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I campi in erba sintetica: da soluzione a “mostro ecologico”

Erano i primi anni del 2000 quando i campi sintetici hanno fatto la loro comparsa nei nostri centri sportivi: una soluzione alla pioggia, alla neve, ai rimbalzi irregolari, all’erba che fa fatica a ricrescere. Offrivano la possibilità di fare sport a prescindere dalle condizioni climatiche. Oggi però quei campi hanno bisogno di essere cambiati, e qui nasce il problema: cosa farne di quelli vecchi? Un quesito che non ha ancora una risposta certa, dato che i manti sono molto difficili da smaltire; sono fatti di una miscela di sabbia e gomma (solitamente quella di pneumatici delle auto) molto difficile da dividere nelle sue varie componenti e quindi complicata da riciclare. Lo stesso succede ai fili d’erba, ancora più complessi nella loro formazione chimica. Questo ha fatto sì che in molti paesi d’Europa, come Germania, Francia, Stati Uniti e Giappone questi campi venissero considerati dei veri e propri mostri ecologici, con delle discariche a cielo aperto interamente dedicate. La soluzione è stata presentata da Luca Bacchi, titolare della società Sabbie di Parma: è stato lui a portare il brevetto della macchina per riciclare e pulire i campi in Italia. Durante il programma di approfondimento sportivo Barrilete Cosmico, ha spiegato la situazione.

Luca, qual è il problema con i campi sintetici?

Oggi la questione è lo smaltimento, che è molto complicato. Molti proprietari dei campi non sanno cosa devono fare, c’è molto mala e disinformazione. Il richio è quello che tutti i campi vengano accastati e abbandonati nelle discariche, rimanendo lì per chissà quanto tempo.

C’è molta poca informazione su questo problema.

Sì, i comuni non si rendono conto che questo materiale è un rifiuto e come tale va trattato. Oggi questo non succede. Noi non ci occupiamo solo di offrire un servizio in questo senso, ma anche di spostare i campi. In Italia la legislatura in merito non è chiara, e così molti rischiano il penale. Non ci si accorge di cosa si rischia, data la natura del prodotto.

Negli ultimi 10 anni in Italia sono stati installati una media di 120 campi all’anno, senza considerare tutti quelli di oratori, scuole e centri ricreativi. I numeri sono altissimi.

Sì, noi tendenzialmente parliamo dei classici campi da calcio a 11, ma il grosso del volume sono quelli minori. Parliamo di oltre 200 tonnellate per ogni campo di una miscela formata da gomma (il tritato degli pneumatici delle auto) e sabbia, oltre l’erba che a sua volta è una miscela a oggi irriciclabile formata da parti di polipropilene, politilene, siliconi vari e tratti di ppc. Anni fa sono stati installati per motivi di comodità ma senza chiedersi cosa farne poi in seguito.

E’ giusto dire che il grosso del problema è la difficoltà nel separare i singoli elementi?

Sì. Bisogna prensare a come trasformare un problema in una risorsa. Oggi la sola soluzione è la classifca discarica, ma in quel caso dipende dal volume: il campo di piccole dimensioni viene ritirato, ma quello classico a 11 no. Non si parla neanche di prezzo, ma di volumi di cui non si sa cosa fare.

Quindi qual è la soluzione?

Il nostro brevetto ha un processo di questo genere: prende i rotoli di erba sintetica e riesce a separarne i singoli prodotti. Così la sabbia può essere rimessa sul mercato, così come la gomma che torna a essere utilizzabile. L’erba invece viene scomposta, la macchina riconosce i singoli elementi chimici e può riutilizzarla nel fare nuova plastica o nuovi campi da calcio. Così questo rifiuto diventa una risorsa. E’ importante per il discorso ambientale non usare solo nuove risorse e quindi sfruttare meno, utilizzando quanto già si è usato.

La situazione però non rigurda solo l’Italia.

Assolutamente. Io e la mia fammiglia abbiamo portato inizialmente il brevetto in Italia pensando al nostro problema italiano, senza però renderci conto che rispetto a quanto accade in altri Paesi noi non siamo neanche all’inizio, sta prendendo piede adesso il tutto. Nel mondo infatti viene chiamato Mostro Ecologico. In Francia, Germania, Texas o Giappone ci sono discariche dedicate a questo, perché non sanno cosa farci. Il problema in Italia nasce adesso, noi stiamo provando anche a fare cultura. Non è solo un discorso economico, ma è un problema serio da risolvere pirma che la situazione degeneri.

