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Gaza, avanzano le trattative ma non si fermano le bombe

Gaza ANSA

La difficoltà a far entrare aiuti di ogni tipo a Gaza sta continuando a mettere in crisi gli ospedali. Le poche strutture sanitarie ancora operative sono nuovamente al limite. L’ospedale Nasser, a Khan Yunis, ha detto che potrebbe dover interrompere tutte le attività nelle prossime ore a causa dello spegnimento forzato dei generatori. La mancanza di carburante è uno dei principali problemi in questa fase della guerra, dove la Striscia ormai sta letteralmente cercando di sopravvivere.

Le violenze non si fermano. Il quadro regionale in continuo mutamento non ha più avuto alcun impatto sulla guerra. Anche oggi, secondo le autorità locali, i bombardamenti israeliani hanno fatto decine di vittime. Almeno 46 i morti. A sud sono state colpite le zone di Khan Younis e Al-Mawasi, quella che doveva essere l’area sicura per gli sfollati interni. A nord sono state bombardate nuovamente Gaza City, causando dieci vittime per il crollo di un unico edificio, e Jabalia, in una zona ormai quasi completamente evacuata. Secondo l’UNICEF, nella prima settimana dell’anno sono rimasti uccisi 74 bambini.

In questo quadro in continuo deterioramento, proseguono i negoziati indiretti tra le due parti per arrivare a una tregua e allo scambio di ostaggi israeliani e detenuti palestinesi. Le trattative si stanno tenendo a Doha, in Qatar. Fonti diplomatiche vicine ai colloqui, citate dall’agenzia Reuters, sostengono che il negoziato sia in una fase avanzata come mai prima. Lo sosterrebbero gli stessi mediatori, Qatar ed Egitto. I nodi però sarebbero sempre gli stessi, come nei mesi scorsi. Israele sostiene che fermerà le operazioni militari solo quando Hamas sarà stato completamente eliminato. Il gruppo palestinese chiede prima di tutto la fine della guerra e il totale ritiro delle forze israeliane. Sappiamo che la fine di Hamas sia un obiettivo illusorio, così come sappiamo che Israele non ha intenzione, nemmeno a conflitto finito o almeno congelato, di lasciare almeno il nord della Striscia.

L’obiettivo del negoziato sarebbe produrre un qualche tipo di intesa prima del cambio di amministrazione negli Stati Uniti, tra poco più di 10 giorni, il 20 gennaio. Lo stesso inviato di Trump per il Medio Oriente, Stephen Witkoff, ha confermato l’avanzamento nella trattativa. Mentre il presidente eletto ha ribadito la sua minaccia ad Hamas: “Se non dovesse liberare tutti gli ostaggi, il Medio Oriente diventerà un inferno”.

  • Autore articolo
    Emanuele Valenti
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    Kei Pritsker, regista con Michael T Workman del documentario “The Encampments”, racconta ai microfoni di Radio Popolare i retroscena della protesta studentesca pro Palestina alla Columbia University. “Gli studenti della Columbia protestano da anni per la Palestina e per ottenere che l’università dismetta gli investimenti in Israele – spiega Pritsker. L’università ha un ingente fondo di dotazione che investe in ogni sorta di attività, molte delle quali riguardano aziende produttrici di armi, aziende manifatturiere che realizzano armamenti, motori per elicotteri, bulldozer e ogni tipo di attrezzatura utilizzata in queste operazioni”. “The Encampments” fa parlare i ragazzi e le ragazze di questo movimento studentesco che dall’aprile del 2024 ha montato le tende nel giardino del Campus per chiedere trasparenza, il ritiro del denaro dagli investimenti israeliani e l’amnistia per gli studenti puniti per le proteste. “Chiunque creda ancora a questa narrativa sull’antisemitismo nel movimento per la Palestina dovrebbe semplicemente guardare il film – assicura Kei Pritsker”. Al momento “The Encampments” ha una distribuzione indipendente che lo diffonde nei cinema più coraggiosi. L'intervista di Barbara Sorrentini per la trasmissione Chassis.

    Clip - 27-12-2025

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    L’undicesimo episodio del podcast dell’Alleanza Clima Lavoro, a cura di Massimo Alberti, è dedicato a un tema centrale del dibattito pubblico: la Legge di Bilancio, ovvero lo strumento chiave per orientare la nostra spesa pubblica. Da sempre l’Alleanza Clima Lavoro richiama la necessità di sostenere il percorso di transizione verso un’economia a zero emissioni, integrando politiche climatiche, industriali e del lavoro, e rafforzando al contempo il welfare e la qualità della vita delle persone. La manovra economico-finanziaria del Governo per il 2026 procede, purtroppo, in direzione opposta: è una “manovra pericolosa” che, oltre a non offrire una prospettiva di decarbonizzazione, prevede un aumento delle spese militari cui si accompagnano tagli o mancati investimenti in sanità, istruzione, ambiente e politiche industriali. Nel corso della puntata emergono tutte le criticità di una Legge di Bilancio che rinuncia a svolgere un ruolo di indirizzo strategico per il futuro del Paese. Il confronto tra l’analisi della manovra e le proposte alternative per migliorarla rilancia una domanda di fondo: quale modello di sviluppo intendiamo davvero perseguire?

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