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Dignità nazionale calpestata

L’economia egiziana ha registrato una crescita del 5% nel 2° trimestre del 2017. In aumento di mezzo punto rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il paese più popoloso dell’Africa e del mondo arabo fa gola a tutti gli gli investitori, malgrado i disastri politici legati al mancato rispetto dei diritti umani.

Anche gli imprenditori italiani di fronte al business egiziano non si tirano indietro. In un anno e mezzo di raffreddamento dei rapporti diplomatici, lo scambio commerciale non ha subito crolli. Le esportazioni continuano a crescere di anno in anno dal 2014 e nei primi sei mesi del 2017, sono salite del 10% rispetto allo stesso periodo del 2016, anno dell’assassinio di Giulio Regeni. E’ vero che nel 2106, le importazioni sono leggermente calate, ma nel 2017 sono riprese a galoppare: + 26%.

Cito un rapporto della Farnesina: “Al pari dell’interscambio commerciale, nonostante la crisi politica si è assistito ad un consolidamento della presenza delle nostre aziende in Egitto, che operano sia attraverso investimenti diretti che partecipando ai grandi progetti di sviluppo attuati dalle autorità egiziane”. I settori che vedono la presenza italiana in Egitto sono gas e petrolio con Eni e Edison, settore bancario e finanziario con San Paolo Intesa. Pirelli, Ansaldo, Breda ed Italcementi sono le società italiane maggiormente impegnate nei settori industriali.

Il business non è scalfito dalla difesa della dignità nazionale, calpestata sotto i talloni degli assassini di Regeni.

La ministra della Pianificazione egiziana, Hala el Saed, ha precisato che i settori che hanno registrato dati positivi sono quelli del turismo, delle telecomunicazioni e immobiliare. “Nonostante le sfide economiche, il paese è in grado di rialzare l’indice di crescita economica e di aumentare gli investimenti diretti esteri”.

Questo ulteriore sviluppo degli indici economici, malgrado il crescente impoverimento della popolazione e la crisi occupazionale che attanaglia una grossa fetta della manodopera egiziana, costretta a emigrare in situazioni drammatiche, è imputabile alle misure di apertura alle imposizioni del Fondo monetario internazionale (Fmi). Nel mese di novembre 2016, il governo egiziano ha lanciato una serie di riforme indicate dallo stesso Fmi, tra cui le misure per il controllo dell’instabilità del tasso di cambio, attraverso un accordo di 12 miliardi di dollari per sostenere le riforme fiscali. Finora l’Fmi ha erogato all’Egitto per quell’accordo circa 4 miliardi di dollari.

Lo scorso 18 agosto, l’agenzia statunitense di rating Moody’s, con sede a New York, ha mantenuto stabile l’outlook sull’Egitto, assegnando un giudizio di “B3”, cioè sufficienti capacità di far fronte agli impegni di breve periodo.

L’ambasciatore dell’Egitto in Italia, Hesham Badr, è arrivato mercoledì a Roma dove nei prossimi giorni presenterà le lettere di credenziali al ministro Alfano. L’ambasciatore dell’Italia in Egitto, Giampaolo Cantini, è arrivato al Cairo nello stesso giorno e sarà ricevuto dal ministro degli Esteri egiziano Sameh Shukri.

La memoria corta del governo italiano ha fatto dire all’ex premier Letta, che “il governo egiziano ci prende in giro”. Probabilmente la dichiarazione ha più motivi di politica interna, ma le parole di Letta fotografano la situazione reale nei rapporti tra Italia e Egitto.

Due giorni prima dell’arrivo dell’ambasciatore al Cairo, le autorità di sicurezza egiziane hanno fatto sparire, per 48 ore, l’avvocato della famiglia Regeni, Ibrahim Metwalli. Partito per Ginevra dall’aeroporto del Cairo, non è mai arrivato sull’aereo e le autorità di polizia e giudiziarie per due giorni hanno negato di sapere che fine abbia fatto. Familiari e amici sono rimasti in ansia per ben due giorni. Sparizioni forzate, le chiamano le associazioni di difesa dei diritti umani, e colpiscono, in Egitto, ogni anno migliaia di cittadini. Lo stesso figlio di Metwalli, uno studente universitario di 22 anni, è scomparso dal luglio 2013 e non si è saputo più nulla della sua sorte.

L’avvocato della famiglia Regeni è ricomparso in carcere, arrestato per motivi di sicurezza dello Stato. Doveva andare in Svizzera, alla sede dell’Onu per riferire, alla Commissione Internazionale competente, sulle sparizioni forzate in Egitto.

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    Farid Adly
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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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