Approfondimenti

Che cosa è successo oggi? – Giovedì 18 giugno 2020

Il racconto della giornata di giovedì 18 giugno 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia diffusi oggi alla strigliata del Capo dello Stato al premier Conte alla vigilia del vertice UE. Oggi vertice non risolutivo per le modifiche da apportare ai decreti Sicurezza e l’attacco di Mattarella sulla vicenda del Csm, mentre la Francia annuncia la rilocalizzazione del lavoro come una delle strategie per rilanciare l’economia pesantemente colpita dalla crisi sanitaria. Infine, i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

Aumentano i contagi accertati e i decessi per coronavirus. Ma la novità che emerge dai dati di oggi della Protezione Civile riguarda le terapie intensive. Dopo settimane di calo costante, la tendenza si è invertita e i ricoverati in rianimazione sono aumentati, sono 5 in più. Non accadeva dal 3 aprile. I nuovi positivi sono 333, un dato molto simile a ieri. Negli ultimi 6 giorni, ben 5 sono stati sopra i 300 casi. Quasi due terzi dei casi sono in Lombardia.
Crescono anche i morti: 66 oggi, 23 più di ieri. Da inizio pandemia i deceduti sono stati 34514.

Sui ricoverati, in ospedale e in terapia intensiva, ecco cosa ci ha detto Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe:

 

Mattarella striglia Conte sui soldi europei

(di Michele Migone)

Alla vigilia del vertice della UE, Sergio Mattarella ha convocato al Quirinale Giuseppe Conte e i ministri interessati alla trattativa in Europa sul Ricovery Fund. Se si pensa che l’incontro europeo sarà informale, la convocazione del Capo dello Stato non può essere considerato un fatto usuale, anzi. Ma Mattarella ha sentito l’urgenza di spronare il governo con un messaggio chiaro, un monito: occorrono risposte concrete e in tempi rapidi per l’utilizzo dei fondi che arriveranno dall’Europa.
La preoccupazione del Quirinale è ben chiara. E riguarda, da una parte il nostro rapporto con l’Europa e dall’altra, la nostra uscita dalla crisi economica. Sul primo fronte Mattarella non vuole che Conte si presenti impreparato al vertice UE.
L’Italia è stato uno dei Paesi capofila nella richiesta del Recovery Fund e arrivare con le idee confuse su come spendere i soldi che sono stati chiesti renderebbe più debole la nostra posizione nella già complicata trattativa con i paesi contrari al fondo.
Sul fronte interno, Mattarella ha il timore che il processo iniziato da Conte con gli Stati Generale sia dispersivo e gravido di discussioni, se non litigate, dentro la maggioranza, con le opposizioni e con le parti sociali, vedi la forte conflittualità con Confindustria.
Insomma una grande confusione con nessuno, Conte per primo, in grado di trovare una sintesi.
Il risultato finale sarebbe il blocco, di fatto, dell’utilizzo dei soldi europei, l’unico strumento per rilanciare la nostra economia. Mattarella sa che il rischio di perdere l’occasione è dietro l’angolo. Ha visto i tentennamenti, del governo. Sa che il fattore tempo è determinante nella ripresa. Per Conte, uno sprone, ma anche un monito.

Il vertice non risolutivo sui decreti Sicurezza

(di Anna Bredice)

Chiederemo di accelerare e di modificare i decreti di Salvini prima dell’estate“. Lo ha detto Carmelo Miceli, responsabile sicurezza del PD prima di entrare alla riunione che non è stata risolutiva e che ha visto tutti i rappresentanti della maggioranza che si occupano di immigrazione al tavolo della Ministra dell’Interno Lamorgese, la quale prima che scoppiasse la pandemia aveva messo a punto delle bozze di modifica, una di queste ad esempio riguardava il rilascio della residenza ai richiedenti protezione internazionale.
Poi tutto si è fermato a causa del lockdown e solo ora, anche dopo le sollecitazioni delle associazioni dei migranti, non ultimo il sindacalista ivoriano ricevuto da Conte a Villa Pamphili, tutto si è rimesso in moto. È vero che la ministra Bellanova ha fatto approvare il decreto sulla regolarizzazione di alcune fasce di lavoratori stranieri, per la prima volta dopo alcuni anni senza che vi fossero elementi puramente repressivi e di ordine pubblico, come ha imposto Salvini per molto tempo, ma il decreto è insufficiente, e non copre le tante sfaccettature di questa realtà. Da sanare soprattutto la politica dei porti chiusi e la criminalizzazione delle Ong, portata avanti da Salvini in chiave propagandistica.
Conte si tiene fuori da questa partita, almeno per ora, ha detto di volere delle modifiche, quelle richieste dal capo dello Stato, ma non è andato oltre. Conte ha firmato i decreti di Salvini, poi controfirmati da Mattarella che contestualmente aveva chiesto delle correzioni. I cinque stelle erano con la Lega al governo e non hanno fatto nulla per impedire il decreto. Per i grillini quindi bastano alcune modifiche degli aspetti al limite della violazione di principi costituzionali, per il Pd e per Leu ci vuole di più. Al Quirinale durante le consultazioni, l’abolizione dei decreti sicurezza era al primo posto, per Leu è senz’altro così, nel Pd la posizione è più complessa, divisi tra abolizione e modifiche sostanziali.

