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Bolzaneto. Fu tortura, Italia condannata

“Manifestanti trattenuti anche per trenta ore, senza la possibilità di contattare familiari, legali o ambasciate, marchiati sul viso, costretti a restare immobili per ore in posizioni umilianti (anche i feriti), colpiti con schiaffi, calci e pugni, obbligati anche a gridare ‘viva il duce’”.

Sono solo alcune delle testimonianze, delle denunce, raccolte dai legali sulle violenze e le torture alla caserma genovese di Bolzaneto.

Testimonianze e denunce che hanno portato la Corte Europea dei Diritti Umani a condannare l’Italia per tortura sia a Bolzaneto sia nel carcere di Asti nel 2004.

Il ricorso alla Corte

A fare ricorso a Strasburgo sono state 59 persone tutte condotte a Bolzaneto tra il 20 e il 22 luglio 2001. Alcuni di loro provenivano dalla scuola Diaz, dove avevano già subito numerose violenze che la Corte di Strasburgo ha definito come torture in una sentenza di condanna dell’Italia emessa lo scorso giugno. Tutti i ricorrenti affermano di aver subito violenze. Alcuni sono stati picchiati più volte, sono stati fatti spogliare davanti ad agenti del sesso opposto, a molte delle ragazze sono stati fatti togliere anche gli assorbenti ed è stato poi negato l’uso di salviette igieniche. Altri hanno dovuto gridare ‘viva il fascismo, viva la polizia penitenziaria’. Le celle in cui era una parte dei ricorrenti sono state spruzzate con gas urticanti.

Elena Romanazzi - bolzaneto

Nette e inequivocabili le motivazioni della condanna della Corte Europea dei Diritti Umani che ha riconosciuto ai ricorrenti il diritto a ricevere tra 10mila e 85mila euro a testa per i danni morali.

Fu Tortura e lo Stato non ha condotto un’indagine efficace

“I ricorrenti – spiega la Corte – sono stati trattati come oggetti per mano del potere pubblico, hanno vissuto durante tutta la durata della loro detenzione in un luogo ‘di non diritto’, dove le garanzie più elementari erano state sospese e lo Stato non ha condotto un’indagine efficace”.

L’accusa agli agenti

“L’insieme dei fatti emersi – aggiunge la Corte – dimostra che i membri della polizia presenti, gli agenti semplici, e per estensione, la catena di comando, hanno gravemente contravvenuto al loro dovere deontologico primario di proteggere le persone poste sotto la loro sorveglianza”.

Impunità

La Corte ha poi messo in risalto che “nessuno ha passato un solo giorno in carcere per quanto inflitto ai ricorrenti”. Questo per due motivi. Il primo, dicono i giudici, è stata l’impossibilità di identificare gli agenti coinvolti, sia perché a Bolzaneto non portavano segni distintivi sulle uniformi sia per la mancanza di cooperazione della polizia con la magistratura. Il secondo fattore invece “sono le lacune strutturali dell’ordine giuridico italiano” nel 2001.

La nuova legge sulla tortura non applicabile

Nella sentenza la Corte afferma di “aver preso nota della nuova legge sulla tortura entrata in vigore il 18 luglio di questo anno, ma che le nuove disposizioni non possono essere applicate a questo caso”.

L’avvocato Emanuele Tambuscio ha tutelato una decina di ricorrenti alla Corte di Strasburgo.

Avvocato, che riflessione fa dopo la sentenza della Corte?

“Penso che nel corso di tutti questi anni i vari governi che si sono succeduti non hanno mai voluto sanzionare da un punto di vista disciplinare i responsabili di violenze e torture. Potevano destituirli ad esempio e non lo hanno fatto”.

Perché secondo lei?

“Perché hanno fatto una scelta di campo, sciagurata, pensando di proteggere le forze dell’ordine, provocando in realtà un effetto contrario”.

Intanto l’ultimo governo ha varato la legge sulla tortura. Lei cosa pensa?

“Per dare un giudizio bisognerà vedere come verrà applicata dai giudici. Vedremo. Però è una legge che ha alcuni aspetti critici, tra cui il requisito delle violenze ‘reiterate’ che è stato sostituito con l’espressione ‘più condotte’: (In questo caso il singolo atto di violenza potrebbe non essere punito, ndr). Penso che se ci fosse stata questa legge nel 2001 non si sarebbe potuta applicare alla scuola Diaz”.

Di fronte a violenze e torture, la Corte Europea ha dato sanzioni da 10mila a 85 mila euro. Appaiono cifre modeste rispetto a quanto è accaduto.

“La decisione della Corte non esclude ulteriori risarcimenti dal giudice civile italiano. Infatti abbiamo già presentato ricorso in Italia per alcuni nostri assistiti”.

Avvocato, che tipo di violenze, minacce subirono i suoi assistiti a Bolzaneto?

“Mi ricordo una ragazza, uscita molto malconcia dalla Diaz. Arrivata a Bolzaneto, il medico della caserma le disse: ‘Dovevano fucilarvi tutti alla Diaz’. Un’altra dottoressa si rivolse ai fermati dicendo: ‘Puzzate come cani’. Poi qualcuno, durante la visita medica, è stato picchiato. A un nostro assistito hanno rotto due costole sul lettino della visita medica”.

diaz 3

Vittorio Agnoletto nel 2001 era portavoce del Social Forum.

A 16 anni dai fatti, dopo varie condanne da parte dei tribunali italiani e da parte di istituzioni internazionali, alle vittime – ha detto Agnoletto – non è ancora arrivata alcuna parola di scusa a nome dello Stato da parte dei suoi massimi rappresentanti, primi tra tutti il presidente della Repubblica. Una vergogna nella vergogna”.

Agnoletto poi ricorda che la decisione della Corte Europea “era attesa e non sarà nemmeno l’ultima: sono molte ancora le cause di cittadini italiani che hanno subìto violenze a Bolzaneto e che, in assenza di un giusto processo in Italia, sono ricorsi alla Corte Europea”.

“La Corte – aggiunge Agnoletto – indica anche i risarcimenti ai quali hanno diritto le vittime: altra pagina vergognosa di questa vicenda. Lo Stato italiano infatti continua a fare resistenza nell’eseguire i risarcimenti definiti dai tribunali italiani”.

Vittorio Agnoletto davanti alla Diaz
Vittorio Agnoletto davanti alla Diaz
  • Autore articolo
    Piero Bosio
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    “Abbiamo sempre preferito la take imperfetta ma magica”: i Satantango raccontano il nuovo album

    Un debutto interessante quello dei Satantango, nuovo progetto shoegaze proveniente dalla provincia cremonese. Il duo, composto da Valentina e Gianmarco, è oggi passato a Volume per raccontare e suonare in acustico alcuni brani del nuovo album “Satantango”. Il titolo è lo stesso di un film ungherese del 1994 della durata di oltre sette ore: “l’ambientazione e le atmosfere sono molto simili a quelle che ci sono nei nostri posti”, spiega il duo. Tra shoegaze, dream pop e slowcore, l’album dipinge un immaginario bianco e nero tra malinconie di provincia e nebbia, cinema chiusi e un senso di innocenza perduta, ed è ricco di riferimenti a pellicole vintage come “Gioventù Amore e Rabbia”. L'intervista di Elisa Graci e Dario Grande e il MiniLive dei Satantango.

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