Approfondimenti

Che cosa è successo oggi? – Domenica 26 luglio 2020

Il racconto della giornata di domenica 26 luglio 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia in Italia alle inchieste giudiziarie sulla Lega di Salvini. Il Nicaragua appare come uno degli stati che peggio ha affrontato la pandemia. Negli Usa la tensione sociale sale ancora e Trump pare sempre più in difficoltà. Infine, i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

(di Alessandro Braga)

In Italia i numeri diffusi dal ministero della Salute parlano di 255 nuovi casi e 5 morti. Tra le Regioni, è ancora la Lombardia quella con più casi (74), seguita dall’Emilia Romagna, con 61. In Lombardia la provincia più colpita è stata Bergamo, con 25 casi. Seguono Milano, 13 di cui 10 in città, e Brescia, 9. Sono 5 le regioni che segnalano zero nuovi casi: Basilicata, Valle d’Aosta, Calabria, Sardegna e Umbria. La Lombardia per il terzo giorno consecutivo non registra morti. Nelle ultime 24 ore i deceduti sono stati due nel Lazio, e uno a testa in Emilia Romagna, Puglia e Piemonte. I ricoverati in Italia sono 735, 4 più di ieri, 44 in terapia intensiva, con un aumento di tre unità. Quasi 12mila le persone in isolamento domiciliare, che aumentano di oltre 100. Nella settimana che si va a chiudere oggi c’è stato il dato più alto di nuovi positivi dalla metà di giugno: 1689. La scorsa settimana erano stati 1376.

La lega di Salvini e la nuova “Questione Morale”

(di Michele Migone)

In Lombardia, la gestione della Lega della pandemia sembrava all’insegna dell’incapacità o dell’indifferenza, ma era anche qualche cosa di diverso. Lo dicono le notizie che emergono dalle inchieste aperte dalla magistratura e che stanno rivelando un opaco intreccio di rapporti politici ed economici, un sistema di potere, controllo e spartizione delle risorse pubbliche, in particolare della sanità, i cui perni sono uomini della Lega, o vicini ad essa; un sistema che appare, la parola definitiva però la dirà la giustizia, sfociare nel malaffare. CONTINUA A LEGGERE.

La disastrosa gestione dell’epidemia in Nicaragua

(di Gianni Beretta)

Il coronavirus è in allarmante crescita in diversi paesi dell’America Latina. Ma, come documenta la prestigiosa rivista scientifica britannica Lancet, la “peggior gestione del Covid 19 nel mondo” si è registrata nel Nicaragua della dispotica coppia presidenziale del “fu” comandante guerrigliero Daniel Ortega e della sua esoterica consorte Rosario Murillo.

Quest’ultima, factotum assoluta del governo, illudendosi di limitare i danni a un’economia già di per sé assai provata, ha cercato fin da marzo di nascondere il virus non solo evitando qualsiasi tipo di prevenzione (distanza sociale, mascherine, lockdown, chiusura delle frontiere) ma al contrario promuovendo manifestazioni, cortei e attività in sostegno del regime che due anni orsono aveva soffocato nel sangue una rivolta popolare guidata dagli studenti universitari; convertendo il paese in uno stato di polizia.

Le vittime per coronavirus per mesi sono state così archiviate come “polmoniti anomale” e la gran parte di esse sepolte clandestinamente la notte. A tal punto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità è stata costretta a dichiarare “indeterminata” la situazione del coronavirus in Nicaragua per “mancanza di informazioni”.

Fino a che il virus ha cominciato a colpire anche ministri, deputati, sindaci del regime stesso. A cominciare dalla beffarda scomparsa di Eden Pastora, il mitico Comandante Zero, unico esponente conosciuto in Europa all’epoca del trionfo sandinista nel 1979 per il suo assalto al parlamento durante la dittatura somozista. Che successivamente aveva abbandonato il governo rivoluzionario per passare con i contras. E da ultimo tornato al fianco di Ortega nuovamente presidente dal 2007. Pastora, un tempo capo delle milizie popolari sandiniste, si è distinto per aver diretto i gruppi paramilitari che hanno massacrato i giovani ribelli nel 2018.

Sta di fatto che il contagio è andato fuori controllo e la popolazione ha dovuto arrangiarsi da sola nell’adottare misure di protezione.

Con i dati ufficiali che indicano a tutt’oggi appena 108 morti, mentre quelli ufficiosi della società civile organizzata contano 2.349 morti sospette per Covid 19; su una popolazione di poco più di sei milioni di abitanti.

Il governo federale Usa risponde con la violenza alle proteste diffuse

(di Davide Mamone)

Dall’Oregon al resto degli Stati Uniti. Una nuova ondata di proteste in queste ore sta riempendo le piazze di tutto il Paese contro la violenza della polizia, in solidarietà con i manifestanti di Portland, dove gli agenti federali inviati dall’amministrazione Trump hanno risposto negli scorsi giorni ai cortei con gas lacrimogeni, spray al peperoncino, utilizzando strategie paramilitari contro le persone in strada. Le nuove proteste si sono consumate da Los Angeles a New York passando per Chicago e Austin in Texas, dove un uomo è stato ucciso a colpi di pistola durante una protesta nel centro della città. 

Ma è a Seattle dove si sono registrati gli episodi più tesi nel corso delle ultime ventiquattr’ore. Almeno quarantacinque manifestanti sono stati arrestati. In circa cinquemila sono stati protagonisti di un sit-in di fronte all’edificio di quello che sarà un centro di detenzione per giovani, dove i manifestanti hanno appiccato diversi incendi, distrutto le vetrine delle attività commerciali circostanti e attaccato un distretto del dipartimento di polizia della città. Un video su Twitter mostra gli agenti federali in tenuta antisommossa sparare spray al peperoncino contro un’infermiera.

E intanto, mentre la sindaca di Chicago Lori Lightfoot ha detto stamattina su CNN che non permetterà a questi agenti federali di operare nella sua città come è successo a Portland e Seattle, le elezioni si avvicinano. E a cento giorni dalla notte del tre novembre, nuovi sondaggi mostrano il Presidente Trump in difficoltà in diversi stati-chiave come Arizona e Michigan, contro il candidato democratico Joe Biden.

 

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

 

Foto | Wikipedia

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    Tommy WA: la nuova promessa del folk africano si racconta a Radio Pop

    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale

    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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