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Caos al confine Usa Messico

El Paso è uno dei punti di snodo dell’immigrazione clandestina tra Stati Uniti e Messico. Una città in cui la terra texana si mischia con quella di Ciudad Juárez, il primo centro fuori dall’America e anche base per trafficanti di droga e di uomini.

Proprio lì la situazione si è fatta ancora più tesa dopo il caso dei bambini separati dai genitori al confine tra i due Paesi per volere di Donald Trump. Dopo le polemiche il presidente americano ha dovuto fare marcia indietro e firmare un decreto esecutivo secondo cui in futuro nessuna famiglia verrà più separata. Ma i 2.300 bambini già strappati via ai familiari che fine faranno dopo che scadranno i 20 giorni di detenzione dall’arresto dei genitori? A queste domande non c’è ancora una risposta, intanto però la situazione nei centri sul confine è caotica. Proprio lì, sul bordo dell’America che diventa Messico abbiamo raggiunto Alexandra Jimenez, dell’associazione no profit ‘Atlas Corps’ che si occupa di gestire i flussi migratori.

“Le linee politiche stanno diventando molto forti – ha raccontato Alexandra – è una situazione pericolosa per via del fiume e degli immigrati che tentano di superarlo a nuoto. Ci sono dei punti più difficili da attraversare e alcuni più facili ma le pattuglie di controllo si stanno facendo più assidue contro gli immigrati. Si tratta di uno dei confini più grossi del mondo tra due Stati”.

“Quello che è successo nei giorni scorsi è scandaloso – ha commentato Alexandra Jimenez – si tratta di una grossa violazione dei diritti umani, soprattutto se si considera la legge internazionale dei diritti umani. Ora che gli Usa sono fuori dal Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu la situazione è peggiorata ma comunque sappiamo che non hanno mai rispettato la legge internazionali. Si tratta di una violazione dei diritti dell’integrità, è una sorta di tortura per i bambini e i genitori, non solo per la condizione in cui si trovano ma anche dal punto di vista psicologico. Genitori e bambini vengono usati, vengono considerati criminali solo perché i genitori cercano altri mezzi di sostentamento per la loro famiglia. Stanno usando i bambini per fermare i genitori. Il modo in cui mettono sotto processo i genitori non è il modo adatto per risolvere la questione dell’immigrazione, anche se dicono di aver bisogno di politiche più dure”.

Alexandra e i suoi colleghi raccontano che i militari lì al confine sono in assetto di guerra e che stanno allestendo basi militari per ospitare quasi ventimila bambini ma i messicani non la stanno prendendo bene.

“La gente qui si sente offesa” ha detto Alexandra mentre di sottofondo alla telefonata si sentono pianti e urla. “Sapevamo che i rapporti tra i due Paesi non sono mai stati facili per la questione del confine molto grosso e per il divario economico. E non si tratta solo dei messicani, ma anche degli altri popoli dell’America centrale che stanno cercando di scappare dalla violenza dei loro Stati e di passare il confine. La situazione non è facile ma i messicani sapevano che le politiche si sarebbero fatte più dure. Ora si stanno muovendo per agire, per fare manifestazioni di protesta in Messico perché la gente è preoccupata per come vengono trattati i bambini. In pratica stanno usando i bambini per fermare i genitori. Il modo in cui mettono sotto processo i genitori nei tribunali federali non è il modo adatto per risolvere la questione dell’immigrazione, anche se dicono di aver bisogno di politiche più dure”.

  • Autore articolo
    Bianca Senatore
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    Pubblica si occupa di violenza maschile contro le donne. Oggi è il 25 novembre, giornata internazionale dell’ONU per l’eliminazione della violenza di genere. Con la presidente di UN (United Nations) Women Italy, Darya Majidi. E con Barbara Leda Kenny, antropologa, coordinatrice della Fondazione Brodolini, curatrice del sito Ingenere.it

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