Approfondimenti

DK: l’alter ego di Diabolik

“Mi sono sempre chiesto come sarebbe stato Diabolik se le sorelle Giussani, creandolo, avessero fatto riferimento ai fumetti americani invece che al feuilleton francese di inizio secolo scorso. O semplicemente avessero trovato modo di conciliare quelle due fonti di ispirazione. Col passare degli anni, di tanti anni, mentre Diabolik cumulava successi su successi, consolidava la sua posizione ‘nell’immaginario collettivo degli italiani’ (come usano scrivere i giornalisti), evolveva nella grafica e nella psicologia, ho continuato a pensare a un’altra sua possibile realtà. Per intenderci: una realtà che stesse a Clerville come Clerville sta alla nostra. Una realtà parallela diversa, deviata, riconducibile per qualche elemento a quella che i lettori conoscono da cinquant’anni… ma chiaramente ‘altra’. Così è nato DK.”

Così afferma Mario Gomboli, che dalle geniali Sorelle Giussani ha ricevuto il testimone dell’Astorina, da sempre casa editrice dell’affascinante Diabolik. Insieme a Tito Faraci e a Giuseppe Palumbo, Gomboli firma le quattro uscite mensili (la prima appena pubblicata e tutte composte da tre capitoli) della miniserie che segna la nascita del nuovo personaggio “altro” da Diabolik. DK sa poco di sé (“Io so chi non sono”), ha una cicatrice che rimanda ad antiche sofferenze e con il piu’ “solare” (per modo di dire) Diabolik, condivide la passione per il crimine, sia pure venata di inquietudine esistenziale. Di certo c’è che anche DK puo’ contare sulle celebri copertine di Matteo Buffagni e che in edicola lo si trova abbinato agli inediti di Diabolik.

Mario Gomboli è stato ospite di Cult pochi giorni dopo la prima uscita di DK.

Ascolta l’întervista a Mario Gomboli

Mario Gomboli parla di DK

Ecco  i dettagli della prima stagione:

N° 1 – 1° Novembre 2015 (Il morto, Il massacro, La trappola)

N° 2 – 1° Dicembre 2015 (Il ratto, La giudice, L’incontro)

N° 3 – 1° Gennaio 2016 (I colpi, L’inganno, Arrivederci)

N° 4 – 1° Febbraio 2016 (Incroci, L’evasione, Game over)

  • Autore articolo
    Ira Rubini
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    Lista stupri. Una delle ragazze minacciate: “L’educazione sessuo-affettiva serve ad arginare le violenze”

    L’educazione sessuale a scuola si farà solo con il consenso dei genitori degli studenti minorenni, sia alle medie sia alle superiori. Alla Camera ieri è arrivato il via libera agli emendamenti al ddl Valditara tra le proteste delle opposizioni. È stato respinto anche un emendamento che prevedeva di togliere il consenso dei genitori in caso il corso fosse organizzato dalle Asl, quindi non da associazioni ma dal servizio sanitario nazionale. Intanto, prosegue l’indagine della procura di Roma "lista degli stupri” comparsa nei giorni scorsi nei bagni del liceo romano Giulio Cesare. Al momento il reato ipotizzato è istigazione a delinquere finalizzata alla violenza sessuale. Andrea, una delle studentesse del Giulio Cesare il cui nome era presente nella lista, al microfono di Mattia Guastafierro, ci racconta qual è il clima a scuola: “Ci sono stati dei precedenti, sicuramente non così gravi: stati bruciati dei cartelloni contro la violenza sulle donne nel bagno dei maschi, sono state strappate delle petizioni messe in bacheca per sensibilizzare alla violenza di genere. Purtroppo ci sono persone che hanno avuto un'educazione familiare estremamente poco consapevole di certe cose e purtroppo questa è la prova che un argomento così terribile come lo stupro possa essere utilizzato con leggerezza e, anzi, scritto su un muro di un bagno”. Inoltre, Andrea riconosce l'importanza dell'educazione sesso-affettiva nelle scuole: "Noi passiamo tantissime ore all'interno delle mura scolastiche e quindi deve essere la scuola a insegnare ed arrivare dove la famiglia magari non riesce. C'è molta disinformazione su quello di cui si tratta nell’educazione sessuo-affettiva: serve per insegnare il consenso, per conoscere se stessi senza paure, senza timori e stigmi sociali, per accettare ogni parte di sé. Facendo questo percorso dentro la scuola inevitabilmente la violenza di genere, e le violenze in generale, vengono arginate proprio perché la violenza parte da un'insicurezza. Se noi insegniamo che va bene averle, che queste si possono gestire, come gestire le relazioni, i conflitti ed educare al consenso, io credo che queste cose non succederebbero più. La scuola se ne deve far carico".

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    Basil Baz evoca il suo amore per la Polaroid, per la bellezza dello spazio bianco intorno all’immagine, che gli permetteva di scrivere la data e dare un titolo alla foto; spesso era ispirato da una canzone. Come le fotografie, le canzoni sono memorie nel tempo, e in PoPolaroid accompagno la musica con istantanee sonore; scatti personali, sociali e soprattutto sentimentali.

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