopo la Germania c’è il Giappone e l’India e poi il Regno Unito). La “malattia” (la rincorsa ad essere a volte più a destra delle destre) rischia di cambiare i connotati a tradizioni politiche europee centenarie: come il laburismo britannico, il popolarismo democristiano tedesco insieme alla socialdemocrazia, sempre in Germania. Pesa, inoltre, un discorso pubblico sempre più contaminato da un lessico guerresco. Che danni può provocare questa “malattia” in due paesi fondamentali del continente europeo? Pubblica ha ospitato la storica Marzia Maccaferri (Queen Mary, University of London) e il giornalista Michael Braun (corrispondente da Roma del berlinese Tageszeitung).

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    Lista stupri. Una delle ragazze minacciate: “L’educazione sessuo-affettiva serve ad arginare le violenze”

    L’educazione sessuale a scuola si farà solo con il consenso dei genitori degli studenti minorenni, sia alle medie sia alle superiori. Alla Camera ieri è arrivato il via libera agli emendamenti al ddl Valditara tra le proteste delle opposizioni. È stato respinto anche un emendamento che prevedeva di togliere il consenso dei genitori in caso il corso fosse organizzato dalle Asl, quindi non da associazioni ma dal servizio sanitario nazionale. Intanto, prosegue l’indagine della procura di Roma "lista degli stupri” comparsa nei giorni scorsi nei bagni del liceo romano Giulio Cesare. Al momento il reato ipotizzato è istigazione a delinquere finalizzata alla violenza sessuale. Andrea, una delle studentesse del Giulio Cesare il cui nome era presente nella lista, al microfono di Mattia Guastafierro, ci racconta qual è il clima a scuola: “Ci sono stati dei precedenti, sicuramente non così gravi: stati bruciati dei cartelloni contro la violenza sulle donne nel bagno dei maschi, sono state strappate delle petizioni messe in bacheca per sensibilizzare alla violenza di genere. Purtroppo ci sono persone che hanno avuto un'educazione familiare estremamente poco consapevole di certe cose e purtroppo questa è la prova che un argomento così terribile come lo stupro possa essere utilizzato con leggerezza e, anzi, scritto su un muro di un bagno”. Inoltre, Andrea riconosce l'importanza dell'educazione sesso-affettiva nelle scuole: "Noi passiamo tantissime ore all'interno delle mura scolastiche e quindi deve essere la scuola a insegnare ed arrivare dove la famiglia magari non riesce. C'è molta disinformazione su quello di cui si tratta nell’educazione sessuo-affettiva: serve per insegnare il consenso, per conoscere se stessi senza paure, senza timori e stigmi sociali, per accettare ogni parte di sé. Facendo questo percorso dentro la scuola inevitabilmente la violenza di genere, e le violenze in generale, vengono arginate proprio perché la violenza parte da un'insicurezza. Se noi insegniamo che va bene averle, che queste si possono gestire, come gestire le relazioni, i conflitti ed educare al consenso, io credo che queste cose non succederebbero più. La scuola se ne deve far carico".

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