Approfondimenti

Che cosa è successo oggi? – Lunedì 15 giugno 2020

Stati Generali Giorno 2

Il racconto della giornata di lunedì 15 giugno 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia diffusi oggi al resoconto della seconda giornata degli Stati Generali con l’incontro coi sindacati. Una storia sulla gestione dei casi COVID-19 in Lombardia e i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

(di Chiara Ronzani)

Sono diminuiti i morti per coronavirus in Italia nelle ultime 24 ore. Sono stati 26, 18 meno di ieri. Continua invece ad essere alto il numero di nuovi positivi: 301. Sono tre giorni consecutivi che si è superata la soglia di 300.
Una notizia buona e una cattiva. È notevolmente sceso il numero di morti. I decessi di oggi ci riportano ai livelli del 4 marzo, prima del lockdown. Inoltre, tutte le regioni italiane hanno meno di 10 morti. 12 regioni non hanno avuto alcun decesso. Sopra i livelli della settimana scorsa invece i nuovi positivi: negli ultimi 5 giorni, 4 sono stati con più di 300 casi al giorno. Il COVID-19 è sempre più concentrato in Lombardia, dove si registrano addirittura 259 dei 301 casi totali, l’86%.
E questo nonostante ci sia stati un numero di tamponi piuttosto basso. Ci sono ben 9 aree del Paese senza nuovi casi e nelle altre, ad eccezione dell’Emilia-Romagna, le nuove infezioni rilevate sono meno di 10. Segno che in Lombardia c’è stato probabilmente un “effetto fase due”, un incremento, per ora non allarmante, dei contagi da riapertura.
Le Ats e i medici di base segnalano che in diverse province lombarde si stanno facendo molti test sierologici, a cui eventualmente segue il tampone. Una possibilità è che così siano emersi diversi casi asintomatici.

Il piano del governo dopo l’incontro coi sindacati

(di Anna Bredice)

Riformare tutti gli ammortizzatori sociali, attualmente troppo farraginosi, soldi alle imprese per evitare licenziamenti e da stasera un decreto per concedere prima del previsto altre 4 settimane di cassa integrazione, e poi nessuna nuova tassa e nessuna patrimoniale. Il governo dopo l’incontro con i sindacati mette sul tavolo queste decisioni e sembra che da parte di Cgil, Cisl e Uil l’accoglienza sia stata positiva anche se con una certa prudenza, a differenza di Confindustria che dopo le critiche a Conte, presenta un suo proprio piano di rilancio accolto con una certa freddezza da Palazzo Chigi. La seconda giornata di riunione a Villa Pamphili ha visto i sindacati in primo piano, chiedono un patto con il governo per la ripartenza, il segretario della Cgil Landini ha chiesto che vengano bloccati fino a dicembre i licenziamenti e la risposta di Conte sembra positiva, “non li consentiremo” ha detto, senza però confermare una data entro la quale saranno vietati. Conte e la Ministra del Lavoro Catalfo annunciano di voler rivedere sia gli ammortizzatori sociali che la cassa integrazione, rendendoli meno complicati. Ci saranno altre quattro settimane di cassa integrazione per chi ha già concluso quelle finora concesse, da oggi si è dato il via alle domande di prestito a fondo perduto per le aziende che fatturano fino a 5 milioni di euro. Misure che erano state annunciate ma che ora devono diventare concrete e arrivare presto a chi le chiede in forma di sostegno reale. Concretezza aveva chiesto lo stesso presidente della Repubblica. Sul Mes Conte non si sbilancia, mercoledì è atteso in Parlamento per parlare del prossimo Consiglio europeo, ma a chi gli chiede di entrare in campo e farsi un partito candidandosi alle prossime elezioni lui dice che quando lascerà Palazzo Chigi tornerà volentieri a fare l’avvocato.

Una storia sulla gestione dei casi COVID in Lombardia

(di Michele Migone)

La gestione dell’epidemia in Lombardia passa dal dramma alla farsa quando entra in campo una burocrazia kafkiana come accade in questa storia. Bruno e Ilaria, conviventi, figli da precedenti matrimoni. Lui si ammala di COVID-19 in marzo. Tre settimane con la febbre. Non è una forma grave, per fortuna, ma nonostante le ripetute richieste al medico di base, il tampone non viene fatto né a lui, né a lei e neppure ai figli di lei. Nessun intervento. In quel periodo è il destino di migliaia di persone in Lombardia, abbandonate. Bruno guarisce, ma non sa se è positivo. Partita Iva, non riprende ancora il lavoro. La Regione Lombardia a metà maggio apre ai test e ai tamponi a pagamento. Bruno e Ilaria si rivolgono a un laboratorio privato. Fanno il test sierologico. Ilaria e i ragazzi risultano negativi. Bruno invece ha sviluppato gli anticorpi. Dovrà quindi fare il tampone. L’esame viene effettuato nello stesso laboratorio. Risulterà negativo. Spesi più di 200 euro ma è finito l’incubo. Non è così. Perché il COVID-19 non c’è più, ma c’è la burocrazia. Il laboratorio aveva segnalato il risultato del primo test di Bruno all’ATS. Che si mette in contatto con lui a metà giugno. Lo trova al lavoro, è il primo giorno dopo tre mesi e mezzo. Una gentile signora gli spiega che la Regione Lombardia non riconosce la validità del metodo effettuato per il suo tampone e gli dice che adesso dovrà farne altri due con loro. Nel frattempo, lui e tutti coloro con cui ha avuto contatti devono stare in quarantena 15 giorni. E questo nonostante anche lei e i ragazzi fossero negativi. Ma il paradosso è che Bruno, fatto il tampone, sarà libero di uscire se verrà confermato che è negativo. Gli altri, si è capito dalla comunicazione dell’ATS, dovranno stare a casa e a loro i tamponi non verranno fatti. E devono stare attenti a non uscire perché risulta che vengano fatti controlli a domicilio. Piccolo particolare. Uno dei figli deve fare la maturità.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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    Anniversario numero 56 per la Strage di Piazza Fontana, quest’anno oltre alle istituzioni nella celebrazione del pomeriggio parleranno una studentessa di un liceo milanese e uno dei vigili del fuoco che entrarono per primi dopo lo scoppio della bomba, ci spiega Federico Sinicato, presidente dell’Associazione dei Familiari delle vittime di Piazza Fontana. “L’importanza del 12 dicembre va al di là della celebrazione e del ricordo che si fa in piazza, è una data storica per l’intero Paese perché è l’inizio della strategia della tensione che produce effetti devastanti e blocca di fatto il grande movimento di riforma del Paese nato dalle lotte dei lavoratori e degli studenti, basta pensare che l’approvazione del Senato dello Statuto dei lavoratori è del 11 dicembre, il giorno prima, il momento fu scelto come risposta all’avanzata dei diritti e se pensiamo che oggi questi valori vengono rimessi in discussione. E’ una data sacra per il Paese”, In Piazza dopo le celebrazioni istituzionali ci sarà il corteo dei movimenti con partenza alle 18.30 da Piazza XXIV Maggio. E ci sarà anche l’inaugurazione del memoriale “Non dimenticarmi“, un’installazione permanente nata dal basso che ricorda le vittime delle stragi, donata al Comune di Milano e installata in Piazza Fontana. L'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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