
Non solo la disdetta di molti abbonati, aumentano anche i firmatari dell’appello rivolto a MUBI con la richiesta di chiudere ogni contatto economico con Israele.
Registi e lavoratori del cinema, tra cui Aki Kaurismaki e Miguel Gomes, chiedono alla piattaforma streaming di chiudere ogni rapporto con Sequoia Capital, società americana nota per i suoi investimenti in Apple, Google, YouTube, è finanziatrice anche della start up israeliana Kela, specializzata in tecnologia militare e, come si legge nella lettera, “esplicitamente legata al genocidio di Gaza”. Sequoia Capital, che investirà cento milioni di dollari, sarebbe entrata nel gruppo a maggio per acquisire i diritti di alcuni film presentati all’ultimo festival di Cannes.
Celebre per essere la piattaforma dei film d’autore, di classici irreperibili e di film indipendenti poco o mai distribuiti, MUBi viene fondata nel 2007 quasi per scommessa da un imprenditore cinefilo turco; si espande in dieci anni crescono gli abbonamenti, fino al boom durante il Covid. Ma per non pesare troppo sulla società del fondatore, a causa della concorrenza con gli altri canali più potenti, MUBI entra nella distribuzione, portando film nel concorso dei maggiori festival di cinema.
Punto di riferimento per appassionati di cinema, curiosi e lontani dal mainstream, a maggio MUBI ha aperto una casa di distribuzione anche in Italia, che avrebbe già acquistato i diritti del nuovo film di Paolo Sorrentino, in concorso a Venezia. La lettera degli artisti presenti sulla piattaforma, che si firmano Film Workers for Palestine, si chiude così: “Non crediamo che una piattaforma di cinema d’essai possa realmente supportare una comunità globale di amanti del cinema mentre collabora con una società coinvolta nell’omicidio di artisti e registi palestinesi”.