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Charlie Hebdo, un anno dopo

L’annus horribilis della Francia comincia mercoledì 7 gennaio 2015, con l’agguato nella sede parigina del giornale satirico Charlie Hebdo, durante la riunione di redazione. Le raffiche di kalashnikov, sparate da due uomini incappucciati, uccidono il direttore e il suo agente di scorta, quattro vignettisti, un correttore di bozze, una psichiatra e un economista – collaboratori del settimanale – un ospite della redazione, un addetto alla manutenzione del palazzo. E poi per strada un poliziotto, mentre inizia la fuga di quelli che conosceremo come i fratelli Said e Chérif Kouachy.

La giornata di giovedì 8 gennaio si apre con una sparatoria a Montrouge, periferia sud della capitale. Una vigilessa rimane a terra. Solo più tardi si scoprirà che il killer è Amédy Coulibaly, complice e amico dei due fratelli, ancora in fuga.

Venerdì 9 gennaio, lo stesso Coulibaly prende in ostaggio i clienti e i lavoratori dell’HyperCasher, un supermercato ebraico a Porte de Vincennes, periferia est. Quattro di loro, tutti cittadini di origine ebraica, vengono uccisi. Con il primo buio, i due blitz contemporanei delle forze speciali che – come si dice in gergo – “neutralizzano” i tre terroristi, cittadini francesi in contatto con gruppi jihadisti in Medio Oriente e nella Penisola arabica.

Alla fine di quei giorni si contano le loro 17 vittime. Giornalisti e collaboratori di Charlie Hebdo, agenti di polizia ed ebrei. L’incarnazione della libertà di espressione, dello Stato e delle minoranze.

La risposta dei francesi sta in quei quattro milioni scesi in piazza domenica 11 gennaio per dire “Je suis Charlie” e per stringersi attorno ai princìpi repubblicani: liberté, égalité, fraternité.

Radio Popolare è stata molto presente con dirette non stop, interviste, testimonianze, storie, analisi e riflessioni. Nel primo anniversario degli attacchi vi riproponiamo una selezione del nostro materiale di archivio, curata da Chawki Senouci.

Ascolta qui lo speciale a cura di Chawki Senouci

CHAWKI SENOUCI SPECIALE CHARL

  • Autore articolo
    Chawki Senouci
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    Dopo l'aggressione a tre attivisti italiani in un villaggio vicino a Gerico, abbiamo intervistato Elena Castellani, attivista di Assopace Palestina, una delle organizzazioni di sostegno della missione in interposizione non violenta nei territori occupati, che ci spiega qual è il lavoro dei volontari e il contesto nel quale si trovano. “Gli attivisti internazionali di interposizione non violenta – spiega Elena Castellani - aiutano i palestinesi in vari modi, come la sorveglianza notturna o diurna, l'accompagnamento dei bambini, dei pastori, per cercare di evitare le aggressioni dei coloni, che sono praticamente quotidiane: i palestinesi vengono feriti, malmenati, a volte anche uccisi e quando va meno peggio, i coloni distruggono le proprietà, le case, ammazzano gli animali. I coloni vengono fiancheggiati dai militari israeliani che, invece, di proteggere gli aggrediti difendono i coloni, cioè gli aggressori”. L'intervista di Alessandro Principe.

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