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House Of Cards, arriva la sesta e ultima stagione

House Of Cards Sky Atlantic

Per gli spettatori italiani, House of Cards è una serie Sky – e infatti anche la sesta e ultima stagione va in onda in prima assoluta su Sky Atlantic. Ma negli Stati Uniti e in gran parte del resto del mondo, è una serie Netflix, anzi, è LA serie Netflix per eccellenza: la prima produzione originale della piattaforma streaming che nell’ormai lontano 2013 – in termini di evoluzione della tv, quasi un’altra era – capì che era necessario iniziare a crearsi autonomamente i contenuti, per costruire un catalogo ricco ed esclusivo da offrire agli abbonati.

House of Cards partì come prestigioso remake americano di un’apprezzata miniserie inglese: ad adattarla per il pubblico e per il panorama politico a stelle e strisce, lo sceneggiatore e commediografo Beau Willimon, già scrittore del film Le idi di marzo; a produrla e a dirigerne le prime puntate, impostando il tono estetico e narrativo, il regista David Fincher. Leggenda vuole che House of Cards sia anche il primo frutto del fantomatico algoritmo di Netflix: comparando i dati di visione degli utenti, gli analisti della piattaforma si accorsero che gran parte del proprio pubblico, fatto di giovani e acculturati professionisti, amava guardare film di Fincher, opere d’ambientazione politica, drammi con intrighi machiavellici e storie di antieroi. E così decisero di sborsare 100 milioni di dollari per la serie “perfetta”, e scipparono il progetto di House of Cards a HBO.

Cinque anni dopo, tutto è cambiato: Fincher e Willimon rimangono nomi nei titoli di testa, ma si sono nel frattempo diretti verso altri progetti, Netflix è diventata la potente concorrente da battere per i network tradizionali (e non solo), e la sesta stagione di House of Cards è priva di quello che fin qui ne era stato il protagonista incontrastato (al punto da rompere spesso la quarta parete e rivolgersi direttamente agli spettatori, come in un a parte shakespeariano), lo spietato Frank Underwood interpretato da Kevin Spacey.

L’attore, lo scorso autunno, è stato pubblicamente accusato di molestie e abusi sessuali da decine di uomini, alcuni dei quali impiegati proprio sul set di House of Cards; Netflix ha reciso ogni rapporto con la star, ma ha deciso di procedere con la produzione dell’ultima stagione della serie, quasi a voler sottolineare anche con l’evolversi della trama il (presunto) adeguamento a un nuovo corso: è ora Claire Underwood, la moglie di Frank interpretata dalla strepitosa Robin Wright, ad avanzare sotto i riflettori, a diventare presidente al suo posto, a condurre il gioco senza esclusione di colpi.

Se Robin Wright dimostra di essere una protagonista straordinaria (e d’altronde, fin dall’inizio, la sua enigmatica Claire era la vera arma segreta, sia di Frank sia della serie), il ribaltamento di prospettiva non riesce del tutto, anche perché l’assenza di Frank resta una presenza ingombrante, e forse anche perché la riscrittura è stata troppo veloce e superficiale.

Ma, al di là della specifica vicenda Spacey e del quadro più ambio degli abusi di potere hollywoodiani, nel lustro trascorso dal suo inizio House of Cards è invecchiata molto rapidamente: le storie moralmente ambigue con un protagonista crudele o dall’etica discutibile (come i capolavori I Soprano, Mad Men, Breaking Bad) hanno mostrato tutta la ripetitività di una formula applicata come un automatismo. Ma, soprattutto, guardare una Casa bianca popolata da squali senza scrupoli e governata da un presidente spietato e dittatoriale oggi riflette molto più da vicino l’attualità e il mondo reale, e quindi invece che intrattenere deprime, o fa paura.

L’intreccio tra verità e finzione di House of Cards continua così fino alla sua conclusione: ha fatto il suo tempo, e speriamo non solo lei.

House Of Cards Sky Atlantic
Foto dalla pagina FB di Sky Atlantic Italia https://www.facebook.com/SkyAtlanticIT/
  • Autore articolo
    Alice Cucchetti
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    A Milano arriva il Godai Fest: Rodrigo D'Erasmo, tra gli ideatori, ce l'ha raccontato

    Sabato 20 e domenica 21 settembre al Paolo Pini di Milano si terrà la prima edizione del Godai Fest, il festival multidisciplinare che unisce la musica alle arti performative e visive nato da un’idea del musicista Rodrigo D’Erasmo, del produttore Daniele Tortora e dell’artista visivo Cristiano Carotti per abbattere i recinti di genere e di partecipazione, connettere le arti, sperimentare nuovi linguaggi, ampliare le visioni. L’arte, in tutte le sue declinazioni, sarà protagonista di un viaggio attraverso i 4 elementi della cultura umana (Fuoco, Terra, Acqua, Aria) ai quali si aggiunge, secondo la filosofia orientale, il principio del Vuoto. Ad ogni elemento corrisponde un curatore: Rodrigo D'Erasmo in questa intervista di Elisa Graci e Dario Grande a Volume ci ha presentato il concetto e il programma di questo festival.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Vieni con me di mercoledì 17/09/2025

    Il primo Pride della Valtellina Chiavenna. L'emozione, ha fatto salir la fame! Per merenda: pane burro e acciughe con bollicina,. Poi via si torna a Milano, al Piccolo Salone del Libro Politico al Conchetta. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

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    In Etiopia inaugurata la diga della discordia

    Il 9 settembre, dopo 14 anni di lavori, l’Etiopia ha inaugurato ufficialmente la Gerd, la Grand Ethiopian Renaissance Dam, il più grande progetto idroelettrico d'Africa, e tra i 20 più grandi al mondo. Da anni la diga è anche causa di tensione con i paesi a valle del Nilo: Sudan e soprattutto Egitto, che temono di vedere ridotte le proprie risorse idriche, anche in considerazione dei sempre più frequenti periodi di siccità. “Questa diga sarà certamente uno degli epicentri di tensione di questa regione nel prossimo futuro” spiega Luca Puddu, docente di storia dell’Africa all'Università di Palermo, al microfono di Sara Milanese. Ascolta l’intervista andata in onda in A come Africa.

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    Oggi a Volume abbiamo iniziato parlando del Festival Suoni Delle Dolomiti giunto alla sua 30a edizione, ma anche del Godai Fest, evento che si terrà nel weekend al Parco Ex Paolo Pini di Milano e che ci racconta Rodrigo D'Erasmo in qualità di direttore artistico. A seguire segnaliamo il concerto-evento pro Palestina organizzato da Brian Eno che si terrà questa sera a Londra, e concludiamo con il quiz dedicato al cinema, oggi incentrato sul film Il Diavolo Veste Prada del 2006.

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