Approfondimenti

“Come si comanda il mondo” di Galli e Caligiuri

Come si comanda il mondo

Giorgio Galli e Mario Caligiuri
Come si comanda il mondo
Rubettino editore
229 pagine

Chi è che comanda il mondo? Quale la vera razza padrona? Da questo saggio che si propone di analizzare i meccanismi d’affermazione dell’egemonia delle élites, si deduce che a comandare l’intero pianeta siano poche persone, a capo di un pugno di una cinquantina di banche e multinazionali. Oltretutto intrecciate tra loro. Nel senso che le une posseggono pacchetti di azioni delle altre in una fitta compartecipazione, cosa che rende ancora più controllati gli indirizzi economici e politici degli stati.

I veri potenti non sono i premier e i loro ministri, che si trovano a un gradino al di sotto e che spesso sono costretti a cooptare a livello istituzionale, mettendosi accanto figure che provengono direttamente dallo stesso ambiente bancario e industriale che ha finanziato le loro campagne elettorali.

A suo tempo i romanzi di Edith Wharton avevano raccontato con chiarezza, come nella New York di fine Ottocento – inizio Novecento, le famiglie che contassero davvero fossero un nucleo ristrettissimo. E la futura scrittrice, che da bambina alla domanda: cosa desideri fare da grande, rispondeva “diventare la più elegante della città”, apparteneva a una delle dieci più importanti. Avendo quindi dei costumi, delle regole interne a quella compagine, della morale a volte stravolta sotto l’onda dei mutamenti impetuosi del capitalismo e dell’emergere di nuovi ricchi, una conoscenza approfondita e di prima mano. Che nelle odierne società democratiche nulla sia cambiato da allora, può far impressione, se poi si pensa che la concentrazione del potere si estende pressoché all’intero pianeta, c’è da tremare. E come conseguenza da fine anni Settanta a oggi, viene da dire, una disparità di reddito mai vista nella storia tra i pochi grandi ricchi e la vasta popolazione.

Se un tempo neanche troppo lontano un manager incassava qualcosa come centinaia di volte il salario di un operaio, ora lo vede moltiplicato per migliaia di volte. Tra le concause probabili di tutto questo: neoliberismo, finanziarizzazione dell’economia, globalizzazione, caduta del muro di Berlino, nuove tecnologie, e strategia d’attacco della classe padronale.
Di questa concentrazione di potere in poche mani non c’è percezione diffusa, chi detiene le leve del comando globalizzato non ama comparire nei talk show e sui giornali. E mass media e stampa, che sono del resto proprietà degli stessi, svolgono bene il loro lavoro di occultamento dello stato reale delle cose.

Del resto, secondo gli autori del libro Come si comanda il mondo, i mezzi di comunicazione più prestigiosi sono in grado di fare da battistrada e di imporre l’agenda delle notizie alla selva di testate minori. E così il cerchio si chiude. Chi sfugge alla regola e parla di questo stato di cose, è facile venga tacciato di essere un complottista. Accusa da cui Galli e Caligiuri si difendono citando una selva di dati e cercando di dare un respiro teorico a questo loro lavoro sulle élites, risalendo tra gli altri a Gaetano Mosca, Vilfredo Pareto, e rifacendosi in particolare a Wright Mills. Gli studi su tale concentrazione del comando, che non data da ora, sono parecchi, ma quel che è certo è che i loro risultati non appartengono al senso comune, che per il momento si limita a prendersela con la sola casta dei politici.

Per disegnare il futuro del mondo c’è bisogno che i potenti si confrontino periodicamente a un livello ristretto. Controllate con inviti a persona, tra le sessioni periodiche dei super club, si annovera il Foreign Relation, attivo dal 1921, tra i cui partecipanti ci sono businessmen, finanzieri, politici, giornalisti, accademici di livello internazionale, Tra i membri direttivi, bastano due nomi: Tdjane Thiam, amministratore delegato di Credit Suisse, e Kofi Annan per quasi un decennio segretario generale dell’ONU.

Più noto il gruppo Bilderberg nato nel 1954 che da allora si riunisce annualmente. Se da qualche tempo sono resi noti i nomi dei partecipanti, l’agenda degli argomenti e il risultato delle discussioni restano segreti. Nel direttivo sono presenti esponenti della Goldman Sachs, partecipano agli incontri i presidenti oltre che della banca citata, anche di JP Morgan Chase e Merrill Linch, Presidenti e AD presenti nell’elenco delle 65 persone più influenti del mondo. Tra gli italiani John Elkann, presidente Fiat Chrysler, nonché membro del direttivo Bilderberg, Mario Draghi, Mario Monti, Franco Bernabè, Romano Prodi, Carlo De Benedetti… i giornalisti Lucio Caracciolo, Lilli Gruber, Monica Maggioni.

