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Cinque dollari a vaccino. Il prezzo della vita

La polmonite uccide quasi un milione di bambini ogni anno. Molti si potrebbero salvare, se il vaccino non costasse troppo. Per questo da tempo Medici senza frontiere (Msf) sta conducendo un dura battaglia contro due colossi farmaceutici, Pfizer e GlaxoSmithKline (GSK), perché riducano il prezzo del vaccino antipneumococco, a 5 dollari statunitensi per bambino, nei Paesi a più alto tasso di povertà tra cui Repubblica Centrafricana, Etiopia, Sud Sudan e Uganda, Nigeria, India, Congo Indonesia. Sono aree del mondo dove l’immunizzazione dei piccoli non arriva o spesso arriva troppo tardi. E si muore.

“Siamo medici che hanno visto morire di polmonite troppi bambini e per questo non ci arrenderemo fino a quando non avremo la certezza che tutti i Paesi possano permettersi il vaccino”, scrivono i medici nella loro campagna.

“Pfizer e Gsk impongono prezzi talmente alti per questo vaccino – è l’accusa di Msf – che molti governi e organizzazioni umanitarie non sono in grado di acquistarlo per vaccinare i bambini. Dopo aver guadagnato più di 28 miliardi di dollari con la vendita del vaccino antipneumococco, riteniamo che le due aziende possano permettersi di ridurre il prezzo in modo da consentire a tutti i Paesi poveri di proteggere i loro bambini da questo flagello dell’infanzia, la polmonite”.

Pfizer (che recentemente si è fusa con Allergan, creando un nuovo colosso) e GSK hanno di fatto il monopolio del vaccino e questo da loro una formidabile forza sul mercato.

Tra i diversi motivi che rendono difficile la distribuzione di vaccini ai bambini dei Paesi poveri, c’è quello dei prezzi elevati, ed è una questione che più di altre misura la disuguaglianza tra il Nord e il Sud del mondo.

Medici senza frontiere nel suo ultimo rapporto The Right Shot, superare le barriere per ottenere vaccini più accessibili e adeguati alle realtà dei Paesi in via di sviluppo, mostra come nei Paesi più poveri la vaccinazione di un bambino sia diventata oggi 68 volte più costosa rispetto al 2011 e molte parti del mondo non possano permettersi nuovi vaccini a prezzi elevati come quello antipneumococco contro la polmonite.

Ehi Pfizer, perché i tuoi vaccini hanno prezzi fuori dalla portata dei bambini che ne hanno bisogno?”. Questo è il provocatorio interrogativo rivolto da Msf alla potente multinazionale del farmaco.

Alle contestazioni di Msf ha risposto GlaxoSmithKline: “Non possiamo scendere a 5 euro al vaccino, sotto il prezzo di costo perderemmo il guadagno e non saremmo più in grado di garantire la fornitura”.

Secca la replica di Medici senza frontiere: “Il prezzo imposto dalle compagnie è il doppio di quanto i Paesi in via di sviluppo dovrebbero pagare. GSK e Pfizer affermano che perderebbero soldi vendendo il vaccino antipneumococco a 5 dollari. A loro diciamo: aprite i vostri libri contabili e mostrate a noi, ai donatori e ai governi quanto vi costa davvero produrre questo vaccino”.

Stella Egidi, è responsabile medico di Medici Senza Frontiere.

Perché questi bambini non possono avere il vaccino?

Per il prezzo elevato e le difficoltà logistiche di trasporto, distribuzione e somministrazione dello stesso.

Voi chiedete di far pagare 5 dollari un vaccino nei paesi in via di sviluppo, oggi quanto costa?

Come succede per molti altri vaccini, il prezzo del vaccino antipneumococco non è fisso, ma stabilito di volta in volta per ogni Paese in base alle singole negoziazioni condotte dalle case farmaceutiche. Il prezzo varia quindi in base a considerazioni legate alla presunta capacità di un paese di pagare un determinato prezzo. Questo comporta che non sempre le valutazioni economiche colgono la reale capacità di acquisto dei paesi, imponendo quindi prezzi iniqui a paesi che non possono permetterseli.

Quindi qual è la situazione dei prezzi?

Variano, ad esempio da 10 dollari a ciclo vaccinale (3 dosi) per i paesi che sono sostenuti dal programma GAVI (iniziativa benefica globale che mira a favorire l’implementazione di alcuni vaccini attraverso un sistema di finanziamento parziale della spesa, ndr) a 70-80 dollari a dose in Paesi a medio sviluppo come alcuni del Medioriente e del Maghreb.

Voi chiedete a Pfizer e Gsk di abbassare il prezzo del vaccini a 5 dollari, ma loro vi possono rispondere che non sono enti di beneficenza.

Non ci aspettiamo beneficenza dalle multinazionali farmaceutiche, ma certamente ci aspettiamo equità e responsabilità rispetto a un problema che non riguarda beni di lusso ma diritti essenziali, come quello alla salute. La richiesta di un prezzo di 5 dollari per le tre dosi di vaccino necessarie a vaccinare un bambino derivano proprio da una considerazione di questo genere: in base alle stime fatte, questo prezzo consentirebbe comunque un margine di guadagno alle case farmaceutiche pur venendo incontro al reale potere di acquisto dei Paesi.

Avete avuto delle risposte da parte delle due multinazionali?

Non ci risulta. Tendono a ribadire quanto hanno sempre sostenuto: i prezzi stabiliti derivano dalle spese sostenute dall’industria per lo sviluppo e la produzione del farmaco.

A che punto è la vostra campagna?

Portiamo avanti la petizione Un vaccino giusto, al prezzo giusto (al momento sono state raccolte circa 133 mila firme, di cui 18.165 in Italia, uno dei primi Paesi per numero di adesioni, ndr) con l’obiettivo di raggiungere 500mila firme entro aprile prossimo. Abbiamo ovviamente bisogno del sostegno di tutti quanti condividono questa causa e pertanto ribadiamo l’invito a firmare l’appello che trovate sul nostro sito.

  • Autore articolo
    Piero Bosio
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    Lo stato dell’economia italiana. Il caso Italia è «un esempio per l’Europa», come ha scritto sul Financial Times una penna amica del governo Meloni un paio di settimane fa? Oppure – come sostiene invece Liberation (prima pagina 17 novembre ) – il governo Meloni è solo un miraggio economico? Pubblica ha ospitato l’economista Francesco Saraceno, il quale ha "spulciato" voce per voce le principali variabili dell'economia italiana: dal Pil ai prezzi, dall’occupazione ai salari, passando per la produttività, la gestione del debito pubblico e del fisco.

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