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L’Italia è in guerra?

L’Italia entra a modo suo nella guerra in Libia. E’ stato confermato ufficialmente in un documento trasmesso dal governo al Copasir (Comitato di Controllo sui Servizi Segreti) classificato “segreto”, ma subito il suo contenuto divulgato in forma anonima.

Nel documento (redatto dal Cofs, Comando Interforze per le Operazioni delle Forze speciali) si dice chiaramente che commando delle forze speciali sono stati dislocati in Libia.

La conferma avviene dopo che notizie provenienti dalla Libia, con testimonianze di ufficiali libici sul fronte di Sirte, hanno avanzato l’apprezzamento per il ruolo del governo italiano a fianco del governo Sarraj, nella lotta contro i daeshisti.

Le avvisaglie non sono nuove e ne abbiamo già parlato su questo sito lo scorso gennaio. La presenza italiana in Libia, viene spiegato nel documento governativo trasmesso al parlamento, corrisponde alla normativa approvata dalla Camera lo scorso novembre e al Senato nel dicembre 2015. Quella normativa consente al presidente del Consiglio di autorizzare missioni all’estero di militari italiani, con garanzie di immunità. La normativa inoltre limitava questi interventi ai corpi d’élite da mettere sotto la catena di comando dei servizi segreti.

Le notizie arrivate dal territorio libico ci dicono che ufficiali italiani stanno addestrando personale militare libico allo sminamento, per ridurre le predite tra le file delle milizie di Misurata inquadrate nelle forze armate libiche sotto il controllo del governo di unità nazionale guidato da Sarraj. Lo stesso Colonnello El Ghasri ha smentito la presenza di truppe italiane sul fronte di combattimento. Un sottosegretario del governo Renzi ha ammesso la presenza di forze speciali italiane in Libia. “Lo sanno tutti che da tempo teniamo ufficiali a Misurata, per addestramento allo sminamento; ma non abbiamo truppe impegnate in operazioni sul fronte”.

Adesso quindi è ufficiale che oltre ai soldati statunitensi, britannici e francesi, ci sono anche gli italiani. Ancora tecnicamente l’Italia non è in guerra in Libia, ma il passo è breve.

Le ammissioni ufficiali parlano della presenza di decine di unità, ma le agenzie stampa riportano cifre, rivelate da fonti ben informate, ma sotto garanzia di anonimato, che superano il centinaio di unità. Sarebbero paracadutisti del 9° Reggimento Col Moschin, carabinieri del Gruppo di Intervento Speciale (Gis) e incursori del 17° Stormo dell’Aeronautica Militare, dislocati a Tripoli, Bengasi e Misurata.

Il ruolo italiano, quindi, si differenzia da quello delle altre tre potenze occidentali partner nell’avventura libica. Mentre Parigi, Londra e Washington sono impegnate direttamente sul fronte e hanno perso anche dei militari sul campo, l’Italia ha scelto di lavorare sulle retrovie, per addestramenti sullo sminamento e per la protezione delle sedi diplomatiche. Oltre alla già nota, per indiscrezioni, presenza di forze speciali negli impianti petroliferi di Mellita, in supporto alle milizie libiche fedeli al governo Sarraj e ai contractors assunti dall’ENI.

Queste informazioni arrivano nel momento in cui le forze governative, grazie alla copertura aerea statunitense su Sirte, stanno restringendo l’assedio sul centro della città dove sono asserragliati i miliziani del sedicente Califfato. E parallelamente, le esportazioni petrolifere della Libia tornano a un livello inaspettato fino a due settimane fa. Le parti libiche infatti hanno raggiunto un accordo per la ripresa delle esportazioni in seguito alla maggiore sicurezza garantita agli impianti dalla restrizione delle aree sotto il controllo di Daesh a Sirte. Ma l’accordo politico non è all’orizzonte e il sostegno occidentale al governo Sarraj rischia di indebolirlo politicamente, malgrado le vittorie sul campo.

  • Autore articolo
    Farid Adly
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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Stuart Murdoch: "Il mio primo romanzo non è una biografia, ma racconta la mia storia e la storia della mia malattia"

    Il leader dei Belle & Sebastian racconta "L'impero di nessuno", il suo libro d'esordio, ai microfoni di Volume. Un libro che lui stesso definisce di autofiction: "La maggior parte delle cose che accadono a Stephen, il protagonista, sono successe anche a me". 10 anni fa, Murdoch aveva scritto una canzone con il medesimo titolo: "Il romanzo tocca gli stessi temi: Stephen ha un'amica del cuore, Carrie, entrambi hanno la stessa malattia e si sostengono e ispirano a vicenda". La malattia è l'encefalomielite mialgica: "Mentre scrivevo immaginavo il mio pubblico, e il mio pubblico era il gruppo di supporto per l’encefalomielite che frequentavo negli anni Novanta. Immaginavo di scrivere per loro, e questo mi ha aiutato a trovare il tono giusto". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Stuart Murdoch.

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    Il 7 dicembre la Scala apre la stagione con l’opera censurata da Stalin

    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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