
“Una piccola terra, con una ferita aperta”: Hon, la canzone che apre il suo nuovo album I Remember I Forget (Crammed Discs), Yasmine Hamdan l’aveva già pronta prima del 7 ottobre 2023. Aveva in mente la catastrofica esplosione dell’agosto 2020 al porto di Beirut, l’evento più devastante e anche tragicamente emblematico della nuova crisi libanese cominciata nel 2019: ma adesso viene innanzitutto da pensare a Gaza, e se poi si vuole restare al Libano, altre ferite si sono nel frattempo aperte, con il nuovo conflitto con Israele che ha portato tanti lutti e distruzioni.
Nel brano Yasmine Hamdan ha voluto dare espressione al suo stato d’animo di libanese che, da Parigi, dove vive da tempo, guardava sul telefono le terribili notizie che arrivavano da Beirut: una sorta di doppia residenza interiore, senza poter recidere il legame con la propria appartenenza di origine. Ma in questa impossibilità di dissociare sé stessi da quello che accade in un’altra parte del mondo, non risuona, dopo gli ultimi due anni, il sentimento di tanti di noi, incapaci di non pensare a quello che sta succedendo in “una piccola terra, con una ferita aperta”? Quelle parole che alludevano al Libano, peraltro, sono state scritte da un poeta palestinese, Anas Alaili: sposata con Elia Suleiman, il regista palestinese di Intervento Divino, Yasmine Hamdan è profondamente legata alla causa e alla cultura della Palestina: Al Jamilat, il titolo del suo secondo album personale, uscito nel 2017, era preso da una poesia di Mahmoud Darwish; il secondo brano del nuovo album, Shmaali, è basato su musica e parole provenienti dal patrimonio popolare palestinese e accompagnato da un clip con filmati di danze tradizionali.
Yasmine Hamdan è nata nel 1976, l’anno successivo all’inizio della feroce guerra civile libanese. La sua è stata un’infanzia di peregrinazioni con la sua famiglia, fra il Kuwait, la Grecia e Abu Dhabi, per trovare rifugio dalla guerra. Il padre, marxista e sulle posizioni del nazionalismo arabo di sinistra, le ha insegnato ad amare la grande canzone araba, così come Bach e Beethoven, nonché il Coro dell’Armata Rossa. In esilio Yasmine ha ascoltato Oum Kalsoum, il mito della canzone egiziana e di tutto il mondo arabo, e Fairuz, la idolatrata cantante libanese: ma anche Madonna e i Cure. Nel ’91 la famiglia di Yasmine Hamdan è rientrata in Libano. Un altro grande esempio, che si è aggiunto a quello del padre, è stato per lei Ziad Rahbani, il figlio di Fairuz, grande innovatore della scena musicale libanese recentemente scomparso, che le ha trasmesso molto in termini di senso dell’arte e disciplina.
Negli anni novanta Soap Kills, il duo di Yasmine con Zeid Hamdan – nessuna parentela – fu pionieristico nel mondo arabo e diventò di culto con la formula di canto in arabo e elettropop confezionato – facendo di necessità virtù nella difficile situazione libanese – al computer. A quel punto a Yasmine Hamdan, con la sua voce personale e sensuale, e la sua avvenenza, non sono certo mancate le occasioni per diventare una star del pop commerciale arabo. Lei ha preferito un’altra strada: lavorare sulla qualità, prendersi i suoi tempi, centellinare gli album. I Remember I Forget è stato prodotto da Marc Collin, leader del gruppo francese Nouvelle Vague, che aveva già curato la prima uscita personale di Hamdan, del 2012: interamente in arabo, il pop di essenziale e elegante impronta elettronica di I Remember I Forget conferma la coerenza di Yasmine Hamdan, e premia l’attesa dei fan, che hanno sospirato per sette anni un suo terzo album.