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Il blocco delle riserve della Banca centrale russa

banca centrale russa

Il blocco delle riserve detenute dalla Banca Centrale Russa potrebbe creare reali difficoltà finanziare per Mosca. Anche se non è ancora chiaro come possa essere implementato, l’annuncio della commissione europea e dell’amministrazione Biden rischia di creare una crisi a Mosca. Secondo gli ultimi dati disponibili la Banca Centrale Russa dispone di 640 miliardi di dollari di riserve: il 32% sono in euro, il 16% in dollari Usa, il 7% in sterline, il 13% in yuan e il restante 22% in oro. E’ probabile che le riserve in valuta siano sui conti della stessa banca centrale a Londra, New York, Francoforte e Vienna: il blocco potrebbe impedirne l’utilizzo per difendere il rublo da nuovi tonfi alla riapertura del mercato dei cambi lunedì mattina. La solvibilità di molte banche russe, sia statali che private, potrebbe essere a questo punto dubbia per il combinato disposto del blocco delle riserve della banca centrale e del sistema di transazioni Swift. Una prima avvisaglia delle conseguenze arriva, sorprendentemente, da Pechino. Due banche statali, l’Industrial & Commercial Chinese Bank e la Bank of China hanno deciso di non accettare, per ora, lettere di credito per la copertura finanziaria di transazioni con imprese russe esportatrici di materie prime. In altre parole significa che compratore e venditore devono effettuare transazioni solo in contanti, operazioni normalmente non effettuate anche per garantire la chiusura delle operazioni solo dopo la consegna fisica delle merci. Uno stritolamento che ha messo in allarme i cittadini russi che si sono precipitati ai bancomat costringendo la banca centrale russa ad emettere un comunicato nel quale si rassicura la totale liquidità delle attività operative. Più delle armi potrebbe essere una crisi finanziaria a mettere in difficoltà il presidente russo.

  • Autore articolo
    Andrea Di Stefano
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    La “prima repubblica” europea ha i giorni contati? La cogestione democristiani-socialisti che ha governato il parlamento di Strasburgo dalla prima elezione a suffragio universale del 1979 è destinata a sciogliersi? Se si guardano i sondaggi, e i risultati elettorali dove si è votato recentemente (Spagna e Grecia), alle elezioni europee del 9 giugno 2024 si profila una vittoria della destra, di una composita aggregazione: dai lepenisti francesi, ai meloniani italiani, da Vox in Spagna, alla AfD in Germania e ai settori più conservatori dei partiti liberali e popolari europei. Il parlamento europeo potrebbe avere, per la prima volta, una maggioranza diversa da quella costituita dalle famiglie politiche fondatrici dell’Europa: i democristiani, i gollisti, i socialisti e i socialdemocratici. Nel caso in cui la destra vincesse alle elezioni del 9 giugno 2024, la transizione tra una prima e una seconda “repubblica" europea avverebbe in un contesto particolare, e cioè sotto le presidenze di turno dell’Unione affidate ai governi ungherese e polacco, i più anti-europeisti tra i ventisette paesi Ue. Pubblica oggi ha ospitato Yves Meny, politologo francese, studioso dei processi politici europei, già presidente della Scuola Sant'Anna di Pisa. Tra i suoi libri più recenti pubblicati in Italia: "Popolo, ma non troppo. Il malinteso democratico" (il Mulino, 2019).

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