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Auguri Sundance Kid!

Ottanta, di cui più di due terzi di cinema. Prima di approdare all’arte cinematografica negli anni ’60, Robert Redford fa gavetta con il teatro e la televisione; studia arte al Prat Institute di New York e calca le scene a Broadway. Ma prima ancora, si parla di un passato quasi da alcolista, dopo la perdita precoce della madre e un periodo bohémien, appena maggiorenne, in Italia e in Francia. Californiano di Santa Monica, figlio di texani, padre di origine irlandese, lattaio e ragioniere, Redford nasce il 18 agosto 1936.

Il successo clamoroso arriva nel 1967 con il film A piedi nudi nel parco di Gene Saks, al fianco di Jane Fonda, seguito due anni dopo da Butch Cassidy di George Roy Hill, con il già divo Paul Newman. Una coppia indimenticabile, sul set e un’amicizia che dura una vita. I due si ritroveranno a lavorare insieme nel 1974 in La Stangata, con cui Redford fu candidato all’Oscar come miglior attore protagonista. In omaggio al suo personaggio Sundance Kid, fondò il Sundance Institute nello Utah e il Sundance Film Festival, importante appuntamento con il cinema indipendente e che negli anni ’90 scoprì molti talenti, da Quentin Tarantino a Jim Jarmusch, passando per Christopher Nolan.

I film in cui Redford ha lavorato come attore sono tantissimi e quasi tutti da citare, tra quelli fondamentali le regie di Sydney Pollack tra la fine degli anni ’60 e ’80, un vero e proprio sodalizio, non solo artistico ma anche di impegno civile e politico. Si pensi a film come Corvo rosso non avrai il mio scalpo sulla guerra a I tre gorni del condor sulla CIA, Il cavaliere elettrico ancora con Jane Fonda, La mia Africa con Meryl Streep nei panni di Karen Blixen e il romantico e malinconico specchio di una generazione americana e in cui l’impegno politico gioca un ruolo importante: Come eravamo con Barbra Streisand.

Nel gioco dei film da ricordare, bisogna citare senza far torto agli altri: La caccia di Arthur Penn, Tutti gli uomini del Presidente di Alan J. Pakula, Il migliore di Barry Levinson, Brubaker di Stuart Rosenberg, Il Grande Gatsby di Jack Clayton e i più recenti: Spy Game di Tony Scott, Captain America di Antony e Joe Russo, Truth-Il prezzo della libertà di James Vanderbilt, fino all’ultimissimo Il drago invisibile, di prossima uscita al cinema, di David Lowery.

Infine, ma non ultime, le regie di Robert Redford, film in cui da autore è riuscito  ritgliarsi lo spazio e la libertà di esprimere le sue idee politiche e civili, in cui i diritti e la giustizia sono al centro dei suoi lavori, come in Leoni per agnelli del 2007, The Conspirator del 2010, La regola del silenzio del 2012. Oppure storie più comuni e rappesentative di alcuni spaccati della società americana: da Gente Comune (1980) che gli portà l’Oscar alla regia, a L’uomo che sussurrava ai cavalli (1998).

https://m.youtube.com/watch?v=iwL6T6mYTJQ

  • Autore articolo
    Barbara Sorrentini
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    Domenica 14 dicembre alle ore 10, presso la Sala Cisterne della Fabbrica del Vapore, a Milano, inaugura la mostra "50 e 50. La mostra. Radio Popolare 1975 - 2025", una delle prime iniziative organizzate per celebrare il 50esimo anniversario dalla fondazione di Radio Popolare. La mostra racconta i cinque decenni "di onda" attraverso venti storie realizzate dai fotografi che in questi anni sono stati vicini alla radio. Inoltre, la mostra ospiterà un’interpretazione creativa realizzata da Studio Azzurro dei video che ricostruiscono la storia di Radio Popolare. La mostra sarà allestita fino al 25 gennaio. Tiziana Ricci ce la racconta insieme a Giovanna Calvenzi, che ne è la curatrice.

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    L’Europa e il bellicismo crescente delle sue classi dirigenti. L’ultimo caso, quello dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone e la postura aggressiva che dovrebbe tenere la Nato. Cosa possono fare il pensiero e la cultura della pace per contrastare l’escalation bellicista e la normalizzazione della violenza? Le risposte possono non essere quelle consuete, soprattutto perché in Occidente stiamo assistendo ad un cambio delle coordinate geopolitiche costruite negli ultimi ottant’anni. Un esempio. Il settimanale «The Economist» ha scritto nella sua rubrica di geopolitica «The Telegram» apparsa oggi sulle pagine online: «In Europa le preoccupazioni per l’inaffidabilità dell’America sotto Donald Trump stanno lasciando il posto a un timore più grande: che, pur presentandosi come il campione della civiltà occidentale, egli consideri ormai le democrazie occidentali reali come avversarie. “Nella Washington di oggi” - scrive il nostro editorialista di The Telegram - l’Europa “è spesso descritta con maggiore disprezzo rispetto alla Cina o alla Russia”. Pubblica oggi ha ospitato Donatella Della Porta, scienziata della politica, e Agostino Giovagnoli, storico.

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    Nell'ultima puntata di 37e2 abbiamo letto la lettera di una persona che ha lavorato come in un Cpr, Centro di permanenza per il rimpatrio, e che con molta amarezza ha deciso di abbandonare il lavoro. La lettera ci è arrivata attraverso la Rete Mai più lager - No ai Cpr con cui siamo in contatto per raccontarvi cosa accade nei Cpr.

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