Approfondimenti

No a plebisciti sulla costituzione

Vasco Erran è uno dei cosiddetti pontieri del referendum. L’ex presidente della Regione Emilia Romagna cerca di trovare uno spazio di dialogo tra il fronte del Sì e quello del No all’interno del Pd.

Con lui parftiamo dall’invito a un confronto pubblico fatto da Matteo Renzi a Carlo Smuraglia, presidente dell’Anpi.

“E’ un passo nella direzione giusta, un passo utile a svelenire la discussione tra il Sì e il No, perché sulla Costituzione dobbiamo evitare plebisciti, costruire una discussione vera e riconoscere le ragioni del No”.

Il presidente dell’Anpi Smuraglia ha detto: “Non basta un invito”. E’ segno che si è già andati troppo oltre?

“Non conosco le dichiarazioni di Smuraglia, ma penso che dobbiamo prima di tutto recuperare un rapporto con l’Anpi. Ho detto, qualche giorno fa, che bisogna stare attenti alle parole, alle dichiarazioni, perché rischiano di produrre delle rotture profonde che vanno in tutti i modi evitate. Quindi, si cominci questo lavoro di riconoscimento, di confronto serio. Io penso che sarà utile”.

Lei trova che la spersonalizzazione che Renzi ha introdotto recentemente sia un segno di saggezza, di furbizia? Ha in qualche modo riconosciuto l’errore di aver personalizzato troppo il referendum costituzionale?

“Sì, io penso che ‘l’uno contro tutti’ sia sempre un errore, e lo è ancora di più sulla Costituzione. Quindi questo è un passo – diciamo così – ma a questo passo deve corrispondere anche una qualità del confronto. Io ho posto una questione: il rapporto tra riforma costituzionale e legge elettorale non è equilibrato. Bisogna cambiare l’Italicum, perché l’Italicum è pensato sostanzialmente su due poli. Invece ormai abbiamo tre poli e la legge elettorale così concepita è un elemento che non dà qualità alla rappresentanza. Dopo il 4 ottobre ci sarà la sentenza della Corte costituzionale, ma è importante che il Pd assuma una iniziativa politica per modificare l’Italicum. Questo sarebbe un altro segnale importante per recuperare una situazione difficile, quella nella quale ci troviamo”.

A questo punto le chiedo una previsione su come andrà a finire: secondo lei ci saranno queste modifiche all’Italicum?

“Ci debbono essere, per dare un equilibrio al sistema istituzionale della rappresentanza. Per questo auspico, e chiedo, che il Pd assuma una iniziativa rapidamente. Moltissimi sostenitori del No pongono questo problema. Non rispondere, per me, sarebbe un errore incomprensibile”.

Parlare delle elezioni nel 2018 – e quindi togliere l’elemento plebiscitario che invece Renzi ha cavalcato per molti mesi – è una questione che paradossalmente può condizionare il risultato referendario da un punto di vista del merito del quesito?

“Favorisce la qualità del confronto e, visto che parliamo di Cosituzione, questo è un elemento fondamentale. La Costituzione deve essere un quadro di riferimento in cui ci riconosciamo come cittadini italiani, al di là di come la pensiamo. Bisogna stare molto attenti. Un’idea seria delle istituzioni richiede il coraggio di un salto di qualità in alto che è fondamentale”.

A proposito però di fare una discussione nel merito, non condizionata da altri elementi: l’incontro di Ventotene tra Renzi, Hollande e Merkel ha evidenziato il livello di sofferenza raggiunto dall’Unione europea. Non c’è il rischio che l’elemento dell’instabilità italiana nel quadro europeo si imponga nella scelta tra Sì e No al referendum?

“L’Europa deve essere profondamente rinnovata, riformata. Dobbiamo uscire dalle logiche dell’austerità, affrontare con una qualità diversa la questione dell’immigrazione e quella dei rifugiati, dare una dimensione politica e sociale all’Europa. Detto questo, voglio essere chiaro su questo punto: è il popolo italiano che decide sulla Costituzione italiana, non i giornali internazionali. L’Italia è un Paese forte e stabile”.

E se fossero i fautori del Sì ad alimentare la dimensione europea per garantire la stabilità, lei cose penserebbe, che è un altro sbaglio come la personalizzazione?

