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Ci sarà uno scontro tra Turchia e Siria?

Gli sviluppi dell’intesa tra i curdi e il regime di Assad per la regione di Afrin sono ancora poco chiari. Questa mattina i media di Damasco davano per imminente l’arrivo di truppe fedeli al governo siriano nel nord-est della Siria, zona che Assad abbandonò quasi subito dopo l’inizio della guerra. E la tv di stato siriana avrebbe già cominciato a trasmettere dalla città di Afrin. Ma non si conoscono al momento molti altri particolari.

L’accordo sarebbe esclusivamente militare. Funzionari curdi, citati dall’agenzia Reuters, hanno ribadito più volte nelle ultime 24 ore che non c’è un accordo politico su quella regione. Ma la notizia di oggi ci dice che il futuro del nord della Siria dipenderà proprio dalla natura di questa intesa, che conferma per l’ennesima volta la complessità della guerra, combattuta attraverso una fitta rete di alleanze variabili.

La Turchia ha cominciato la sua seconda campagna nel nord della Siria il mese scorso (la prima fu nel 2016). Obiettivo: impedire che i curdi siriani assumano il controllo di tutto il territorio sotto il loro confine. Il governo turco considera le milizie dello YPG un’emanazione del PKK, da decenni alla testa di una rivolta armata in Turchia.

I curdi siriani sono alleati degli Stati Uniti, per conto dei quali hanno fatto sul campo la guerra all’ISIS. Anche i russi, a fasi alterne, hanno appoggiato i curdi in quella regione. Ma di fronte alla campagna turca si sono fatti tutti indietro. La richiesta di aiuto a Damasco è frutto anche di questa situazione.

Gli scontri tra milizie curde ed esercito siriano sono sempre stati molto rari. In sostanza le parti hanno cercato di evitarsi fin dall’inizio del conflitto, nel 2011. I politici curdi hanno ribadito più volte che di fronte a una marcata autonomia o a uno stato federale sono pronti a rimanere sotto il governo di Damasco. Alcuni hanno accusato i curdi di aver tenuto il piede in due scarpe per tutto il corso della guerra. Quando l’opposizione controllava molto più territorio le città curde, per esempio, furono tra le poche a non abbattere le statue della famiglia Assad. I gruppi ribelli che oggi aiutano la Turchia ad Afrin rinfacciano ai curdi di aver dato un contributo all’assedio di Aleppo. È però vero anche il contrario, e cioè che i curdi sono stati spesso usati da tutti gli attori esterni – attori regionali o internazionali – della guerra siriana.

Il governo turco ha detto questa mattina che la sua campagna non si fermerà nemmeno di fronte all’intervento del regime o delle milizie pro-governative. Erdogan avrebbe protestato lungamente con Putin durante una conversazione telefonica. Ci sarà uno scontro diretto tra Turchia e Siria? Non è scontato. La mossa di queste ore potrebbe invece far partire forzatamente un negoziato, anche con il coinvolgimento di Russia e Stati Uniti. Assad dice da mesi che il suo obiettivo è riprendere il controllo di tutto il paese, ma alla fine farà quello che gli dicono i russi e in seconda battuta anche gli iraniani, che non dovrebbero entrare nella vicenda di Afrin. Russi e iraniani hanno sulla carta un accordo con la Turchia per la riduzione dei combattimenti in tutto il paese e informalmente per la spartizione del paese in zone d’influenza. C’è anche un accordo tra Stati Uniti e Russia per il sud della Siria, accordo che oggi preoccupa Israele per l’avanzata del regime nella alture del Golan.

Gli interessi esterni, ancora una volta, salvo imprevisti, dovrebbero decidere le sorti e il futuro della regione di Afrin, nord-est della Siria sotto il confine turco.

  • Autore articolo
    Emanuele Valenti
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