L’attacco del Capo dello Stato sulla vicenda Csm

Il Capo dello Stato è intervenuto in maniera molto dura sulla questione del Consiglio Superiore della Magistratura e delle nomine dei magistrati nelle procure.
È necessario che il tracciato della riforma sia volto a rimuovere prassi inaccettabili, frutto di una trama di schieramenti cementati dal desiderio di occupare ruoli di particolare importanza giudiziaria e amministrativa, un intreccio di contrapposte manovre, di scambi, talvolta con palese indifferenza al merito delle questioni e alle capacità individuali” ha affermato Mattarella.
La dialettica è una ricchezza ma diventa deleteria quando si traduce in contrapposizioni sganciate dai valori costituzionali di riferimento” ha aggiunto Mattarella in riferimento alla guerra tra correnti nel Csm per le nomine e le posizioni di potere.

La Francia rilocalizza il lavoro

(di Luisa Nannipieri)

Tra le strategie della Francia per rilanciare l’economia, pesantemente colpita dalla crisi sanitaria, c’è quella della rilocalizzazione del lavoro. Già nei mesi scorsi diversi ministri avevano annunciato una riflessione su come riportare sul territorio, francese ed europeo, le produzioni essenziali per il Paese.
Questa settimana il presidente Emmanuel Macron ha detto chiaramente che uno di questi settori prioritari è quello del farmaco. Lo scandalo della penuria di mascherine all’inizio dell’emergenza COVID ha rivelato all’opinione pubblica fino a che punto il sistema sanitario nazionale dipenda dall’estero, in particolare dalla Cina, per procurarsi i dispositivi sanitari. Per diverse settimane si è temuto anche che l’epidemia avrebbe impedito la distribuzione di molti farmaci come il paracetamolo, gli antibiotici e gli antitumorali, visto che l’80% dei principi attivi che li compongono vengono prodotti in Asia, soprattutto in Cina e in India, o in Brasile.
Ma il presidente francese ha promesso che le cose cambieranno. Martedì ha annunciato un accordo con il laboratorio farmaceutico Sanofi con cui lo Stato si impegna ad investire 200 milioni di euro per produrre vaccini e altri trattamenti contro il coronavirus e finanziare gli studi clinici in Francia. E ha confermato lo stanziamento di altri 200 milioni per pianificare una politica di produzione farmaceutica nazionale, riadattando e ampliando rapidamente le infrastrutture esistenti.
Tra i farmaci prioritari c’è il paracetamolo. Che in Italia conosciamo meglio con il nome commerciale di Tachipirina. Il Ministro della Salute oggi ha annunciato che il governo ha già preso accordi con tre laboratori per fare in modo che, da qui a tre anni, la Francia sia in grado di gestire autonomamente tutta la catena di produzione e distribuzione della molecola. “Non possiamo nemmeno concepire che la Francia rischi di trovarsi, un giorno, nell’incapacità di garantire a tutti un accesso alle cure e ai farmaci”, ha detto il ministro.
Il governo sta valutando quali altri principi attivi essenziali dovrebbero e potrebbero essere nuovamente prodotti in Francia. Un piano d’azione per cui sarebbe possibile chiedere il sostegno economico dell’Europa, anche perché si basa su un rapporto, pubblicato a febbraio, che elenca tutte le molecole basilari e salvavita che vengono ormai prodotte al di fuori dei confini dell’Unione.
Va detto che sono anni che chi lavora nel settore denuncia i rischi della delocalizzazione della produzione farmacologica. Una situazione che non ha provocato solo una perdita di posti di lavoro e di conoscenze tecniche, ma che ha di fatto reso più fragile i nostri sistemi sanitari, limitando la loro capacità di risposta in caso di crisi. La pandemia di questi mesi ha precipitato le cose ma ha anche accelerato la presa di coscienza del problema nell’opinione pubblica. Il progetto francese di riportare la filiera in Europa potrebbe essere solo l’inizio.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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