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Il Coronavirus è fuggito dal laboratorio di Wuhan? Le pressioni sull’Oms per una nuova inchiesta

La teoria della fuga del virus dal laboratorio di Wuhan è stata sempre classificata- fino a poco tempo fa – come una teoria cospirazionista. Ultimamente, però, sempre più scienziati e amministrazioni statali, stanno chiedendo un’indagine più approfondita sulle origini del virus, e nessuno si sente più di escludere questa teoria. Già qualche settimana fa, la rivista scientifica “Science” aveva pubblicato una lettera firmata da 13 scienziati che chiedevano all’Oms una nuova inchiesta: “Nessuna opzione può essere esclusa” scrivono “Né quella dell’origine naturale né quella della fuoriuscita dal laboratorio”, aggiungendo che nel rapporto compilato dall’Oms a inizio anno, è stato dato troppo poco spazio a quest’ultima ipotesi: solo 4 pagine su 313.

Ora, anche l’amministrazione Biden, durante il meeting annuale degli stati membri dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a Ginevra, ha nuovamente richiamato l’attenzione internazionale sulla necessità di risolvere il mistero su come il Covid19 abbia iniziato a diffondersi. Anche secondo il ministero della sanità Usa, l’indagine condotta dall’Oms in Cina all’inizio dell’anno si è rilevata inconcludente. “Abbiamo bisogno di andare a fondo della questione e abbiamo bisogno di una completa trasparenza da parte della Cina. Cosa che per il momento non sembra esserci” ha detto Andy Slavitt, uno dei consiglieri per il coronavirus di Joe Biden.

Lo stesso Tedros Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms, ha ammesso che l’indagine non è stata abbastanza approfondita e che gli scienziati hanno avuto difficoltà ad accedere ai dati puri della Cina, che continua categoricamente a negare l’ipotesi della fuga dal laboratorio di Wuhan. Anzi, non si limita a negare, ma attacca frontalmente il virologo Anthony Fauci che ha affermato che nonostante creda ancora che il passaggio animale- uomo sia la teoria più probabile, non è più convinto al 100% che la teoria del laboratorio sia da escludere e che sia necessario continuare ad indagare fino a che non si scoprirà con certezza cosa è successo in Cina.

“Le élite statunitensi scadono nell’immoralità e Fauci è uno di loro” è il titolo del commento del direttore del tabloid statale cinese Global Times, dove si accusa Fauci di aver diffuso un’enorme bugia sulla Cina. E aggiunge: “La teoria della fuoriuscita dal laboratorio è una cospirazione creata dall’intelligence statunitense e dai media per diffamare la Cina”. Quello che è certo, per ora, è che le informazioni in nostro possesso non sono sufficienti né per confermare né per escludere alcuna teoria. Ma ricostruire la storia del Covid19 sulla base di dati completi e attendibili, non è importante solamente per amore della verità e non è nemmeno il tentativo di incolpare qualcuno per quello che è successo. La verità, in questo caso, è un’arma fondamentale per poter prevenire nuove, future catastrofi.

Foto | Wuhan, gennaio 2021

  • Autore articolo
    Martina Stefanoni
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    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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    Il trumpismo fa paura. L'autoritarismo trumpista ancora di più. A Pubblica la prima sintesi degli incontri alla Casa della Cultura di Milano per il ciclo "Autoritarismi in democrazia" (Osservatorio autoritarismo, Università Statale Milano, Libertà e Giustizia, Castelvecchi) di cui Radio Popolare è media partner (qui il programma https://www.libertaegiustizia.it/2025/11/21/autoritarismi-in-democrazia/). Ospite del primo incontro (22 novembre 2025) la filosofa Chiara Bottici, della New School for Social Research di New York. «Il clima negli Stati Uniti – ha raccontato la filosofa - è estremamente allarmante, estremamente preoccupante. Quando parlo di neofascismo non è un'esagerazione, non è un modo per dire "questi sono cattivi, Trump è autoritario"».

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