
Per tutta la mattinata Matteo Salvini e Giorgia Meloni, uno facendosi riprendere dalla sede delle Ferrovie dello Stato, l’altra da Copenaghen, hanno sferrato un attacco ai sindacati e alle opposizioni, colpendo il diritto allo sciopero e offendendo chi domani scenderà in piazza, migliaia e migliaia di persone come del resto sta avvenendo già da giorni. Parole molto dure e offensive, come quelle pronunciate dalla Presidente del Consiglio, “il week end lungo e la rivoluzione non vanno bene insieme”, frasi di bassa lega, da propaganda, piombate in Parlamento mentre il ministro Tajani presentava l’informativa su Gaza facendo un appello all’unità di tutti. Ma chi puntualmente sembra rompere ogni spiraglio di dialogo è proprio la presidente del Consiglio a cui si è aggiunto Matteo Salvini in mattinata minacciando la precettazione. Poi, nel pomeriggio una svolta, il Garante ha dichiarato illegittimo lo sciopero, il segretario della CGIL ha contestato questo giudizio spiegando che si sciopera per diritti costituzionali violati, successivamente da Salvini è arrivata una nota nella qual scrive che “non ritiene utili prove di forza” e si appella ai sindacati e lavoratori affinché vengano rispettate le regole. Nessuna precettazione, toni più bassi, forse dettate da chi dovrà gestire l’ordine pubblico nei prossimi giorni e non vuole parole incendiarie nemmeno dal governo per non aumentare ancora di più a tensione. Domani in piazza nei cortei dei sindacati ci saranno anche i leader delle opposizioni. Resta il fatto che l’atteggiamento della presidente del Consiglio in tutta la vicenda della Flotilla è stato sempre all’insegna dell’attacco, prima verso gli attivisti italiani sulle barche, considerati irresponsabili, e ora nei confronti dei sindacati, studenti, lavoratori, che scenderanno nelle piazze già da domani. È questo ora che il governo teme, un clima di scontri crescenti. Dall’opposizione che oggi ha contestato l’informativa di Tajani, che non cambia di una virgola la posizione del governo su Gaza e il riconoscimento dello Stato palestinese, si è evitata però una chiusura sull’accordo proposto dagli Stati Uniti. Pd, Cinque stelle e Avs si sono astenuti, un atteggiamento di attesa, forse anche questo ha contribuito a far abbassare i toni al Governo.