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COVID-19 e scarcerazioni: parlano i magistrati Anna Canepa e Stefano Musolino

scarcerazione

Il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, durante il question time alla Camera di ieri, ha annunciato un provvedimento contro le scarcerazioni di alcuni detenuti a causa del coronavirus COVID-19. Si tratterebbe di un decreto che consentirebbe ai magistrati di sorveglianza di rivalutare “alla luce del nuovo quadro sanitario, l’attuale persistenza dei presupposti per le scarcerazioni di detenuti di alta sicurezza e al regime di 41 bis“.

Gran parte delle ordinanze con cui sono state disposte le recenti scarcerazioni, tutte per gravi patologie, fanno riferimento all’emergenza COVID-19. In molti sostengono che ora si chiedano le scarcerazioni non soltanto per una legittima preoccupazione, ma anche perché in questo momento di emergenza è più facile ottenerle.

Ora che l’emergenza sanitaria in Italia sta lentamente rientrando, Il ministro Bonafede vorrebbe rivedere la situazione. Oggi a Prisma abbiamo affrontato il tema con i magistrati Anna Canepa, sostituto procuratore alla Direzione Nazionale Antimafia, e Stefano Musolino, sostituto procuratore alla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. Ecco un estratto dell’intervista di Lorenza Ghidini e Alessandro Braga.

La possibilità delle scarcerazioni per motivi di salute durante l’emergenza COVID non dipende dal reato commesso, ce lo conferma?

Anna Canepa. Certamente. La tutela della salute riguarda tutte le persone e a maggior ragione i detenuti che si trovano in una situazione particolare. Vi è la necessità di contemperare questa esigenza costituzionalmente tutelata con le esigenze della sicurezza. Rientriamo assolutamente negli ambiti legali di tutela della salute, ci mancherebbe altro: siamo uno stato di diritto. Nulla ha a che vedere col decreto Cura Italia, qui stiamo parlando delle scarcerazioni che riguardano un numero molto inferiore rispetto alla popolazione carceraria. Parliamo dei detenuti che sono in alta sicurezza o al 41bis, soggetti particolarmente pericolosi.

Molti dicono: se questi detenuti sono in isolamento, cosa c’entra l’emergenza COVID?

Anna Canepa. I detenuti al 41bis scarcerati sono 3, gli altri sono detenuti pericolosi di alta sicurezza. Sicuramente chi è detenuto al 41bis è meno esposto dei detenuti che si trovano in dieci in una cella. È isolato, ma viene comunque in contatto con gli operatori di polizia penitenziaria, che a loro volta rischiano parecchio.

Nei giorni scorsi Roberto Saviano è intervenuto nel dibattito sulle scarcerazioni: “Garantire la salute del detenuto, di qualunque detenuto, dall’ex boss al 41bis al detenuto ignoto, è fondamentale, è un atto che ha una efficacia antimafia immediatamente misurabile perché un carcere che non è democratico, diventa immediatamente un carcere dove comandano le mafie“. Lei come vede questa polemica?

Stefano Musolino. Concordo con la conclusione di Saviano, mi sembra molto ragionevole e molto fondata e anche un po’ eccentrica rispetto al percorso letterario a cui Saviano ci aveva abituato.
È evidente che su questa vicenda si stanno giocando altre battaglie e ci sono altre questioni che, purtroppo, la sovrastano. È una questione estremamente delicata perché siamo al limite tra le esigenze di vari interessi coinvolti, dall’interesse dello Stato ad assicurare la sicurezza pubblica attraverso strumenti preventivi particolarmente incidenti sulla vita delle persone, al il diritto delle persone detenute di non dover sopportare trattamenti inumani e avere garanzia assoluta dei loro diritti di salute.
Sono entrambi valori estremamente rivelanti che meriterebbero un’attenta riflessione e che sicuramente non meritano interventi come quelli che si stanno accumulando e che sono interventi dettati da un’urgenza che non è solo quella di gestire le dinamiche che si stanno sviluppando, ma di gestire anche altre dinamiche politiche parallele che si intersecano con questa vicenda. E questo non aiuta né il legislatore né l’opinione pubblica a comprendere esattamente quali sono i valori in gioco e quale deve essere il miglior atteggiamento per gestire questa vicenda.

Potete ascoltare l’approfondimento integrale di Prisma nel podcast disponibile a questo indirizzo.

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    Sala, la Città 30? Se ne occuperà il prossimo sindaco. “Irricevibile” replica Legambiente

    A Milano si torna a parlare di sicurezza stradale dopo gli ultimi tre investimenti di pedoni che si sono verificati in città. Un uomo di 87 anni è morto dopo essere stato investito sulle strisce pedonali da un furgone guidato da una persona che non si è fermata a prestare soccorso, un ragazzo di 12 anni è in coma colpito in zona Vigentina e un altro di 9 anni è ricoverato non in pericolo di vita per un investimento nella zona di piazza Durante. Oggi i giornalisti hanno chiesto al sindaco Beppe Sala perché Milano non prende provvedimenti per moderare la velocità dei mezzi a motore in città, provvedimenti come la Città 30, attiva a Bologna e Lodi ad esempio. “È difficile farla passare per le norme nazionali, è molto complesso. Noi andremo avanti per completare il percorso intorno alle scuole poi credo sia un tema che dovrà affrontare chi mi succederà”, ha detto Sala. “Parole irricevibili”, replica il responsabile trasporti di Legambiente Lombardia Federico Del Prete, intervistato da Roberto Maggioni

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