Riguarda anche il sintetico ornamentale?

Sì, è lo stesso prodotto, con la differenza che quello ornamentale non ha la stessa usura di quello sportivo quindi dura molto di più.

Esistono già dei campi riciclabili?

Sì, in Cina. Lì da più di 10 anni producono manti in erba sintetica totalmente riciclabile. Il prodotto che esce dalla fabbrica va comunque trattato, ma almeno la parte più difficile, cioè il riclico dell’erba, è minore.

  • Autore articolo
    Matteo Serra
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    L’inquietudine della provincia nel film “Ferine”, in concorso al Noir in Festival

    Trattandosi di un film horror si può raccontare poco. Ferine di Andrea Corsini si sviluppa intorno ad Irene, una donna che desidera una figlia ma nello stesso tempo è costretta a difendersi da chi la ostacola. In seguito a un incidente, la donna va in cerca di sangue per sopravvivere. Il tutto si svolge in un paesaggio vuoto e deprimente: “Cercavo una provincia in cui si respirasse solitudine e isolamento, come la villa di architettura brutalista e il centro commerciale esternamente vuoto. Il cemento da una parte e dall’altra le zone boschive, in cui si scatena l’aspetto selvaggio della storia”. Spiega Corsini, che nel film ha ricreato delle atmosfere che ogni tanto ricordano David Lynch, accompagnate dalla musica di Pino Donaggio: “È sempre stato il mio sogno, ma non avrei mai pensato di riuscirci. Non ho dovuto dirgli quasi niente per arrivare a questo risultato”. Un film prevalentemente femminile, con attrici internazionali che recitano in inglese e in cui gli uomini hanno soltanto parti in secondo piano. L'intervista di Barbara Sorrentini ad Andrea Corsini.

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    Presto Presto – Interviste e analisi - 03-12-2025

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    Lista stupri. Una delle ragazze minacciate: “L’educazione sessuo-affettiva serve ad arginare le violenze”

    L’educazione sessuale a scuola si farà solo con il consenso dei genitori degli studenti minorenni, sia alle medie sia alle superiori. Alla Camera ieri è arrivato il via libera agli emendamenti al ddl Valditara tra le proteste delle opposizioni. È stato respinto anche un emendamento che prevedeva di togliere il consenso dei genitori in caso il corso fosse organizzato dalle Asl, quindi non da associazioni ma dal servizio sanitario nazionale. Intanto, prosegue l’indagine della procura di Roma "lista degli stupri” comparsa nei giorni scorsi nei bagni del liceo romano Giulio Cesare. Al momento il reato ipotizzato è istigazione a delinquere finalizzata alla violenza sessuale. Andrea, una delle studentesse del Giulio Cesare il cui nome era presente nella lista, al microfono di Mattia Guastafierro, ci racconta qual è il clima a scuola: “Ci sono stati dei precedenti, sicuramente non così gravi: stati bruciati dei cartelloni contro la violenza sulle donne nel bagno dei maschi, sono state strappate delle petizioni messe in bacheca per sensibilizzare alla violenza di genere. Purtroppo ci sono persone che hanno avuto un'educazione familiare estremamente poco consapevole di certe cose e purtroppo questa è la prova che un argomento così terribile come lo stupro possa essere utilizzato con leggerezza e, anzi, scritto su un muro di un bagno”. Inoltre, Andrea riconosce l'importanza dell'educazione sesso-affettiva nelle scuole: "Noi passiamo tantissime ore all'interno delle mura scolastiche e quindi deve essere la scuola a insegnare ed arrivare dove la famiglia magari non riesce. C'è molta disinformazione su quello di cui si tratta nell’educazione sessuo-affettiva: serve per insegnare il consenso, per conoscere se stessi senza paure, senza timori e stigmi sociali, per accettare ogni parte di sé. Facendo questo percorso dentro la scuola inevitabilmente la violenza di genere, e le violenze in generale, vengono arginate proprio perché la violenza parte da un'insicurezza. Se noi insegniamo che va bene averle, che queste si possono gestire, come gestire le relazioni, i conflitti ed educare al consenso, io credo che queste cose non succederebbero più. La scuola se ne deve far carico".

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