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Il patriottismo pop dei Khiyo

Nel 2012 aveva fatto discutere la loro versione di Amar Shonar Bangla, l’inno nazionale bengalese scritto dal poeta Rabindranath Tagore: nel clip del brano, con al centro la cantante Sohini Alam, i Khiyo lo eseguono in abbigliamento casual, ripresi dentro un appartamento londinese, e in chiave folk-pop, che è poi un po’ la cifra generale della loro musica.

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Nella polemica che ne era nata sui media bengalesi, in cui erano intervenuti diversi dei più importanti e popolari musicisti del paese, molte erano state le voci che li avevano accusati di irriverenza se non di sovversione, per una interpretazione ritenuta irrispettosa dello stile acquisito con cui l’inno secondo questi critici del gruppo può essere unicamente proposto.

Formatisi nel 2007, i Khiyo sono una band londinese di sei elementi che si dedica alla reinterpretazione con una sensibilità moderna appunto della tradizione musicale bengalese, come adesso si può sentire dall’album omonimo Khiyo, sottotitolo Bengali Music with a London Sound, appena pubblicato dalla etichetta britannica Arc.

Fondatrice del gruppo assieme ad Oliver Weeks, e cantante anche col collettivo londinese Lokkhi Terra, che mescola musica popolare bengalese, afro-beat e musica afrocubana, Sohini Alam ha diviso la sua infanzia tra Londra, dove è nata, e Dhaka, in Bangladesh. La sua è una famiglia-dinastia di cantanti, e Sohini Alam, che ha poi fatto i suoi studi universitari negli Stati Uniti, ha appreso i due filoni musicali del Nazrul Sangeet e del Rabindra Sangeet, che, fenomeno piuttosto singolare, prendono il loro nome da poeti a cui si deve un repertorio di canzoni: rispettivamente Kazi Nazrul Islam, nato a fine Ottocento e morto nel ’76, e appunto il celebre anche in Occidente Rabindranath Tagore, nato nel 1861, morto nel ’41, premio Nobel per la letteratura nel 1913.

Sohini si è particolarmente specializzata nel Nazrul Sangeet, ma nell’album sono rappresentati tanto Nazrul quanto Tagore. Uno dei brani di Nazrul, Rum Jhum Rumu Jhumu descrive per esempio la formazione di un ciclone che poi sfocia in torrrenziali piogge monsoniche.

Fortemente legati all’identità bengalese e al tema dell’indipendenza del Bengala, i Khiyo interpretano nell’album anche Amar Protibaader Bhasha, un brano del polistrumentista e compositore Salil Chowdhury, morto nel ’95, che parla dell’importanza della lingua, con riferimento alla pressione esercitata dal governo pakistano sui bengalesi per imporre l’uso dell’urdu nel Pakistan orientale, un tentativo che produsse come reazione il Movimento per la lingua bengalese e arrivò fino al massacro degli studenti del ’52, drammatica ma cruciale tappa della lotta che ha portato all’indipendenza del Pakistan orientale e alla nascita nel marzo del ’71 della Repubblica Popolare del Bangladesh (oggi il bengali è la sesta lingua più parlata al mondo e la seconda più parlata in India dopo l’hindi).

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  • Autore articolo
    Marcello Lorrai
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    L’Europa e il bellicismo crescente delle sue classi dirigenti. L’ultimo caso, quello dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone e la postura aggressiva che dovrebbe tenere la Nato. Cosa possono fare il pensiero e la cultura della pace per contrastare l’escalation bellicista e la normalizzazione della violenza? Le risposte possono non essere quelle consuete, soprattutto perché in Occidente stiamo assistendo ad un cambio delle coordinate geopolitiche costruite negli ultimi ottant’anni. Un esempio. Il settimanale «The Economist» ha scritto nella sua rubrica di geopolitica «The Telegram» apparsa oggi sulle pagine online: «In Europa le preoccupazioni per l’inaffidabilità dell’America sotto Donald Trump stanno lasciando il posto a un timore più grande: che, pur presentandosi come il campione della civiltà occidentale, egli consideri ormai le democrazie occidentali reali come avversarie. “Nella Washington di oggi” - scrive il nostro editorialista di The Telegram - l’Europa “è spesso descritta con maggiore disprezzo rispetto alla Cina o alla Russia”. Pubblica oggi ha ospitato Donatella Della Porta, scienziata della politica, e Agostino Giovagnoli, storico.

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