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Il giorno della Brexit, il professor Ellwood: “Tantissimi problemi in arrivo per l’UK”

Londra - Brexit

Il giorno della Brexit è arrivato. A mezzanotte scatterà ufficialmente l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea e prenderà il via un periodo di transizione che durerà fino alla fine del 2020.

Ne abbiamo parlato col professor David William Ellwood, docente alla Johns Hopkins di Bologna e in passato anche insegnante di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Bologna. L’intervista di Alessandro Principe a Fino alle Otto.

Cosa c’è di simbolico oggi nell’immaginario degli inglesi?

Il distacco. La presa di distanza. La rottura definitiva di questo tormentato rapporto con l’istituzione della comunità europea prima e dell’Unione Europea dopo. Il senso di isolamento di cui certi inglesi vanno molto fieri. Come nel 1940, quando non c’erano più gli alleati e si trovavano orgogliosi davanti al nemico.

In tutti questi anni di appartenenza all’UE, la società britannica è stata comunque caratterizza da alcune sue specificità. In un certo senso la Gran Bretagna si è sempre sentita diversa dal resto dei Paesi dell’UE. Come è cambiata negli anni?

È cambiata moltissimo. Londra è diventata il grande polo di attrazione di molta gente, il liberismo nel mercato del lavoro ha fatto sì che migliaia di giovani si recassero a Londra. Moltissime industrie hanno costruito dei rapporti molto intensi con sistemi di produzioni basati sull’Europa, ma gli inglesi hanno continuato a ribadire che i pesci devono rimanere pesci britannici e che l’UE avrebbe dovuto tenere le mani lontano dalle acque britanniche, ma in realtà l’80% del pesce pescato è sempre stato destinato all’Europa. Ma anche le linee aeree a basso costo hanno la gran parte del loro mercato in Europa.

Ora cosa succederà?

Ci sono tantissimi tormenti in arrivo. Gli scozzesi continuano ad insistere di aver votato in maggioranza per rimanere in Europa e vorranno rafforzare i loro rapporti con l’UE. Stesso discorso per l’Irlanda del Nord. Ci aspettano mesi, forse anni, di tumulto in molti settori, dall’industria dell’automobile a quella farmaceutico, ma anche artistico e chimico. Le aziende avranno grosse difficoltà di adattamento ed è probabile che ci saranno delle crisi degli investimenti dall’estero. In termini economici c’è il settore finanziario che è molto forte: la piazza di Londra è una piazza che funziona a livello globale e l’Europa è solo uno dei loro settori. E poi le università, che hanno fortissimi legami col sistema europeo e avranno fortissimi problemi, ma anche l’agricoltura avrà forti problemi di adattamento.

Come verranno gestite queste cose da Boris Johnson?

Johnson è un personaggio imprevedibile e deve fare i conti col fatto che i grossi problemi del Paese non dipendono affatto dall’Unione Europea. Da una parte dovrà gestire la situazione domestica, con queste elezioni che hanno fatto emergere delle divisioni importanti, ma allo stesso tempo non potrà più dare la colpa di tutto all’Europa e dovrà iniziare le trattative con i vari Paesi nel tentativo di rilanciare l’economia, a cominciare dagli Stati Uniti e la stessa Unione Europea.

In questo momento la Gran Bretagna ha la forza che serve per fare tutto questo?

No, secondo me no. Questa mossa l’ha indebolita e quasi metà delle sue esportazioni dipendono dall’Europa. Non ci sono settori in attesa di essere liberati per conquistare il Mondo, basta vedere anche qui in Italia quanti pochi prodotti britannici ci sono in giro. I Range Rover sono prodotti da un’azienda indiana, le Mini sono della BMW, azienda tedesca. È una pia illusione quella secondo la quale i settori inglesi non aspettano altro che essere liberati.

Gli inglesi si pentiranno della Brexit?

No, non credo. Sono determinati ad affermare il loro eccezionalismo. Ci sarà qualcuno che si pentirà, forse nel settore agricolo e della pesca, ma anche quelle aziende transnazionali. Questa è stata la vittoria delle persone più anziane che ricordano anche la Seconda Guerra Mondiale e delle province inglesi lasciate un po’ indietro dai cambiamenti di questi anni. Loro non si pentiranno mai. I giovani hanno sempre puntato su una visione del Mondo molto anglocentrica, ma non vedo grandi pentimenti neanche lì.

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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    Piazza Fontana: ricordiamo la strage e la risposta democratica

    Anniversario numero 56 per la Strage di Piazza Fontana, quest’anno oltre alle istituzioni nella celebrazione del pomeriggio parleranno una studentessa di un liceo milanese e uno dei vigili del fuoco che entrarono per primi dopo lo scoppio della bomba, ci spiega Federico Sinicato, presidente dell’Associazione dei Familiari delle vittime di Piazza Fontana. “L’importanza del 12 dicembre va al di là della celebrazione e del ricordo che si fa in piazza, è una data storica per l’intero Paese perché è l’inizio della strategia della tensione che produce effetti devastanti e blocca di fatto il grande movimento di riforma del Paese nato dalle lotte dei lavoratori e degli studenti, basta pensare che l’approvazione del Senato dello Statuto dei lavoratori è del 11 dicembre, il giorno prima, il momento fu scelto come risposta all’avanzata dei diritti e se pensiamo che oggi questi valori vengono rimessi in discussione. E’ una data sacra per il Paese”, In Piazza dopo le celebrazioni istituzionali ci sarà il corteo dei movimenti con partenza alle 18.30 da Piazza XXIV Maggio. E ci sarà anche l’inaugurazione del memoriale “Non dimenticarmi“, un’installazione permanente nata dal basso che ricorda le vittime delle stragi, donata al Comune di Milano e installata in Piazza Fontana. L'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    Federico Sinicato presidente associazione Familiari Vittime di Piazza Fontana ci racconta cosa sarà questo 12 dicembre e il percorso di avvicinamento nelle scuole, nei racconti e nelle testimonianze. Valter Boscarello Fondatore di Memoria Antifascista, ci presenta il corteo delle 18h30 (da Piazza 24 maggio fino a piazza fontana) dedicato ai movimenti e alla repressione delle lotte. Nel pomeriggio verrà inaugurato il memoriale “Non dimenticarmi“, un’installazione permanente dedicata a tutte le vittime delle stragi, voluta dal basso e accolta dal Comune di Milano. Linda Maggiori, giornalista freelance e attivista di The Weapon Watch l'osservatorio sul traffico d'armi nei portio italiani, ci racconta la sua inchiesta sulla "flotta del genocidio": le rotte delle armi dai porti italiani pubblicata per Altra economia dove dimostra come l'industria italiana e i porti italiani abbiano rifornito Israele per tutta la durata dell'attacco a Gaza in barba alla legge 185 che lo vieta e alle dichiarazioni del governo. Tiziana Ricci ci presenta la mostra alla Fabbrica del vapore sui 50 anni della radio, gratuita, libera e bellissima.

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