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Fase 2 e calcio, Massimo Moratti: “Io considererei concluso questo campionato”

Massimo Moratti

La fase 2 è iniziata anche in Italia e il mondo del calcio si trova ancora in un limbo. Il destino del campionato di calcio è ancora tutto da chiarire, ma per qualcuno si dovrebbe chiudere qui e pensare già al prossimo anno. È il caso dell’ex Presidente dell’Inter Massimo Moratti, intervistato da Claudio Agostoni a Radio Session (Stay Human).

Lei è più affascinato dalla Premier League o dal campionato spagnolo?

Premier League tutta la vita. Prima di tutto per un fatto estetico, sono più belli gli stadi, anche quelli più vecchi, ma poi giocano bene a pallone: sono veloci ed è divertente vedere le partite e sono sempre dubbie come risultato, specialmente quest’anno. È molto più interessante la Premier League.

A lei risulta che allo Stadio di San Siro prima della partita dell’Inter non si suona più “Pazza Inter” perché all’attuale allenatore non piace l’idea di una squadra pazza?

Non so se è questo il motivo, ma so che non la suonano più. È un peccato perché certamente era esaltante e dava tanti ricordi agli spettatori e ai tifosi.

Dopo settimane di lockdown, con la fase 2 ci sono state le prime aperture, ma per quanto riguarda il calcio si sa poco o nulla. Lei cosa farebbe?

Io considererei concluso questo campionato di calcio e inizierei a preparare il prossimo. Anche se adesso tutti parlano dell’importanza sociale del calcio, lo sappiamo da tempo, far giocare insieme una squadra di calcio è un esempio negativo per l’attenzione che dobbiamo continuare ad avere soprattutto da oggi al vivere normalmente la nostra vita. Questo virus, specialmente a Milano, non mi pare sia stato sconfitto…

Se il campionato non andasse avanti, lo scudetto andrebbe alla prima in classifica o questo è l’ultimo dei problemi?

Sinceramente penso che questo sia l’ultimo dei problemi, anche per la gente e per i tifosi. Credo che in questo momento tutti hanno pensieri molto più pesanti e gravi, ma anche un sentimento di paura che ci mette in condizione di non star lì dalla mattina alla sera a pensare al calcio. Si pensa, si è tifosi e piace l’idea di poter rivedere il calcio, ma aspettare due o tre mesi non cambia niente.

Secondo lei quello che sta succedendo porterà ad un ridimensionamento del mondo del calcio?

Il mondo del calcio è sempre vissuto in una bolla tutta sua. I valori del calcio, se messi a paragone coi valori della vita, sono sempre stati esagerati, ma sono sempre stati accettati dalla gente che ha sempre fatto il tifo per questi valori. Alla gente interessa che tu prendi i grandi giocatori, qualunque sia il costo. Penso però che il calcio continuerà a vivere in una bolla, magari meno grande e meno diversa dalla realtà.

Ha sentito qualche calciatore o atleta in questo periodo insolito?

Ho sentito pochissime persone, ma mi sembra che siano tutti molti responsabili e attenti alle proprie famiglie e nei confronti del virus. Tutti hanno voglia di riprendere la loro attività, ma un forte senso di responsabilità lo hanno tutti. Chi poi ha avuto il virus è assolutamente contrario a qualsiasi ripresa.

Se io le nomino qualche calciatore, lei mi nomina un aggettivo da associare?

Proviamo!

Giacinto Facchetti.

Responsabile.

Ronaldo.

Non può essere altro che fenomeno.

Bobo Vieri.

Un buono complicato.

Taribo West.

Pazzo.

Diego Simeone.

Volitivo.

Álvaro Recoba.

Fantastico.

Iván Zamorano.

Grande amico.

Marcello Lippi.

Professionista serio.

José Mourinho.

Bravissimo.

Foto | Football Club Internazionale Milano

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    L’Europa e il bellicismo crescente delle sue classi dirigenti. L’ultimo caso, quello dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone e la postura aggressiva che dovrebbe tenere la Nato. Cosa possono fare il pensiero e la cultura della pace per contrastare l’escalation bellicista e la normalizzazione della violenza? Le risposte possono non essere quelle consuete, soprattutto perché in Occidente stiamo assistendo ad un cambio delle coordinate geopolitiche costruite negli ultimi ottant’anni. Un esempio. Il settimanale «The Economist» ha scritto nella sua rubrica di geopolitica «The Telegram» apparsa oggi sulle pagine online: «In Europa le preoccupazioni per l’inaffidabilità dell’America sotto Donald Trump stanno lasciando il posto a un timore più grande: che, pur presentandosi come il campione della civiltà occidentale, egli consideri ormai le democrazie occidentali reali come avversarie. “Nella Washington di oggi” - scrive il nostro editorialista di The Telegram - l’Europa “è spesso descritta con maggiore disprezzo rispetto alla Cina o alla Russia”. Pubblica oggi ha ospitato Donatella Della Porta, scienziata della politica, e Agostino Giovagnoli, storico.

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