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Avocado e cartelli della droga: il lato oscuro dell’oro verde

_Agenti della Guardia Civil monitorano le piantagioni di avocado a Uruapan, Michoacán, Messico, 07 febbraio 2024

Dove c’è ricchezza e dove c’è esportazione verso gli Stati Uniti, ci sono sempre loro, i cartelli di narcotrafficanti. Negli ultimi tempi, la questione è diventata ancora più rilevante, soprattutto dopo che chi ha cercato di indagare su questo nuovo filone dei traffici è stato picchiato e arrestato. Due funzionari statunitensi avevano tentato di verificare se la filiera dell’avocado fosse pulita o se ci fossero pratiche illegali, come il saccheggio delle foreste per fare spazio alla coltivazione. Per comprendere meglio il contesto, Chawki Senouci ha discusso con Alfredo Luis Somoza, giornalista, conduttore radiofonico, saggista e attivista italiano, per capire come l’avocado sia diventato un frutto globale e le implicazioni di questa crescita.

L’avocado è diventato di moda negli Stati Uniti da molti anni. Pensate che il consumo pro capite negli USA è di quattro chili all’anno, una quantità sorprendente per qualsiasi tipo di frutto. Questa popolarità è stata fortemente influenzata dal Super Bowl, un evento in cui è quasi obbligatorio mangiare chips con salsa guacamole, il cui ingrediente principale è proprio l’avocado. Il guacamole è diventato onnipresente negli Stati Uniti, servito nei ristoranti appena ci si siede, nei tacos, e così via. Come tutte le mode, anche questa si è diffusa altrove. Dieci o quindici anni fa era quasi impossibile trovare l’avocado nei supermercati italiani; oggi, invece, abbiamo addirittura diverse varietà tra cui scegliere. Un tempo si trovavano solo avocado israeliani, mentre ora l’offerta è molto più ampia. L’espansione della coltivazione di avocado ha avuto impatti significativi anche in altri paesi. In Colombia, sta sostituendo le coltivazioni secolari di caffè, causando gravi problemi legati all’esproprio della terra e all’uso della violenza. In Cile, grande produttore di avocado, la coltivazione avviene in aree con scarsità d’acqua. Pensate che in Messico servono circa 70 litri d’acqua per ogni frutto, mentre in Cile questa quantità arriva a 320 litri in zone già afflitte dalla siccità. Quindi, mentre in Cile e in Colombia la questione è principalmente ambientale, in Messico si assiste a una vera e propria “tempesta perfetta”. Gli Stati Uniti sono il primo consumatore mondiale, e il Messico esporta il 50% di tutti gli avocado del mondo. Di questo 50%, l’80% è destinato agli Stati Uniti, proveniente in gran parte dallo stato del Michoacán, situato nel centro del paese, vicino allo stato di Guerrero, dove tra l’altro furono fatti sparire una serie di studenti 10 anni fa. Siamo in aree confinanti perché il Michoacán è la prima regione al mondo per la produzione di avocado. Ogni anno, nel Michoacán, si stima che vengano abbattuti 6.000 ettari di foresta per fare spazio alle piantagioni. È qui che si è svolta una delle guerre tra i narcos. I primi a mettere le mani su questo traffico sono stati i Caballeros Templarios, una famiglia del Michoacán, poi sono arrivati i Los Viagras e, infine, il cartello Jalisco Nueva Generación ha vinto questa guerra. Jalisco, lo stato confinante a nord, è ora sotto il controllo di questo cartello, che ha preso possesso della coltivazione di avocado. Ma cosa significa “prendere possesso”? Il cartello coltiva direttamente su terre occupate illecitamente, ovvero su foreste abbattute, oppure costringe i contadini a vendere loro la produzione. In questo modo, il monopolio dell’export di avocado verso gli Stati Uniti è nelle mani del cartello.

Quali sono i vantaggi? Perché i cartelli messicani si stanno occupando di agricoltura?

Anzitutto, l’avocado è un prodotto che viene pagato quasi 2,50 dollari al chilo, una cifra altissima per un prodotto agricolo. Questo lo rende un affare molto redditizio e, soprattutto, legale, permettendo ai cartelli di riciclare denaro senza rischiare l’estradizione; anzi, forniscono guacamole per il Super Bowl. Inoltre, quando i cartelli diventano grandi esportatori, muovendo camion pieni di frutti, possono usare quegli stessi camion per trasportare qualcos’altro. Grazie all’accordo di libero scambio firmato nel 1994, le merci attraversano facilmente il confine tra Messico e Stati Uniti, sono solo le persone a non poterlo attraversare. La DEA effettua controlli periodici, e in questi controlli ha trovato che un frutto maturo di avocado può contenere fino a 250 grammi di eroina, cocaina, o altre droghe. I cartelli messicani, che ormai forniscono l’intero mercato americano, sfruttano così l’avocado per introdurre droga, mentre vendono un prodotto di alto valore di mercato che fa parte dell’economia legale. Quando gli Stati Uniti sono andati a controllare il mercato dell’avocado nel Michoacán, hanno rischiato seriamente, perché è risaputo che il mercato dell’avocado che rifornisce l’80% degli Stati Uniti è sotto il controllo dei cartelli. Questa situazione mette in luce una delle grandi contraddizioni della cosiddetta lotta alla droga. Nonostante ci siano molte cose che potrebbero essere fatte, come bloccare gli acquisti o fare controlli accurati sull’origine dei frutti, queste azioni non vengono intraprese. È un problema noto e pubblicamente riconosciuto. Questo scenario rivela come la lotta alla droga negli Stati Uniti possa avere come obiettivo non tanto l’eliminazione del traffico, ma la sua gestione. Gli Stati Uniti sono infatti il primo mercato mondiale per il consumo di droghe. La storia del commercio dell’avocado rientra nel campo della gestione. “Sappiamo tutti che qui, oltre alla frutta, passa anche la droga. Mettiamoci d’accordo su come gestirlo senza attirare troppa attenzione e senza creare problemi.” Se i Jalisco Nueva Generación escono dai binari, scoppierà un’altra guerra e qualcun altro prenderà il controllo del mercato, e così le cose continueranno a muoversi. L’avocado, che era conosciuto come ahuacatl dai popoli aztechi, è un frutto che ha radici millenarie nella gastronomia messicana. Non è un frutto dolce, ma viene utilizzato in cucina da secoli. Oggi è diventato un frutto globale e un veicolo per un mercato illecito. Alimenta l’economia mista dei cartelli, che da un lato continuano a compiere azioni criminali, ma dall’altro si presentano come imprenditori rispettabili. Così, li perseguitiamo come trafficanti, ma collaboriamo con loro come esportatori di avocado. La frontiera tra queste due realtà è difficile da definire chiaramente.

FOTO| Agenti della Guardia Civil monitorano le piantagioni di avocado a Uruapan, Michoacán, Messico, 07 febbraio 2024

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    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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