“Renzi ha giustamente detto tante volte: ‘Siamo un Paese forte, non siamo più gli scolaretti che devono prenderi i voti dagli altri Paesi’. Ed è bene che lo diciamo tutti, perché riguarda l’autonomia dell’Italia”.

Come vede però in questo momento la posizione italiana all’interno della dimensione europea. Il vertice di Ventotene ha messo in luce anche i punti di debolezza dell’Europa…

“Io credo che l’Italia stia facendo un’azione importante per uscire dalle politiche che hanno dominato l’Europa in questi ultimi anni e che si sono dimostrate fallimentari. Bisogna essere sempre più determinati in questa azione. E io penso che il Pd debba aprire un confronto serrato dentro il Partito socialista europeo, perché così non è all’altezza della sfida che abbiamo di fronte e del progetto di rilancio e di ricostruzione di un’idea di Europa. Poi bisogna anche affrontare le grandi questioni sociali del nostro Paese: le politiche industriali, per esempio. Poi non capisco cosa intenda Renzi quando dice che la minoranza del Pd non vuole ridurre le tasse. Questa è una battuta. Bisogna però avere ben presente che c’è un principio costituzionale, per noi irrinunciabile, che è quello della progressività: chi più ha più paghi. Bisogna rilanciare il welfare. Se non rispondiamo alla questione sociale, si rischia di andare in una direzione sbagliata – ce lo ha detto il risultato delle amministrative”.

Insomma, si capirà nella legge di stabilità se ci saranno queste risposte…

“E’ un grande appuntamento”.

 

  • Autore articolo
    Massimo Bacchetta
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    Gran Bretagna e Germania, i grandi malati d'Europa. Il primo ministro britannico Starmer e il cancelliere tedesco Merz sono entrambi proiettati in una rincorsa della destra estrema. Il laburista britannico Starmer, due settimane fa: «restauriamo ordine e controllo», titolo di un documento presentato alla Camera dei Comuni. Il democristiano tedesco Merz: ci vogliono «controlli ai confini e respingimenti» perchè «l’immigrazione ha un impatto sul paesaggio urbano». Proprio così. Germania e Gran Bretagna, due potenze economiche mondiali: la Germania (80 milioni di abitanti) con il terzo pil del mondo (dopo Stati Uniti e Cina); il Regno Unito (con 60 milioni di abitanti) con il sesto pil mondiale (dopo la Germania c’è il Giappone e l’India e poi il Regno Unito). La “malattia” (la rincorsa ad essere a volte più a destra delle destre) rischia di cambiare i connotati a tradizioni politiche europee centenarie: come il laburismo britannico, il popolarismo democristiano tedesco insieme alla socialdemocrazia, sempre in Germania. Pesa, inoltre, un discorso pubblico sempre più contaminato da un lessico guerresco. Che danni può provocare questa “malattia” in due paesi fondamentali del continente europeo? Pubblica ha ospitato la storica Marzia Maccaferri (Queen Mary, University of London) e il giornalista Michael Braun (corrispondente da Roma del berlinese Tageszeitung).

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    Paolo Bergamaschi, già Consigliere Politico Commissione Esteri Parlamento Europeo, analizza lo scontro Europa-Russia, tra minacce e timidi segnali di dialogo. Francesco Vignarca, ricercatore e analista della Rete Pace e Disarmo, racconta l'impatto del piano di riarmo sulla politica dell'Unione, trainato dall'industria e soprattutto dalla finanza. Le mobilitazioni dei lavoratori dell'Ilva non si fermeranno finché i patti non saranno rispettati, perché nessuno comprerà gli stabilimenti se non ci saranno prima degli interventi, come ci spiega Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia della Fiom-Cgil. Giulia Riva giornalista e nostra collaboratrice racconta la giornata internazionale delle persone con disabilità a partire dai dati sul lavoro dove le donne con disabilità sono ancora più penalizzate degli uomini (mentre in Lombardia le aziende preferiscono pagare 82 milioni di multe che assumere persone dalle categorie protette) e poi da atleta paralimpica lancia una sfida alla città di Milano che il lascito delle Olimpiadi invernali in partenza a febbraio sia almeno concretamente utile.

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