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Cresce la finanza etica nel mondo

Borsopoly

In questi ultimi dieci anni dopo il crack di Lehman Brothers è cresciuta la finanza etica nel Mondo, mentre quella tradizionale continua a essere superficiale e ad addossare le proprie colpe sul risparmiatore, senza riuscire a spiegare in modo chiaro cosa sta succedendo.

Ce ne parla Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica, e ci spiega cosa è cambiato in questi dieci anni, come sono cresciute le risposte etiche e come i cittadini hanno iniziato ad avere maggiore consapevolezza circa i propri investimenti. L’evento Borsopoly, da oggi in Piazza Affari a Milano, si inserisce proprio in questo contesto.

L’intervista di Claudio Jampaglia a Giorni Migliori.

Ho sempre avuto due percorsi paralleli nella mia vita. Uno, all’inizio, era quello che mi piaceva: studiare fisica e fare anche un dottorato. L’altro invece da quello dell’impegno civile che ho fatto in “Mani Tese” per tanti anni. Ad un certo punto Mani Tese è stato uno dei fondatori di Banca Etica e poi questo in realtà è diventato anche una fonte di reddito. Quindi ho cominciato a lavorare proprio per il gruppo Banca Etica, ne sono diventato amministratore e poi grazie anche al fatto che siamo una cooperativa, per cui conta anche la capacità di relazione e divisione che puoi trasmettere ai soci, sono diventato presidente della banca 8 anni fa. Un percorso un po’ anomalo, infatti quando i miei figli dicono “babbo cosa ha studiato” tendo ad essere un po’ schifo, non dico che faccio il banchiere, anche se tecnicamente lo sono.

10 anni della crisi di Lehman Brothers. Questa è una delle motivazioni di Borsopoly e delle vostre iniziative per riportare la luce su che cos’è la finanza, che cosa sono i meccanismi che regolano e che dovrebbero regolare l’economia e come sono saltati. La crisi ha portato coscienza e ha portato una crescita, un avvicinarsi di risparmiatori e investitori a Banca Etica e ai valori della finanza etica oppure prevale la paura?

Sicuramente i 10 anni della della crisi sono stati anni di crescita della finanza etica non soltanto in Italia per il gruppo Banca Etica, ma in tutto il Mondo.
Le esperienze di finanza sostenibile, proprio quelle più alternative e più storiche sono sono cresciute. Questo è sicuramente positivo anche perché sono cresciute bene, cioè facendo utili e dimostrando di funzionare e di essere meno rischiose della finanza tradizionale. È anche positivo, e qui semmai si annida un po’ la paura, il fatto che soprattutto nel campo di investimenti oggi tutti parlano di investimenti sostenibili. Il mercato si è allargato moltissimo e la paura è che appunto quando BlackRock, che è il più grosso investitore mondiale, comincia a porsi come esperto di finanza sostenibile perché ha un settore di fondi che magari non investono nel clima – quando poi il resto dei suoi finanziamenti in realtà va come as usual dentro i cambiamenti climatici – hai paura che la finanza etica possa essere trasformata e assorbita trasformata dal sistema. Però diciamo che bisogna anche essere contenti che le persone sono attente, i giovani chiedono e vogliono più attenzioni.

Che cosa vi preoccupa della concorrenza ai limiti ogni tanto della lealtà? Di fatto ogni banca ormai è un filone responsabile…

I numeri sono molto buoni. In 10 anni di crisi è cresciuto il nostro tasso medio anno di fare credito del 18%, mentre invece il sistema bancario è diminuito di oltre di oltre il 20% nello stesso nello stesso periodo. I numeri sono abbastanza chiari, la finanza etica è solida. Devo dire siamo anche tranquilli sulla “competizione” sulla responsabilità, ben venga che le banche si misurino anche in base alla capacità di misurare gli impatti sociali e ambientali. Quello che ci preoccupa è la disattenzione del regolatore: se chiunque può inventarsi un prodotto, chiamarlo “responsabile” e poi dietro non c’è niente, beh questa si chiama concorrenza sleale, no? È come quando nel biologico chiunque poteva dirsi produttore attento alla natura e non c’erano disciplinari, non c’erano forme di controllo. Il rischio è il fai da te in cui è il marketing a prevalere rispetto alla sostanza. È vero, c’è una grande disinformazione e anche tutto il meccanismo dell’educazione finanziaria sembra aver spostato sui risparmiatori la colpa se hanno preso delle fregature dalle banche. Questi meccanismi effettivamente ci sono, per cui c’è da lavorare – da qui anche Borsopoly – perché la finanza non sia più vista come qualcosa di talmente ostico che non ce ne occupiamo. Quello che ci preoccupa è più questa questa superficialità nel mondo della finanza che tende ad addossare al risparmiatore colpe che non ha e non a spiegare mai in modo possibilmente semplice cosa sta succedendo coi loro soldi.

Borsopoly

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Stuart Murdoch: "Il mio primo romanzo non è una biografia, ma racconta la mia storia e la storia della mia malattia"

    Il leader dei Belle & Sebastian racconta "L'impero di nessuno", il suo libro d'esordio, ai microfoni di Volume. Un libro che lui stesso definisce di autofiction: "La maggior parte delle cose che accadono a Stephen, il protagonista, sono successe anche a me". 10 anni fa, Murdoch aveva scritto una canzone con il medesimo titolo: "Il romanzo tocca gli stessi temi: Stephen ha un'amica del cuore, Carrie, entrambi hanno la stessa malattia e si sostengono e ispirano a vicenda". La malattia è l'encefalomielite mialgica: "Mentre scrivevo immaginavo il mio pubblico, e il mio pubblico era il gruppo di supporto per l’encefalomielite che frequentavo negli anni Novanta. Immaginavo di scrivere per loro, e questo mi ha aiutato a trovare il tono giusto". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Stuart Murdoch.

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