
I sarkozysti ferventi che lo acclamano ancora come un eroe o un martire. I suoi vicini, gli abitanti del quartiere più ricco di Parigi, il XVI arrondissement, a cui ha fatto miliardi di regali fiscali da presidente, che lo applaudono a scena aperta questa mattina all’uscita di casa verso la prigione. Infine, gli accoliti fedeli e affiliati, ex deputati e senatori che gli intonano la Marsigliese per omaggiarlo alla partenza verso il carcere: è roba da tifosi e azionisti, o appunto da vassalli e sottoposti.
Più inquietante, invece, è che, in questo contesto di propaganda iperbolica che tenta di innalzare il riconosciuto colpevole Sarkozy al rango di martire della Repubblica, vittima di una giustizia iniqua e vendicativa, il condannato in questione sia stato ricevuto all’Eliseo dall’attuale presidente Macron qualche giorno prima dell’incarcerazione — come a testimoniare una certa solidarietà — o, ancor più, che riceva nei giorni a venire l’annunciata visita in carcere dell’attuale Ministro della Giustizia, Gérald Darmanin, che fu uno dei suoi più fedeli colonnelli e resta un sarkozysta d’origine controllata.
Inquietante per la separazione dei poteri, per l’indipendenza della giustizia e, ancor più, per la difesa della legittimità dei giudici nello spazio pubblico. A dirlo non sono gli editorialisti della stampa di sinistra francese, né il sindacato della magistratura — la più a sinistra delle associazioni di magistrati — ma Rémy Heitz, il più alto magistrato di Francia, procuratore generale della Corte di Cassazione.
Rispondendo questa mattina ai giornalisti della radio pubblica francese, che si interrogavano sull’indulgenza — per non dire sulla condiscendenza — di gran parte della classe politica francese verso il primo ex Presidente della storia pluricondannato a finire in carcere. Non disonore per l’indegnità del condannato verso la carica e l’onere presidenziale, ma accanimento giudiziario e delitto di lesa maestà da parte di giudici troppo severi, per non dire politicizzati.
Al di là della nemesi di una destra che invoca volentieri una giustizia più severa, e il cui ultimo leader indiscusso, nonché presidente eletto, finisce pluricondannato e incarcerato, la questione è istituzionale, per non dire democratica. E se c’è uno scandalo da denunciare in occasione dell’entrata in prigione di Sarkozy, sono le condizioni delle prigioni francesi, con 84.000 detenuti per 64.000 posti letto, per le indegnità delle quali la Francia è già stata più volte condannata dalla Corte di Giustizia Europea.
Condizioni che il detenuto Sarkozy non dovrà sperimentare, visto che sarà in isolamento, in cella singola, guardato a vista — per non dire assistito — da un secondino sempre disponibile, e forse per non più di qualche settimana, visto il ricorso contro l’incarcerazione presentato dai suoi avvocati al giudice delle libertà, che dovrà pronunciarsi sulla detenzione entro i prossimi due mesi.