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“C’è ancora voglia di cercare giustizia”

Da 15 anni, instancabile, porta per le piazze la storie di suo figlio Carlo. Indosso una maglia: “Beato chi crede nella giustizia perché verrà giustiziato”. Da 15 anni, il 20 luglio intorno a sé ha tanto affetto, di quelli che c’erano, di quelli che hanno visto, di quelli che non dimenticano. Giuliano Giuliani anche quest’anno è a Genova per commemorare suo figlio Carlo, ucciso dall’ex agente Mario Placanica in piazza Alimonda il 20 luglio del 2001. Placanica, in contemporanea, è nel capoluogo ligure per un evento dal titolo provocatorio “L’estintore quale strumento di pace. G8 2001…15 anni dopo”. Il riferimento è all’estintore che Giuliani teneva in mano quando è stato ucciso. Lo organizza il Coisp, il sindacato di polizia che aveva organizzato il sit-in di protesta contro le condanna sancite nel caso Aldovrandi.

“Ci sono ancora tanti giovani desiderosi ancora di conoscere la verità intorno a quella vicenda, perché significa cercare di garantirsi contro ulteriori abuso che lo Stato attraverso i suoi servizi può continuare a compiere”.

Anche perché la verità giudiziaria non si avvicina a quella che ormai è data per la verità storica.

“Hanno impedito la verità coloro che hanno deciso l’archiviazione. E io ricordo, a dimostrazione che quell’archiviazione è stata una porcheria, una violenza anche contro una minima richiesta di giustizia, che quell’archiviazione è stata decisa in marzo 2003, mentre per arrivare a sentenza d’appello sulla scuola Diaz e su Bolzaneto abbiamo dovuto aspettare 2010. Per nove anni le cose successe a Genova erano considerate solo la violenza di Carlo che voleva uccidere chissà quanti battaglioni di Carabinieri e dall’altra un’azione di ordine pubblico alla Diaz, a parte qualche piccolo abuso di qualche scriteriato, e invece a Bolzaneto distribuzione di cioccolatini e caramelle. La nostra indignazione è anche per questo: si è tolto dal piatto l’elemento più grave, l’omicidio di Carlo”.

Ci ha ormai fatto l’abitudine che intorno alla figura di Carlo si sia polarizzata l’opinione pubblica in due idee semplici: da una parte la verità mancata, dall’altra la pace non arriva con l’estintore?

“Siamo al delirio di gente che si dovrebbe solo vergognare di esistere…. C’è gente che considera monumento una pietra di 45 centimetri che ci hanno autorizzato a mettere e che andrebbe tolta… Ci sono quelli che dicono che non si va alle manifestazioni con gli estintori. Oggi ho ricordato che chi porta un estiontintore in piazza è un carabiniere, perché magari quell’estintore può anche produrre qualche effetto…”.

Qualcuno in questi giorni ha scritto e ha detto che quello è stato l’ultimo movimento capace di dare una speranza. Lei condivide?

“Risponde perfettamente al vero. Quel movimento ha avuto la capacità di analizzare cosa succedebva nel mndo e capire che la dimensione dei problemi poteva lasciar pensare a cose gravi per grandi pezzi di umanità. Le cose sono soltanto peggiorate. La disparità sempre crescente tra ricchezza e povertà, il debito pubblico, l’1% che possiede il 99% della ricchezza del mondo. Cose di questa natura il movimento le aveva realizzate e sono solo peggiorate. E si capiva. Il fatto che ci fosse riuscito a intuirlo ha motivato nello Stato italiano e non solo, la voglia di cancellarlo, di picchiarlo, violentarlo, e quello è stato fatto. I veri manifestanti, non quelle centinaia di anonimi imbecilli che magari sotto nascondevano anche la divisa, sono stati attaccati ingiustamente e massacrati di botte. Vogliamo gridarlo ancora una volta? Altrimento non si capisce”.

Ascolta l’intervista a Giuliano Giuliani a cura di Massimo Bacchetta

Giuliano Giuliani

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    “Abbiamo sempre preferito la take imperfetta ma magica”: i Satantango raccontano il nuovo album

    Un debutto interessante quello dei Satantango, nuovo progetto shoegaze proveniente dalla provincia cremonese. Il duo, composto da Valentina e Gianmarco, è oggi passato a Volume per raccontare e suonare in acustico alcuni brani del nuovo album “Satantango”. Il titolo è lo stesso di un film ungherese del 1994 della durata di oltre sette ore: “l’ambientazione e le atmosfere sono molto simili a quelle che ci sono nei nostri posti”, spiega il duo. Tra shoegaze, dream pop e slowcore, l’album dipinge un immaginario bianco e nero tra malinconie di provincia e nebbia, cinema chiusi e un senso di innocenza perduta, ed è ricco di riferimenti a pellicole vintage come “Gioventù Amore e Rabbia”. L'intervista di Elisa Graci e Dario Grande e il MiniLive dei Satantango.

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