
Le nuove autorità siriane si giocano il loro futuro e quello di tutto il paese su due questioni. La costruzione di un sistema economico che permetta alla popolazione di uscire da uno stato di profonda povertà, e la convivenza tra le tante comunità etnico-religiose che compongono la società siriana.
Sono passati quasi 5 mesi dalla caduta di Assad. Ci sono stati dei passi in avanti ma anche diverse battute d’arresto, come quelle di questi giorni, con scontri alla periferia sud di Damasco e decine di morti. Era successo tra lunedì e martedì ed è successo nuovamente la notte scorsa e ancora questa mattina. Al momento sono interessate due località nella zona a maggioranza drusa sotto la capitale siriana. I drusi sono una minoranza araba di circa 500mila persone. Le vittime sarebbero quasi 30.
Protagonisti degli scontri milizie druse e gruppi armati sunniti. Non è ancora chiaro il ruolo delle forze di sicurezza che dipendono dal governo di Damasco. Il ministero degli interni ha confermato gli scontri e le violenze e ha detto che le forze di sicurezza sono state attaccate più volte. Attivisti e media vicino alla minoranza drusa sostengono invece che le forze governative abbiano supportato le milizie sunnite arrivate da altre località. Il fatto scatenante sarebbe stato un post contro Maometto da parte di un religioso druso, che però ha negato ogni coinvolgimento. I leader della comunità drusa e il governo centrale si stanno parlando per evitare un’ulteriore escalation. Ma a metà pomeriggio gli scontri erano ancora in corso.
La comunità drusa si è per ora rifiutata di consegnare le armi e di integrare le sue milizie nelle nuove forze di sicurezza. Non si fida.
I drusi in Siria vivono a sud di Damasco, dove sono in corso le violenze di questi giorni, e nel governatorato di Suwayda, nel sud, non lontano dal confine con Israele. Ci sono drusi anche dentro Israele e nel Golan. Oggi il governo Netanyahu ha detto di aver fatto un raid preventivo, contro una milizia sunnita che stava preparando un attacco contro i drusi alla periferia di Damasco. Operazione criticata dalla Turchia.
La memoria va ovviamente a quanto successo a inizio marzo, quando un agguato contro le forze governative nella zona alauita, sulla costa mediterranea, portò a un vero e proprio massacro, con oltre mille morti in quella che era la comunità di riferimento della famiglia Assad.
Pochi giorni fa i curdi del nord-est hanno ribadito che la loro richiesta di uno stato decentralizzato, con una marcata autonomia. Damasco avrebbe rifiutato.
La convivenza tra la maggioranza sunnita, che fa circa il 60%-65% della popolazione, e le varie minoranze, dicevamo, sarà chiave per la nuova Siria. Al momento però i segnali sono contrastanti, anzi a volte come in questi giorni sono molto negativi. Preoccupa soprattutto il fatto che il nuovo governo non abbia il controllo del territorio e di una serie di gruppi armati, anche quelli che sulla carta lo sostengono. Il paese è appena uscito da una guerra civile durata 14 anni. Il rischio che ce ne siano altri non è ancora stato scongiurato.