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Cooperative sociali anno zero

Roma, anno zero DB, Dopo Buzzi.

Il processo a Mafia Capitale è cominciato il 20 ottobre con la speranza che le gesta del burattinaio degli appalti romani, Salvatore Buzzi, potessero rimanere solo cronaca nera. Secondo i magistrati, Buzzi aveva molti a libro paga, primo della lista Luca Odevaine, ex capo gabinetto stipendiato dai clan per prendere le decisioni giuste. Era lui, Buzzi, “l’organizzatore che gestisce, per il tramite di una rete di cooperative, le attività economiche della associazione nei settori della raccolta e smaltimento dei rifiuti, della accoglienza dei profughi e rifugiati, della manutenzione del verde pubblico e negli altri settori oggetto delle gare pubbliche aggiudicate anche con metodo corruttivo,  che si occupa della gestione della contabilità occulta della associazione e dei pagamenti ai pubblici ufficiali corrotti”.

Un sistema tentacolare che ha contaminato tutto. “La cooperazione a Roma è in crisi, una crisi filosofica ma anche sostanziale”, spiega ai microfoni di Radio Popolare Emiliano Monteverde, assessore alle Politiche sociali del Primo Municipio. Perché se il sistema a Roma è stato sempre bloccato, la colpa è anche dei non collusi: “In parte si è rinunciato a sperimentare e innovare”, lasciando i bisogni senza risposte, spiega Monteverde.

Intervista a Emiliano Monteverde

Le premesse per un cambiamento, però, non sono delle migliori. Il 3 ottobre Repubblica racconta che all’università Roma 3 i servizi per gli immobili saranno gestiti dalla cooperativa Formula Sociale, vecchia conoscenza delle carte di Mafia Capitale. Per tre anni. La società si aggiudica l’appalto attraverso l’Associazione temporanea di impresa con il Consorzio nazionale dei servizi di Bologna. Base d’asta dell’appalto: 37 milioni di euro, aggiudicazione a 14,9 milioni.

Il presidente di cooperativa Formula sociale si chiama Claudio Caldarelli, già arrestato con Mafia Capitale. Ecco cosa si dice di lui nell’ordinanza di custodia cautelare: “Claudio Caldarelli, partecipe, punto di collegamento tra l’organizzazione e le istituzioni politiche, crea flussi finanziari illeciti e contribuisce alle operazioni corruttive e di alterazione delle gare pubbliche. Con le aggravanti di essere l’associazione armata e dell’avere finanziato le attività economiche controllate con i proventi di delitti.”

Mafia Capitale non ha mai fatto accoglienza

Riavvolgiamo il nastro e torniamo al dicembre 2014. Lo nota per primo Giovanni Moro, sociologo e autore di Contro il non profit:  la percezione dell’opinione pubblica di fronte al terzo settore è che sia tutto colluso. La storia che fa più scandalo è quella de La Cascina: una superpotenza in orbita Comunione e Liberazione che si è presa anche il Cara di Mineo. Presidente è Carmelo Parabita, detto Carmine. Uomo che compare anche in una mail della Cupola degli appalti di Expo (i famosi Frigerio e Greganti) per mettere insieme le mani sull’appalto della Città della Salute.

Insieme a Parabita, a reggere La Cascina, ci sono Salvatore Menolascina e Francesco Ferrara. La loro coop è dominatrice assoluta della “ristorazione collettiva”: dalla Lombardia alla Puglia, non c’è regione che sia fuori dal giro. Secondo quanto rivelano le intercettazioni di Luca Odevaine, negli ultimi anni a Roma i due principali gruppi che gestivano l’accoglienza – uno di orbita Cl (La Cascina, appunto) e uno vicino al Vaticano (Arciconfraternita) – si erano fusi. Di nuovo, nessuna alternativa?

