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Da Seul a Lima fino a Washington: le democrazie a rischio

Yoon Suk-yeol - democrazie a rischio

L’autogolpe, tentato dal presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol con motivazioni incomprensibili, si iscrive in una lunga tradizione di tentativi di prevaricazione estrema dell’esecutivo sul legislativo nelle democrazie deboli. Ma non solo: in Perù è successo due volte negli ultimi tre decenni, la prima volta riuscita con Alberto Fujimori nel 1992, la seconda fallita nel 2022 con Pedro Castillo. Tornando più indietro nel tempo, nel 1973 la dittatura militare in Uruguay era iniziata con l’autogolpe del presidente democratico Bordaberry. In tutti questi casi la minaccia paventata era quella del terrorismo, vero o presunto, sia in versione Sendero Luminoso e Tupamaro, sia in versione nordcoreana. Ma i tentativi di chiudere i conti in modo radicale con il Parlamento si sono manifestati anche aizzando la folla perché irrompesse nelle aule parlamentari affinché, ad esempio, non venisse confermata l’elezione di un nuovo presidente, come abbiamo visto a Capitol Hill nel 2021 e a Brasilia nel 2023. Sia Donald Trump sia Jair Bolsonaro hanno negato di essere responsabili di ciò che avevano fatto i loro sostenitori, anche se le inchieste giudiziarie smentiscono entrambi.

La radice di queste frizioni, che possono diventare in taluni casi veri e propri tentativi di colpo di stato, risiede nella costruzione contemporanea della leadership. Sempre di meno il capo di stato, nei paesi dove questo viene scelto direttamente dal corpo elettorale, sopporta che un potere legislativo che magari non controlla possa ostacolare la sua azione. È la consueta parabola dell’uomo solo al comando, che diventa sempre più tossica per la democrazia. L’ascesa di leadership carismatiche, anche grazie ai social media, crea l’illusione che effettivamente quella persona da sola possa governare senza ostacoli. Nella complessa macchina dello Stato e dei rapporti tra i poteri, invece, questo non è quasi mai vero: per questo Milei in Argentina non ha eliminato una moneta locale come promesso, e Trump non è riuscito a finire il muro che separa il suo paese dal Messico. Avrebbero potuto farlo in un paese come la Russia o l’Iran, dove il regime al potere non deve rendere conto a nessuno e Parlamento e giustizia sono sottomessi all’esecutivo.

La diffusione della tecnica dell’autogolpe, prima annunciato e poi eseguito, è un ulteriore imbarbarimento della vita politica, un gradino in più rispetto alle democrazie illiberali dell’Europa dell’Est. Qui non si tratta soltanto — e già non è poco — di zittire la stampa o le ONG, o condizionare il potere giudiziario, ma di tentare il controllo del legislativo con la forza, chiudendolo quando non si adegua ai desiderata del capo. Chi non accetta le regole del gioco non dovrebbe giocare, si potrebbe concludere. Ma ovviamente nessuno di questi aspiranti autocrati dichiara le sue intenzioni prima di essere eletto, anche se, quando tentano di forzare la mano, usano come alibi l’essere stati legittimati dal popolo.

  • Autore articolo
    Alfredo Somoza
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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Una Napoli sconosciuta in bianco e nero in “Sotto le nuvole” di Gianfranco Rosi

    Già vincitore di un Leone d’Oro per “Sacro Gra” nel 2013 e di un Orso d’Oro tre anni dopo alla Berlinale, Rosi riceve anche il Premio Speciale della Giuria di Venezia 82. In “Sotto le nuvole” l’esplorazione si sposta nella Napoli della circumvesuviana, in un bianco e nero inedito per la città dei mille colori, tra la terra che ogni tanto trema, sotterranei archeologici in mano alla camorra, la centrale dei Vigili del Fuoco, le fumarole dei Campi Flegrei e il Porto di Torre Annunziata con con una nave siriana che scarica grano ucraino. “È il mio primo film non politico” sostiene Rosi, eppure nel fuoricampo di “Sotto le nuvole” il non detto arriva anche in senso politico. L'intervista di Barbara Sorrentini

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