C’è poi la Trilateral Commission fondata nel 1973 da David Rockefeller, Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski, con 400 membri americani, europei e giapponesi. Viene qui citato un documento della commissione del 1977 dove si afferma che i problemi di governabilità delle tre aree sono dovuti a un “eccesso di democrazia”. Mario Monti ha ricoperto il ruolo di presidente del gruppo europeo, gli è succeduto Jean Claude Trichet, ex presidente della BCE, presidente onorario Peter Sutherland, esponente chiave di Goldman Sachs.

Skull and Bones Society è legata all’università di Yake, cui hanno fatto parte i presidenti americani Bush, e pure lo sfidante democratico di Gorge W. Bush figlio, John F, Kerry.

Un ruolo di formazione dei più importanti manager l’hanno le università, che peraltro li annoverano nei loro consigli di amministrazione. Harvard in testa, seguita dalla Stanford University, New York University e via elencando.

Ci sono inoltre diverse logge massoniche, superlogge internazionali. 

Tutto si tiene.

Nella nutrita serie di appendici del libro – molto, molto utili e rapide da decifrare – troviamo i nomi delle 50 multinazionali più potenti del mondo: in cima alla lista Barklays Plc. Unica italiana, al 43° posto, l’Unicredit. Pure qui le banche molto presenti. Moltissime le americane, abbastanza numerose le inglesi, qualche francese, tedesca, giapponese, svizzera. La Cina con la sola China Petrolchemical Group Co, sta in fondo all’elenco.

Rivelatrice l’appendice sui media, con la sfilza di giornali e reti televisive in possesso ciascun singolo gruppo di numerose altre testate. In testa New York Times Company. Non mancano i nomi dei loro maggiori azionisti: banche e multinazionali, come sempre.

Incuriosisce sapere chi sono stati i principali finanziatori delle campagne elettorali delle presidenziali USA e con quale cifra. E qui tra i donatori, oltre alle banche e alle multinazionali, compare anche qualche importante università. Scorrendo i nomi delle 65 persone che comandano il mondo, il lettore medio farebbe fatica a riconoscere qualche esponente. Se i loro nomi possono dire poco, più significativo è andare alle società di cui sono AD o presidenti. James Staley, John MacFarlane, entrambi Barclays, Timoty Armour di Capital Group Companies, eccetera. Qui l’italiano Giuseppe Vita di Unicredit è al 56° posto. Pochissime le donne.

Oltre alla graduatoria dei potenti, corredata oltre che della società che dirigono anche della nazionalità, è illuminante percorrere la casella che indica di cosa sono stati manager nello loro precedente carriera. E di nuovo abbiamo conferma dell’intreccio fitto tra incarichi finanziari, industriali, politici, accademici. Le carriere sono spesso trasversali.
Quello che non è scontato per il senso comune, abituato a percepirle come entità individuali frutto di uomini di genio, è che anche in Google, Facebook, Apple, Amazon, tra i maggiori detentori delle loro azioni ci siano banche e società diverse dalla capofila, per un valore di milioni di dollari ciascuna e a volte di miliardi.

Un libro da leggere con calma e non divorare questo di Giorgio GalliMario Calgiuri, tante sono le informazioni. Dopodiché non resta che meditare circa le implicazioni e ricadute sulla democrazia, il rapporto tra questi pochi che reggono le leve del comando e i molti espropriati senza voce in capitolo. E quando osserviamo in prima fila un politico, un giornalista, un docente opinionista, chiediamoci se sia davvero indipendente o non abbia alle spalle qualcuno di questi nomi o di queste sigle.

Come si comanda il mondo
La copertina del libro “Come si comanda il mondo”
  • Autore articolo
    Bruna Miorelli
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    Un modo per capire come cambia una città è guardare chi la abita. A Milano il ricambio di abitanti è altissimo: solo il 40% degli attuali residenti abitava in città anche 15 anni fa. In questo lasso di tempo Milano ha registrato una lenta crescita di abitanti (al 31/12/2024 aveva raggiunto quota 1.407.000), l'attrattività resta alta, ma come una spugna poi butta fuori una fetta della popolazione. Per spiegare cosa è successo bisogna guardare chi viene a vivere in città e chi se ne sta andando. Secondo i report delle università milanesi e delle agenzie immobiliari è la classe medio-bassa ad andarsene. Nei primi sei mesi del 2025 il 57% dei milanesi che ha comprato casa, l’ha comprata fuori città dice Tecnocasa. Ne abbiamo parlato con l'urbanista Alessandro Coppola coordinatore della ricerca Metro Mosaic di Politecnico, Bicocca, CNR e Sapienza, con Fabiana Megliola responsabile ufficio studi del gruppo Tecnocasa e con alcuni milanesi intervistati per strada.

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