Non tutto è perduto, stando a leggere una lettera di quasi un anno fa con la quale i lavoratori de La Cascina hanno preso le distanze dalla dirigenza collusa: “Troviamo insopportabile che il nostro lavoro e le nostre storie personali vengano associate al mondo squallido e criminale che sta venendo fuori dall’inchiesta – scrivono in una lettera aperta pubblicata sul sito contropiano.org -. Lo vogliamo dire con chiarezza che noi, insieme ai cittadini di questa città, siamo le prime vittime di un sistema mafioso, clientelare e corrotto, che ha condizionato la vita pubblica a Roma. L’assalto ai soldi pubblici si è mosso di pari passo con lo scardinamento della convivenza civile, in una città lacerata dalle tensioni sociali, acuite dalla carenza e dallo spreco delle risorse destinate al welfare comunale”.

La speranza che qualcosa di diverso esista si chiama Ala, Assemblea lavoratori accoglienza. Il gruppo nasce come risposta al sistema di Mafia Capiatle e chiede da mesi un’accoglienza diversa: piccoli centri diffusi su tutto il territorio invece che mega alppalti che finiscono sempre agli stessi. Una proposta sdoganata ora a tutti i livelli, dopo le parole del Papa.

Probabilmente, si ricomincia da qui.

  • Autore articolo
    Lorenzo Bagnoli
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    1) “Il mondo non deve lasciarsi ingannare: a Gaza il genocidio non è finito”. Il nuovo rapporto di Amnesty International ci chiede di non voltare la faccia dall’altra parte. (Riccardo Noury - Amnesty Italia) 2) Negligenza e corruzione. Cosa c’è dietro l’incendio del complesso residenziale di Hong Kong costato la vita a decine di persone. (Ilaria Maria Sala, giornalista e scrittrice) 3) Stati Uniti, l’attacco di Washington potrà avere effetti a lungo termine sulle politiche migratorie dell’amministrazione Trump e sulla vita di migliaia di migranti. (Roberto Festa) 4) Francia, dall’estate 2026 torna il servizio militare volontario. Il presidente Macron ha annunciato oggi quello che sembra più che altro un segnale politico e strategico. (Francesco Giorgini) 5) Spagna, una marea di studenti e professori in piazza a Madrid contro i tagli alle università pubbliche. La regione della capitale, guidata dalla destra, è quella che spende meno per gli studenti in tutto il paese. (Giulio Maria Piantedosi) 6) World Music. Entre Ilhas, l’album che celebra diversità e affinità musicali degli arcipelaghi della Macaronesia. (Marcello Lorrai)

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    A oltre un mese dall’annuncio del cessate il fuoco nella striscia di Gaza, le autorità israeliane stanno ancora commettendo il crimine di genocidio nei confronti della popolazione palestinese. Un nuovo rapporto di Amnesty International, che contiene un’analisi giuridica del genocidio in atto e testimonianze di abitanti della Striscia di Gaza e di personale medico e umanitario, evidenzia come Israele stia continuando a sottoporre deliberatamente la popolazione della Striscia a condizioni di vita volte a provocare la sua distruzione fisica, senza alcun segnale di un cambiamento nelle loro intenzioni. Martina Stefanoni ne ha parlato con Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia.

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    Poveri ma belli di giovedì 27/11/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 27-11-2025

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    Stuart Murdoch: "Il mio primo romanzo non è una biografia, ma racconta la mia storia e la storia della mia malattia"

    Il leader dei Belle & Sebastian racconta "L'impero di nessuno", il suo libro d'esordio, ai microfoni di Volume. Un libro che lui stesso definisce di autofiction: "La maggior parte delle cose che accadono a Stephen, il protagonista, sono successe anche a me". 10 anni fa, Murdoch aveva scritto una canzone con il medesimo titolo: "Il romanzo tocca gli stessi temi: Stephen ha un'amica del cuore, Carrie, entrambi hanno la stessa malattia e si sostengono e ispirano a vicenda". La malattia è l'encefalomielite mialgica: "Mentre scrivevo immaginavo il mio pubblico, e il mio pubblico era il gruppo di supporto per l’encefalomielite che frequentavo negli anni Novanta. Immaginavo di scrivere per loro, e questo mi ha aiutato a trovare il tono giusto". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Stuart Murdoch.

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    Il 7 dicembre la Scala apre la stagione con l’opera censurata da Stalin

    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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