A dieci anni cosa rimane più scolpito nella mente dei bambini che per la prima volta ascoltano la storia di Anna Frank?
Per molti è il suo coraggio e la sua positività, ma anche quell’albero, unica immagine della natura e di spensieratezza, che Anna era costretta a guardare in silenzio, senza far rumore, dalla finestra del suo alloggio segreto, dove rimase per due anni, per andare poi a morire nel campo di sterminio di Bergen-Belsen. Un dettaglio che colpisce la mente dei bambini che cercano per un attimo di immaginare che cosa provava una bambina poco più grande di loro a vivere in un rifugio, rinunciando a tutto ciò che aveva prima, e cioè la libertà.
Un ponte per Anne Frank è un’associazione di volontariato che porta in giro per l’Italia, soprattutto nelle scuole, ma anche nei centri di aggregazione giovanile, la storia di Anna e del suo diario, il racconto così semplice e dettagliato di emozioni, sentimenti, rabbia, comuni a tutti gli adolescenti, sullo sfondo della tragedia più grande dell’ultimo secolo di cui Anna e la sua famiglia saranno vittime. Una delle innumerevoli vittime, ma il suo diario l’ha fatta conoscere in tutto il mondo.
Tra i dieci e i tredici anni tanti ragazzi si avvicinano alla sua storia e le curiosità che emergono dopo il racconto fatto dai volontari dell’associazione sono legate alla vita di tutti i giorni: “Cosa aveva portato con sé nel rifugio?”, “Cosa mangiava, come passava il tempo?”.
Gli incontri si concludono spesso con una pagina scritta dai bambini, è il diario che loro indirizzano ad Anna. A lei si rivolgono chiamandola “cara Anne” e la ringraziano usando il linguaggio di bambini delle elementari: “E’ stata una fortuna che il tuo diario si sia salvato, altrimenti vivremmo in un mondo di razzisti”, così scrive un bambino durante un laboratorio che si è tenuto alla Casetta rossa a Roma, un’altra bimba invece la ringrazia per il suo esempio di forza: “Hai avuto una vita bella e brutta e il diario è stato un gioiello per te ed è un gioiello anche per noi”.
Federica Pannocchia è l’ideatrice del progetto “Un ponte per Anne Frank”. E’ strano pensarlo, ma prima, per decenni in Italia non c’è mai stato nulla di simile: un’associazione di volontari che ha come unico scopo quello di raccontare la storia di Anna Frank per non dimenticare il passato e per incoraggiare i ragazzi a lottare per un mondo migliore, sapendo quali drammi possano causare la discriminazione, i pregiudizi e l’indifferenza, anche ora e in altri contesti, come quello della xenofobia. Un compito drammaticamente attuale soprattutto tra i più giovani, se si considera ciò che è accaduto pochi mesi fa all’Olimpico a Roma: gli adesivi lasciati nella curva della Lazio che ritraevano Anna Frank con la maglietta della Roma. Uno dei simboli dell’Olocausto usato come minaccia e insulto verso la squadra rivale, ancora più triste se si pensa che tra i ragazzi identificati c’era anche un tredicenne, la stessa età di Anna quando dovette nascondersi.
Per ogni pubblico al quale si rivolge Un ponte per Anne Frank c’è un linguaggio diverso. Ai bambini si racconta di una ragazzina ebrea e del suo nascondiglio per salvarsi dalla persecuzione, “con delicatezza, senza spaventarli, racconta Federica, ma nello stesso tempo raccontando i fatti veri, la storia” e ci vogliono le parole giuste per raccontare del dopo, dei campi di concentramento e di sterminio. E i bambini non sono mai impauriti, “Anne diventa quasi un’amica, esco dai laboratori svolti con i ragazzi con un sentimento di speranza nel futuro”.
Sono volontari, lavorano gratuitamente e sempre molto motivati, l’associazione gira in lungo e in largo portando nelle scuole la mostra itinerante “Io sono Anne Frank”, con pannelli descrittivi della storia della ragazza, un kit con la ricostruzione dell’alloggio segreto di Amsterdam, fotografie della copertina del celebre diario a scacchi bianchi e rossi.
