Iniziative

 

 

Bonafoni: Radio Pop, passione e militanza

Il personale è politico, diceva un felice slogan femminista degli anni ’70, oggi forse più necessario che mai.

Ecco, per me questo è stata ed è Radio Popolare: travolgente come la più strabiliante delle passioni, militante fino all’osso, col suo sguardo mai banale sul mondo. Sempre alla ricerca. Piena di intelligenza, acume, domande, e poi di errori, buchi, imprecisioni. Viva, per questo irrinunciabile.

Io per Radio Pop mi presi letteralmente una cotta, appena ventenne. Mi sembrava di sentirla respirare in cuffia, mentre ero alle prese con i primi servizi, con le prime corrispondenze da Roma.

Mi sembrava di trovare là dentro tutto quello che i miei coetanei stentavano ad agganciare: era una scuola di formazione, una biblioteca di suoni e saperi, un posto di lavoro persino insperato per chi come me ancora frequentava l’università, un luogo dove tutti potevamo e dovevamo essere insieme maestri e discepoli, perché in radio conta l’esperienza come l’istinto, la profondità ma – tantissimo – anche la freschezza.

Anche a me Radio Popolare ha cambiato la vita.

Ma, ancora di più, ha cambiato il mio sguardo sulla vita. Sulle vite degli altri.

Posso dire di avere imparato dalla Radio il senso della giustizia attraverso le lenti della denuncia, la potenza delle moltitudini nelle piazze delle centinaia di dirette fatte: il microfono in mano, il telefono sempre a portata di squillo, i crampi alle gambe dopo ore di racconti e cronache, magari scappando dai lacrimogeni.

Radio Pop mi ha insegnato l’importanza delle pause, l’enormità di un silenzio. Ha armato le mie parole contro i soprusi e la sopraffazione, ha fatto esplodere una quantità smisurata di risate, le mie, quelle dei miei compagni e colleghi, e le risate più belle, quelle insieme agli ascoltatori e alle ascoltatrici: il vero motore di una comunità tanto fortemente politica in quanto ancorata alla vita, alle giornate, all’esistenza degli uomini e delle donne.

Per questo mi è così preziosa ora che – come è capitato ad altri dei suoi giornalisti in passato – sono finita “dall’altra parte”. Per me che adesso sono impegnata direttamente in politica, che sono dentro le istituzioni, Radio Popolare resta una bussola fondamentale. Sia quando sono d’accordo con ciò che dice, sia – forse di più – quando mi trovo in disaccordo. Perché mi tiene ancorata al senso delle cose, al loro essere allo stesso tempo particolari e generali, in ogni caso figlie del mondo.

Perché – come mi hanno insegnato i miei maestri sin dai tempi di via Stradella – il nemico numero uno nella politica come nella vita è il pensiero unico. E la possibilità di “un mondo migliore” (come sicuramente abbiamo titolato in qualche gr una qualche manifestazione del “movimento dei movimenti”) non può che risiedere nell’esercizio continuo e instancabile del pensiero critico.

E’ un lavoro faticoso, che non sempre da soddisfazioni immediate. Per remare “contro” servono fiato, spalle, dedizione. E però poi com’è bello scoprire che finalmente hai intercettato la corrente giusta, quella della maggioranza, che per una volta riesce a prevalere sui potenti, sugli interessi dei pochi, riesce a vincere.

Quando nel 2011 c’è stato il trionfo del referendum sui beni comuni, quando a Milano ha vinto il sindaco arancione Pisapia, ma anche quando in un quartiere qua a Roma prende piede un progetto partecipato e condiviso, ecco ogni volta che mi sono trovata di fronte a successi di questo tipo ho sempre istintivamente anche pensato: ha vinto lo spirito di Radio Popolare.

Radio comunitaria, libera, indipendente. Radio impegnata e appassionata.

Una radio necessaria, ormai da quarant’anni. Che non sono pochi e non sono che l’inizio.

  • Autore articolo
    Marta Bonafoni
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    Raul Gatti è un ex campione del tennis caduto in disgrazia, alcolista e disoccupato, interpretato da Pierfrancesco Favino nel film Il Maestro: “Ho seguito il tennis fin da ragazzo e mi sono subito affezionato a questo personaggio perdente, il più fallito che ho interpretato nella mia vita. Perché anche quelli che ho rappresentato in passato, per quanto fossero decaduti, avevano comunque un atteggiamento da vincenti”. Siamo negli anni ‘80 e Gatti viene assoldato per allenare un giovanissima promessa, Felice Milella, un ragazzino di 13 anni con i numeri per partecipare ai match più prestigiosi. Il regista Andrea Di Stefano aveva questo progetto nel cassetto molto prima che il tennis tornasse ad essere uno sport di moda: “Ho scritto questa sceneggiatura nel 2006, l’ho depositata e abbiamo le prove – ironizza il regista. Doveva essere il mio primo lungometraggio, prima ancora di realizzare L’ultima notte di Amore, con Pierfrancesco Favino, a cui avevo già pensato allora per questo personaggio di divo decaduto”. L'intervista di Barbara Sorrentini al regista Andrea Di Stefano e a Pierfrancesco Favino.

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    GIROLAMO DE MICHELE - IL PROFETA INSISTENTE

    GIROLAMO DE MICHELE - IL PROFETA INSISTENTE - presentato da Michele Migone

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    Alessandra Maiorino, Vice capogruppo dei M5S Senato e Coordinatrice Comitato Politiche di Genere e Diritti Civili, ragiona sullo stop alla legge bipartisan in materia di "consenso" rallentata, non a torto secondo la senatrice, dalla presidente della commissione giustizia. Il consenso necessario e cosa manca per attivare una cultura del consenso nell'analisi di Non una di Meno e di una delle sue portavoce. "Una prigione romantica. La rappresentazione della coppia come strumento di controllo" il nuovo libro di Giuseppe Mazza, per Prospero Editore, racconta attraverso campagne, poster, slogan della pubblicità uno dei dispositivi patriarcali ancora oggi più attivi: il romanticismo. E ne traccia le trasformazioni. Elena Mistrello, fumettista e autrice, tra i tanti album anche di Tracciato Palestina e di Sindrome Italia, appena pubblicato in Francia, invitata a Toulouse a un festival è stata respinta all’atterraggio perché “pericolo per l’ordine pubblico in Francia”. Senza provvedimenti giudiziari a suo carico, senza avvocato o spiegazioni. Un caso da sollevare.

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