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Crazy Ex-Girlfriend: la serie che (non) avete mai visto

crazy ex-girlfriend

Mentre il mondo aspetta, col fiato sospeso, la fine di Il trono di spade, negli Stati Uniti sta per concludersi un’altra serie, di cui – almeno in Italia – si è parlato pochissimo. Certo, non è per tutti: innanzitutto è una commedia, e si sa che l’umorismo, tanto più se è sottile, è un fatto estremamente soggettivo. Oltretutto, è un musical: genere che, soprattutto sui nostri lidi, provoca facilmente allergia. Inoltre, a livello superficialmente estetico, non ha nessuna delle qualità “cinematografiche” di tante altre serie prestigiose, come i True Detective o i Breaking Bad: solo una manciata di location ricorrenti, fotografia colorata e luminosa, pochi virtuosismi di messa in scena, è proprio tv che fa la tv. Si intitola Crazy Ex-Girlfriend, ed è una creatura di Rachel Bloom, giovane autrice americana (classe 1987), che l’ha ideata insieme ad Aline Brosh McKenna, sceneggiatrice di commedie romantiche (tra cui Il diavolo veste Prada).

Rachel Bloom è diventata celebre grazie ad alcuni video, diffusi su YouTube e diventati virali, nei quali univa in modo brillante la parodia di un sottogenere musicale a testi ironici, diretti, scorretti nel vero senso della parola: tra i più celebri, Fuck Me Ray Bradbury (apprezzato dallo scrittore stesso, quand’era ancora in vita) e la versione storicamente accurata di una canzone da principessa Disney. La stessa matrice umoristica torna in Crazy Ex-Girlfriend, che segue la protagonista Rebecca Bunch (interpretata da Bloom stessa) nell’impulsiva decisione di abbandonare tutto ciò che aveva ottenuto (due lauree, a Yale e a Harvard, e un lavoro strapagato in uno dei più prestigiosi studi legali di Manhattan) per trasferirsi in un’anonima cittadina della provincia californiana dove corteggiare il suo ex fidanzato dei tempi del liceo, che – lei ne è certa – è la sua anima gemella. È una premessa bizzarra, che dà però il via a un percorso spesso esilarante, e altrettanto spesso profondamente intelligente, fino alla scomodità: a partire dal titolo, con quel crazy, “pazza”, che spesso si affibbia alla leggera in una società occidentale che ancora rimuovere dal discorso collettivo le patologie mentali, quando non ne è apertamente terrorizzata.

In ogni puntata di Crazy Ex-Girlfriend (durata quattro stagioni) ci sono almeno due o tre momenti musicali, quasi sempre ispirati a un particolare tipo di videoclip o a un numero di Broadway o a un musical cinematografico: qualche volta si tratta di gag di comicità pura (esempio: la canzone prematrimoniale in stile metal), ma più spesso la presa in giro serve a smascherare una verità nascosta o taciuta (esempio: il pezzo super pop che inneggia al girl power ma in realtà propone ancora un’ideale femminile iper sexy offerto allo sguardo maschile). Il femminismo in tutte le sue sfumature (anche critiche e contraddittorie) è una parte importante di Crazy Ex-Girlfriend, così come l’attenzione all’inclusività, anche nel casting, dove troviamo attori e personaggi di svariate etnie, identità e orientamenti sessuali, con una naturalezza che si vorrebbe sentire più spesso, anche nella realtà.

Soprattutto, però, tra le risate, le battute e il sole californiano, la serie esplora il grande inganno del “vero amore”, coltivato per almeno un secolo da una cultura pop occidentale ossessionata da colpi di fulmine e anime gemelle, per distrarsi dal fatto che crescere, scoprirsi e accettarsi è una faccenda maledettamente complessa. Come recitava la sigla della prima stagione: “la situazione è molto più complicata di così”. Per cui, grazie, Crazy Ex-Girlfriend e Rachel Bloom, per averci permesso di riappropriarci, con ironia folgorante, di una verità piena di sfumature.

Foto | Facebook

  • Autore articolo
    Alice Cucchetti
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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Stuart Murdoch: "Il mio primo romanzo non è una biografia, ma racconta la mia storia e la storia della mia malattia"

    Il leader dei Belle & Sebastian racconta "L'impero di nessuno", il suo libro d'esordio, ai microfoni di Volume. Un libro che lui stesso definisce di autofiction: "La maggior parte delle cose che accadono a Stephen, il protagonista, sono successe anche a me". 10 anni fa, Murdoch aveva scritto una canzone con il medesimo titolo: "Il romanzo tocca gli stessi temi: Stephen ha un'amica del cuore, Carrie, entrambi hanno la stessa malattia e si sostengono e ispirano a vicenda". La malattia è l'encefalomielite mialgica: "Mentre scrivevo immaginavo il mio pubblico, e il mio pubblico era il gruppo di supporto per l’encefalomielite che frequentavo negli anni Novanta. Immaginavo di scrivere per loro, e questo mi ha aiutato a trovare il tono giusto". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Stuart Murdoch.

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