Il puntaspilli

La società del rischio… incalcolabile

Draghi e l'errore dell'azzardo economico

Dietro le parole pronunciate da Draghi circa le riaperture (‘un rischio calcolato’) c’è un richiamo al pensiero di Ulrich Beck e alla sua Risikogesellschaft: una società che si assume il rischio positivo di traguardare una sostanziale riforma di se stessa? La domanda non è peregrina, se pensiamo che il rischio di cui ha detto Draghi è relativo alle riaperture, al rialzo delle serrande, al disgelo di una fetta di economia di prossimità. Tuttavia penso che Draghi abbia inteso, piuttosto, giocare sul negativo del rischio: sull’azzardo. L’azzardo è categoria usata da Beck per raccontare la deriva distruttiva che può prendere la società contemporanea. L’azzardo, dunque, il rischio intrapreso dall’Italia con le riaperture. Un azzardo che, per quanto possa essere contenuto in un algoritmo, non può tener conto di tutta quella informalità economica che non si è mai spenta del tutto. Quello che stiamo pagando, tutti, è il rafforzamento dell’economia sotterranea, criminale, che ha inquinato per decenni l’economia reale, che si è nutrita di relazioni sociali sporche e di stratificazioni di potere inadeguate a quello che sta accadendo. Se l’Italia è il Paese Ue che prede più posti di lavoro e più Pil, se è quello che matura più debito, è proprio perché si è giocato d’azzardo per lungo tempo e si è accettata questa economia come parte di tutto il nostro universo economico. Si è pensato di poter convivere con queste economie illecite, grigie, nere, oscure. Quanta economia sporca sta dentro il sistema, per esempio, della ristorazione? Tantissima. Quanto riciclaggio? Quanto lavaggio? Allora, pensare di riaprire senza tener conto di questa dimensione, è un azzardo, non un rischio. Un azzardo che favorisce la vittoria dell’economia dei furbi sul rischio legittimo d’impresa che molti vogliono assumersi, purché messi, finalmente, nella possibilità di poter imprendere e competere secondo regole vere e rispettate. Adesso è il momento di fare pulizia tra le imprese, non domani. Adesso è il momento di verificare se chi riapre o chi accede ai ristori è un imprenditore vero o un criminale mascherato.

  • Leonardo Palmisano

    Bari 1974, autore e presidente della cooperativa di LegaCoop Radici Future Produzioni. Colomba d'oro per la Pace e premio Livatino contro le mafie. Per Fandango Libri ha pubblicato la trilogia dello sfruttamento (Ghetto Italia, Mafia caporale e Ascia nera), e ha iniziato la serie di gialli dedicata al bandito Mazzacani (Tutto torna, Nessuno uccide la morte, Chi troppo vuole). Dirige il festival antimafia LegalItria. Editorialista per il Corriere del Mezzogiorno e altre testate.

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    La legge sul consenso si ferma al Senato perché la presidente della Commissione Giustizia Giulia Buongiorno vuole correggerla, ma la Lega esprime anche dubbi generali sulla necessità di una legge che definisca il consenso. Secondo Alessandra Maiorino, vice-capogruppo M5S Senato e Coordinatrice Comitato Politiche di Genere e Diritti Civili: “Da noi al Senato il provvedimento è arrivato tardi, da una parte c’è una questione strumentale per cui la Lega vuole più tempo, dall’altra parte c’è una questione reale, vogliamo leggere e approfondire il testo, quindi non trovo lunare la richiesta di prendere più tempo”. Insomma l’accordo c’è per approvare la legge. “L’importante è che il 609 bis che punisce la violenza sessuale agita finora con violenza, minaccia o abuso di potere, sia adegui a quello che dice la giurisprudenza: non servono il sangue, i lividi, le botte o le minacce perché ci sia violenza sessuale, basta che quell’atto sia stato compiuto senza il consenso della donna”. L'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    Raul Gatti è un ex campione del tennis caduto in disgrazia, alcolista e disoccupato, interpretato da Pierfrancesco Favino nel film Il Maestro: “Ho seguito il tennis fin da ragazzo e mi sono subito affezionato a questo personaggio perdente, il più fallito che ho interpretato nella mia vita. Perché anche quelli che ho rappresentato in passato, per quanto fossero decaduti, avevano comunque un atteggiamento da vincenti”. Siamo negli anni ‘80 e Gatti viene assoldato per allenare un giovanissima promessa, Felice Milella, un ragazzino di 13 anni con i numeri per partecipare ai match più prestigiosi. Il regista Andrea Di Stefano aveva questo progetto nel cassetto molto prima che il tennis tornasse ad essere uno sport di moda: “Ho scritto questa sceneggiatura nel 2006, l’ho depositata e abbiamo le prove – ironizza il regista. Doveva essere il mio primo lungometraggio, prima ancora di realizzare L’ultima notte di Amore, con Pierfrancesco Favino, a cui avevo già pensato allora per questo personaggio di divo decaduto”. L'intervista di Barbara Sorrentini al regista Andrea Di Stefano e a Pierfrancesco Favino.

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