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Guarire dal coronavirus COVID-19. Cosa sappiamo?

guarire dal coronavirus

L’epidemia da coronavirus COVID-19 non ha ancora raggiunto il suo apice e il numero delle vittime e dei contagiati aumenta di giorno in giorno, ma allo stesso tempo aumentano a dismisura anche i casi di persone riuscite a guarire dall’infezione da coronavirusCOVID-19. Ad oggi i numeri ci dicono che 1.384 persone sono decedute, mentre più di 7mila sono guarite dal coronavirus.

Abbiamo provato a fare il punto della situazione col professor Norberto Ceserani, virologo dell’ospedale di Romano di Lombardia. L’intervista di Serena Tarabini a Fino alle Otto.

La modalità di trasmissione di questo virus è per via aerea, ma tramite quelle che si chiamano droplets, le goccioline che vengono emesse con la tosse o gli starnuti. Queste droplets, avendo un diametro relativamente grande, non possono restare sospese nell’aria e sono quindi trasmissibili solo per contatti molto ravvicinati tra una persona e l’altra. È difficile che, se una persona è nella stessa stanza ma a 4-5 metri di distanza, possa ricevere queste goccioline contenenti il virus. C’è da dire, però, e questo non lo sappiamo ancora perché l’epidemia è ancora in fase di evoluzione, che la contagiosità sia direttamente legata alla presenza di sintomi seri nella persona.

Se ci sono i sintomi c’è possibilità di contagio?

Verosimilmente è così. Nella letteratura scientifica è stato dimostrato che è possibile una trasmissione da persone asintomatiche o con scarsi sintomi, ma questa sembra essere l’eccezione. Le due persone di cui si parla erano a quell’epoca sintomatiche e hanno sviluppato la polmonite dopo il ricovero.

Se i sintomi non ci sono il rischio di trasmissione è inferiore?

Diciamo che è molto raro. Ad oggi la trasmissione sembra essere chiaramente legata a persone sintomatiche. Più una persona ha sintomi più verosimilmente ha una carica virale elevata.

Lo sviluppo della malattia dipende anche dalle difese immunitarie. O no?

Sicuramente sì. Le conoscenze sono ancora abbastanza imperfette, però si è visto che la possibilità di una evoluzione grave dei sintomi non avviene in tutti i casi delle persone contagiate, ma è più probabile se le persone sono persone fragili o che hanno delle patologie che le predispongono a sviluppare delle complicanze serie come il diabete, oppure malattie renali o cardiache. Tutte situazioni che compromettono l’efficienza delle difese immunitarie.

Lei ci conferma che la maggior parte delle vittime appartenevano a questa categoria di persone?

Diciamo che la letalità dell’infezione è molto bassa. Stando ai numeri che quotidianamente vengono aggiornati sul numero di casi confermati e dei decessi, la letalità si mantiene intorno ad un valore del 2%. Nel caso della SARS questa letalità era intorno al 9-10%. Se andiamo a vedere le caratteristiche delle persone che hanno avuto una evoluzione fatale, nella maggior parte si tratta di persone che avevano situazioni di base che le predisponevano ad una evoluzione infettiva seria.

Rispetto ai numeri che vengono aggiornati quotidianamente possiamo dire che si tratta di un decorso nella norma di un’epidemia virale?

La contagiosità non è elevata in assoluto. Si stima che una persona possa contagiare altre 2-3 persone, come avviene per l’influenza. È difficile dire quando verrà raggiunto il picco perché la situazione è ancora in divenire.

Adesso siamo ancora in fase di di aumento?

Sì, i dati ci dicono questo.

Si ha un’idea rispetto alla durata di questa epidemia?

È ancora prematuro dirlo. Tutto dipende da quanto e con quale efficienza il focolaio attuale verrà contenuto. La cosa importante è evitare che si sviluppino nuovi casi secondari in Paesi diversi dalla Cina, dove le autorità sanitarie stanno facendo degli sforzi enormi per contenere l’infezione, curare gli ammalati e fare in modo che l’infezione venga contenuta nelle aree del Paese già colpite.

Foto dalla pagina Facebook di People’s Daily China

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