Un ponte per Anne Frank cerca di portare a compimento il simbolico passaggio di consegne tra chi ha vissuto la tragedia della Shoah e i ragazzi che dovranno ricordarsene e parlarne. Una delle testimoni che sempre volentieri collabora con l’associazione è Liliana Segre, da pochi giorni nominata da Mattarella senatrice a vita.
Federica Pannocchia, la donna che ha ideato il progetto nel 2014 ha trovato la disponibilità e il riconoscimento di Buddy Elias, cugino di Anne Frank, presidente dell’Anne Frank Fonds di Basilea. Li ha spinti a continuare in un lavoro che per Federica Pannocchia ha un momento di origine, a undici anni quando legge per la prima volta il diario e racconta “mi è sembrato di trovare un’amica con cui ero entrata in sintonia”.
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Oggi a Cult: a Zona K (in trasferta c/o Magnete) comincia la stagione 23/24 con il regista catalano Roger Bernat e un progetto condiviso con il pubblico; l'avv. Giovanna Fantini parla dei tre venerdì di Fridays for Women e delle relative panchine rosse; l'Orchestra Sinfonica di Milano festeggia i suoi 30 anni con il lungo Festival Mahler; Francesca Puglisi dirige la stagione di Aprés Comedy all'Aprés Coup di Milano; la rubrica di lirica a cura di Giovanni Chiodi...
Un discorso sul potere. Del capo del governo e dei presidenti delle regioni. Ospite oggi a Pubblica l’economista Gianfranco Viesti, dell’università di Bari. Viesti ha intrecciato la discussione sulle modifiche costituzionali, che il governo Meloni e la sua maggioranza stanno preparando e che riguarderanno principalmente i poteri dell’esecutivo e del presidente del consiglio, e il progetto sull’autonomia differenziata (Viesti è autore del libro “Contro la secessione dei ricchi. Autonomie regionali e unità nazionale”, appena pubblicato da Laterza). «L’autonomia differenziata – sostiene Viesti - così come il premierato sono elementi di una grande discussione sul potere in Italia. In altre parole, su chi comanda, su come viene scelto chi comanda e attraverso quali meccanismi viene esercitata la funzione di controllo da parte dei parlamentari e di noi cittadini. E’ dunque – aggiunge il professor Viesti - una discussione fondamentale». Viesti racconta anche delle ultime modifiche del PNRR che il governo Meloni ha rischiesto alla Commissione europea. Per l’economista dell’università di Bari alla base di tali richieste non ci sono ragioni burocratiche, ma ragioni politiche. «Il governo Meloni – secondo il professor Viesti - crede poco negli investimenti pubblici e quindi ha definanziato una serie fondamentale di investimenti pubblici, a partire da quelli per le città fino a quelli per la sanità territoriale. Come li usa questi soldi? Li usa principalmente in sussidi alle imprese. Sussidi – conclude Viesti - che sono evidentemente legati ad un progetto politico del governo di legittimarsi come controparte, da un lato di Confindustria e dall’altro delle grandi imprese pubbliche di cui ha preso il controllo».
PRISMA DI GIOVEDI’ 21 SETTEMBRE, IN STUDIO LORENZA GHIDINI, IN REDAZIONE MASSIMO ALBERTI
8,35 LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA PACE. MA LA DIPLOMAZIA STA FACENDO PASSI AVANTI?
Emanuele Valenti, Paolo Impagliazzo , segretario generale comunità di S.Egidio
9,00 IL PROCESSO D’APPELLO A MIMMO LUCANO VERSO LA CONCLUSIONE
Tiziana Barillà autrice del libro “Mimì Capatosta-Mimmo lucano e il Modello Riace”
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Rassegna stampa internazionale di giovedì 21/09/2023
Notizie, opinioni, punti di vista tratti da un'ampia gamma di fonti - stampa cartacea, social media, Rete, radio e televisioni - per informarvi sui principali avvenimenti internazionali e su tutto quanto resta fuori dagli spazi informativi più consueti.
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Esteri – La rassegna stampa internazionale - 21-09-2023
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