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I messaggi dell’Isis ai “lupi solitari”

È una delle macabre ritualità della scia di sangue e terrore che attraversa l’Europa: l’attesa della rivendicazione dello Stato Islamico. Dopo l’attentato, ci si domanda chi l’abbia compiuto e perché. Si iniziano a monitorare le agenzie come Ameq o siti vicini allo Stato Islamico, come quello del magazine Dabiq. Fino all’uscita del comunicato. La rivendicazione, come spiega a Radio Popolare Paolo Magri, in realtà è un’appropriazione di un gesto, al fine della campagna di terrore dell’Isis. E negli ultimi casi si è anche utilizzata sempre una formula – “soldato dell’Isis”. Un campo di addestramento però esiste: è internet. È nel web che l’Isis diffonde i suoi “insegnamenti” per diventare un “terrorista-fai-da-te”. Ormai è dal 2014, quando il portavoce del sedicente califfato Abu Muhammad al-‘Adnani in un suo discorso aveva detto ai proseliti al computer “colpite con ogni mezzo che avete”. Così l’Isis ha cominciato a conquistare sempre più “lupi solitari”.

Lo spiegano gli analisti come David Thompson, un giornalista di Radio France International esperto di foreign fighters francesi. C’è anche un “battaglione” dell’Isis che si occupa della jihad in rete, di cyberattacchi, del reclutamento e della diffusione del messaggio: La UCC United Cyber Caliphate. Una divisione che conduce una guerra attraverso lo nschermo di un computer. Forse il fronte su cui l’avanzata dello Stato Islamico sembra più difficile da fermare. E dove la comunicazione di Isis fa presa.

 

I LUOGHI DI CULTO – In un tweet Thompson ricorda, ad esempio, che sul numero 5 del magazine Dar El Islam, in francese, si legge un passaggio che ricorda il modo in cui hanno agito i terroristi di Saint-Etienne-du-Rouvray.

“Prima delle vostre operazioni, dovete essere certi di ciò che vedrete e di avere dei piani di riserva per ogni piano principale che avete fatto. Visitate sempre luoghi freuentati, come quelli turistici, le grandi piazze, le sinagoghe, le chiese, i luoghi frequentati dagli apostati, con lo scopo di installare loro la paura nel cuore”.

Anche uno dei kamikaze dell’attentato del 13 novembre Bilal Hadfi aveva chiamato gli altri kamikaze a colpire i luoghi di culto.

NIZZA, L’ATTACCO IN AUTOMOBILE – A settembre 2014 il portavoce dell’Isis Adnani ha cominciato a rivolgersi ai francesi. E ha elencato una serie di modi per colpire il nemico in caso si restasse senza armi: “Spaccagli la testa con una roccia, sgozzalo con un coltello, investilo con un’automobile, gettalo da un luogo alto, avvelenalo. Non tirarti indietro. Non essere spregevole”. Quell’anno, ricorda il centro di ricerca Site, un jihadista canadese di nome Martin Rouleau ha travolto in auto due soldati in Quebec. Il messaggio è stato ribadito dal combattente Abu Salman al-Faranci un mese dopo con un video in cui inneggiava ad investire con le proprie auto gli infedeli.

ANSBACH, LA BOMBA – Anche l’attentato che non ha prodotto morti ad Ansbach è frutto dell‘ispirazione di giornali jihadisti. È lì infatti che Moahammed Delel, l’autore del tentativo di strage al festival musicale, aveva imparato sui magazine del Califfato a fabbricare ordigni artigianali. Sempre secondo gli analisti francesi, si spacciava per rifugiato siriano, ma era un affiliato dell’Isis fin da anni.

https://twitter.com/Terror_Monitor/status/758056443996016640

CONSAPEVOLI DI INTERNET – Secondo il report di Flashpoint, un gruppo di ricerca che si occupa di sistemi di sicurezza della rete, i gruppi di Isis riescono a rimanere nascosti nel Dark Web, quell’immenso mare dove si può navigare anonimi e nascosti da ogni dispositivo dell’intelligence in grado di tracciare il comportamento in rete degli utenti. Altrettanto consapevoli del mezzo sono gli utenti che cercano di collegarsi con lo Stato Islamico: sono capaci di mantenere livelli di sicurezza poco comuni negli utenti medi.

  • Autore articolo
    Lorenzo Bagnoli
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    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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